Disastri ambientali: quale risposta dalle scienze sociali?
Fenomeni meteorologici eccezionali, come il ciclone che nell’ottobre 2018 si è abbattuto sulla regione alpina veneta, fanno riflettere sulla necessità di cambiare l’approccio ai sistemi di prevenzione e di gestione delle emergenze.
Il ciclone mediterraneo detto “Vaia”, iniziato il 28 ottobre 2018 e
durato un paio di giorni, ha causato esondazioni di torrenti, frane e abbattimento di numerosi alberi in una fascia alpina che va
grosso modo dall’Adige al Tagliamento. Anche
zone più a nord, come il Tirolo orientale, e a sud, come l’altopiano
di Asiago sono state colpite.
Se frane e inondazioni non erano una
sorpresa, il vento così forte e persistente, oltre i 150 km/h, si è presentato come nefasta novità nei nostri territori.
Scopo di questo contributo non è indagare le cause del ciclone
Vaia, bensì portare l’attenzione su una serie di questioni che esulano
dall’approccio strettamente tecnico e scientifico e che riguardano gli
aspetti culturali, sociali e politici interessati dai cambiamenti climatici e dalla prevenzione dei disastri naturali.
Quale impostazione
culturale è sottesa ai modelli scientifici che adottiamo? Che rapporto c’è fra i sistemi di prevenzione e la gestione economica dei
territori? Quali politiche pubbliche sono efficaci nel prevenire i
danni a persone e infrastrutture?
Le scienze sociali e umane possono contribuire a dare delle
risposte a queste domande, mettendosi in dialogo con le scienze
fisiche e della vita lungo tre direttrici: i fattori socioculturali che
ispirano l’adozione di particolari modelli scientifici; la dimensione
economica e finanziaria della ricerca tecnica e scientifica; le azioni
e reazioni di uomini e donne a fronte di disastri che dipendono
dall’acceleramento dei cambiamenti climatici.
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