Disastri ambientali: quale risposta dalle scienze sociali?

Fenomeni meteorologici eccezionali, come il ciclone che nell’ottobre 2018 si è abbattuto sulla regione alpina veneta, fanno riflettere sulla necessità di cambiare l’approccio ai sistemi di prevenzione e di gestione delle emergenze.
Fascicolo: giugno-luglio 2019
Il ciclone mediterraneo detto “Vaia”, iniziato il 28 ottobre 2018 e durato un paio di giorni, ha causato esondazioni di torrenti, frane e abbattimento di numerosi alberi in una fascia alpina che va grosso modo dall’Adige al Tagliamento. Anche zone più a nord, come il Tirolo orientale, e a sud, come l’altopiano di Asiago sono state colpite.

Se frane e inondazioni non erano una sorpresa, il vento così forte e persistente, oltre i 150 km/h, si è presentato come nefasta novità nei nostri territori. Scopo di questo contributo non è indagare le cause del ciclone Vaia, bensì portare l’attenzione su una serie di questioni che esulano dall’approccio strettamente tecnico e scientifico e che riguardano gli aspetti culturali, sociali e politici interessati dai cambiamenti climatici e dalla prevenzione dei disastri naturali.

Quale impostazione culturale è sottesa ai modelli scientifici che adottiamo? Che rapporto c’è fra i sistemi di prevenzione e la gestione economica dei territori? Quali politiche pubbliche sono efficaci nel prevenire i danni a persone e infrastrutture? Le scienze sociali e umane possono contribuire a dare delle risposte a queste domande, mettendosi in dialogo con le scienze fisiche e della vita lungo tre direttrici: i fattori socioculturali che ispirano l’adozione di particolari modelli scientifici; la dimensione economica e finanziaria della ricerca tecnica e scientifica; le azioni e reazioni di uomini e donne a fronte di disastri che dipendono dall’acceleramento dei cambiamenti climatici.

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