Siria: una guerra per procura

Da nove anni la Siria è teatro di una guerra civile che ha causato milioni di profughi e dalla fisionomia molto complessa e caratterizzata dall’ingerenza di numerosi attori internazionali, interessati a difendere i propri interessi.
Fascicolo: marzo 2020

L’infinita guerra in Siria, iniziata nel marzo 2011 con i primi scontri di piazza tra forze del regime di Bashar al Assad e manifestanti civili, per poi evolvere in un conflitto con numerosi attori stranieri, sta conoscendo in questi giorni una delle sue pagine più drammatiche.

Nella regione di Idlib, nel nordovest del Paese, secondo le Nazioni Unite circa 900mila persone (sui tre milioni che abitano in questa zona, molti già sfollati da altre parti della Siria) sono in marcia nel cuore dell’inverno per sfuggire a un’offensiva guidata dall’esercito di Assad che, grazie all’appoggio dell’aviazione russa, è intenzionato a riconquistare l’ultima roccaforte ancora in mano ai ribelli.

In realtà questa massa di fuggitivi non ha un posto dove andare perché l’unico orizzonte è la frontiera turca, chiusa. Dal 29 febbraio è aperta, invece, la frontiera fra Turchia e Grecia, perlomeno sul lato controllato da Ankara, e migliaia di profughi stanno premendo per varcare i confini dell’Unione Europea. Una decisione, quella di Erdogan, che ha tutta l’aria di una provocazione nei confronti delle cancellerie europee e che sta creando ulteriori tensioni e sofferenze.

Ma che cosa rende così complesso lo scenario e quali sono gli interessi geopolitici che fanno del conflitto siriano un rebus apparentemente insolubile? Nessuno degli attori coinvolti è esente da colpe: dal dittatore Assad ai suoi alleati storici Iran e Russia, dalla Turchia ai vari gruppi terroristici e milizie che in questi anni si sono avvicendati sulla scena (in primis, lo Stato Islamico), per arrivare agli Stati Uniti e alla sempre titubante Unione Europea. Nel numero di marzo di Aggiornamenti Sociali, Giovanni Barbieri, docente di Storia delle istituzioni internazionali all’Università di Palermo, ci aiuta a capire le responsabilità dei molti attori internazionali che si sono inseriti in modo indiretto nel conflitto per tutelare i propri interessi a scapito di quelli del popolo siriano e riflette sulle condizioni che renderebbero possibile un processo di pacificazione nazionale.


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2 marzo 2020
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