Scholas occurrentes: l’educazione per una cultura dell’incontro

Fascicolo: giugno-luglio 2018

Nel 2017 è stata inaugurata in Vaticano la nuova sede di Scholas occurrentes, un ambizioso progetto che si propone di promuovere la cultura dell’incontro attraverso un cambiamento del paradigma educativo. Anche se questa definizione può sembrare farraginosa, lo spirito del progetto è semplice da capire: si propone di diffondere la consapevolezza dell’importanza dell’educazione ai valori e della necessità che tutti possano avere accesso a una formazione adeguata per crescere dal punto di vista personale e professionale.

Origine e descrizione del progetto

L’idea di Scholas occurrentes risale a un’esperienza lanciata a Buenos Aires nel 2001, sotto l’egida dell’allora arcivescovo Jorge Mario Bergoglio. Il suo progetto di Escuelas hermanas (scuole sorelle) e di Escuelas de vicinos (scuole di quartiere) consisteva in una rete di centri educativi, composta da realtà pubbliche e private, laiche o confessionali, e aveva come scopo di educare all’impegno e al bene comune. Il successo di questa idea ha portato alla creazione di Scholas occurrentes, un’organizzazione internazionale senza scopo di lucro, che lavora con le scuole e le comunità educative, con l’intento di coinvolgere tutti gli attori sociali per dar vita a una cultura dell’incontro e conseguire la pace attraverso l’educazione. Come si legge nel sito dell’organizzazione (<www.scholasoccurrentes.org>), l’obiettivo ideale che si cerca di realizzare è la trasformazione del mondo in un’aula senza pareti, in cui siano integrati tutti i bambini.

Creata nel 2015 con un decreto pontificio da papa Francesco, la realtà delle Scholas occurrentes desidera favorire la condivisione dei progetti promossi dalle scuole in vista di un arricchimento reciproco e sostenere le scuole con meno risorse, promuovendo l’educazione per tutti. Le Scholas si propongono, infatti, di raggiungere i bambini e i giovani di tutto il mondo e per questo hanno elaborato diverse iniziative, che sono poi sviluppate a livello locale nelle sedi presenti in alcuni Paesi o regioni del mondo. Attualmente le Scholas sono operative in Argentina, Italia, Messico, Paraguay, Spagna e Città del Vaticano, ma l’organizzazione, grazie alle collaborazioni avviate con altre realtà, opera in 190 Paesi e in circa 445mila scuole e reti educative associate. Questa rete di collaborazioni rende possibile la condivisione di informazioni, lo studio di problemi e la ricerca di soluzioni attraverso appositi gruppi di lavoro. L’azione della rete non si limita alla trasmissione di conoscenze, ma si propone anche di rendere familiari i giovani fin dall’infanzia con valori come l’empatia, la pace, la tolleranza, la cooperazione e la solidarietà. In altre parole, l’intento è di realizzare un cambiamento nella percezione della realtà che hanno i più giovani, esposti a una cultura competitiva fondata sul sospetto, l’intolleranza e il consumismo. Alla base vi è il convincimento che i giovani apprezzino il valore costituito da un altro modo di guardare al mondo, importante non solo per promuovere la solidarietà e l’armonia, ma anche per rafforzarne la crescita come persone autonome e indipendenti. Come giustamente osservò il Mahatma Gandhi: «Se vogliamo insegnare la vera pace in questo mondo e fare una vera guerra contro la guerra, dobbiamo cominciare dai bambini».

Struttura dell’organizzazione

Scholas opera attraverso la prima piattaforma educativa virtuale su larga scala, progettata per integrare il maggior numero di centri educativi al mondo, indipendentemente dal fatto che siano privati o pubblici, laici o religiosi. In questo quadro sono portate avanti diverse iniziative.

La piattaforma virtuale Scholas.social permette ai docenti, dalla scuola primaria all’università, di dialogare per cercare insieme di ridefinire l’educazione, partendo dai problemi comuni da affrontare alla luce dello slogan «Un’educazione che non genera senso, genera violenza». Scholas.ciudadanía è la parte del progetto che riunisce le scuole secondarie e si propone di incoraggiare gli studenti a dibattere liberamente tra loro come strumento formativo di cittadini responsabili. I dibattiti hanno anche una funzione molto concreta: insegnare agli studenti a ricercare soluzioni specifiche ai problemi che li riguardano. Scholas.oficios (<www.scholasoficios.org>) intende contribuire alla formazione di giovani e adulti privi di risorse, nel tentativo di rendere più democratico l’accesso alla formazione professionale, un aspetto essenziale per condurre una vita dignitosa e libera dalla violenza. Cátedras Scholas ha esteso la rete all’ambito universitario, invitando docenti, studenti e ricercatori a contribuire nelle piattaforme comuni per discutere i problemi specifici dei propri ambiti accademici e Paesi, offrire soluzioni e condividere progetti educativi e di ricerca. Le scuole in aree rurali e i centri di formazione tecnica e agricola hanno una propria rete all’interno di Scholas che tiene conto delle loro esigenze specifiche: Scholas.laudato. Anche in questo caso non ci si limita alla trasmissione di nozioni, ma coerentemente con la visione del mondo sottostante si promuove presso gli studenti lo sviluppo della coscienza ecologica e della necessità di elaborare progetti sostenibili, nonché di diffondere la consapevolezza dell’importanza di un cibo sano e accessibile a tutti. La rete è completata da Scholas.arts, Scholas.labs e FutVal, che promuovono l’interesse per l’arte e lo sport – anche sostenendo la ricerca in questi ambiti – come complemento ai contenuti tradizionali della scuola. Ancora una volta, l’idea è di educare ai valori attraverso il lavoro di squadra e il cameratismo, risvegliando allo stesso tempo l’immaginazione e la creatività artistica degli studenti con una particolare predisposizione in tal senso.

Il progetto visto dagli studenti

Chi visita il sito web dell’organizzazione vi trova i commenti degli studenti che sono coinvolti e può rendersi conto dei risultati di una educazione basata sul rispetto e la messa in pratica dei principi di tolleranza e armonia. Alcune frasi degli studenti – come, ad esempio «È un privilegio studiare con persone di culture così diverse dalla mia» – possono suonare lontane dal sentire comune, secondo cui si considera l’“altro” come un problema. L’educazione ai valori suscita nei giovani un fecondo ampliamento dei loro orizzonti: lo scopo fondamentale della rete è di rendere consapevoli gli studenti non solo della necessità di pensare il mondo in un modo diverso, ma anche di cambiarlo. I membri della rete ritengono che non ci si può accontentare solo di parlare, ma bisogna incidere nella vita quotidiana delle persone per migliorarne la situazione. In uno dei commenti riportati nel sito, uno studente afferma: «Stiamo davvero cambiando il mondo».

Un buon esempio di questo impegno è stata la terza edizione di Scholas.ciudadanía, tenutasi a Madrid a novembre e dicembre 2017. Il fine era di creare uno spazio in cui i giovani potessero parlare, essere ascoltati, entrare in empatia con gli altri, impegnarsi in un aiuto reciproco e nella ricerca di soluzioni al di fuori della loro zona di confort. A questi incontri hanno partecipato trecento studenti provenienti da circa trenta scuole dell’area di Madrid di diverso tipo (pubbliche, private e sovvenzionate, laiche o confessionali). I giovani partecipanti di 16-17 anni si sono divisi in due commissioni. Una si è dedicata al dibattito sulla disuguaglianza e la discriminazione nell’istruzione; l’altra si è soffermata sui miglioramenti che sarebbe necessario realizzare nel sistema educativo. Al termine dell’iniziativa, le proposte avanzate dai giovani sono state raccolte e consegnate alle autorità competenti. Tra le varie idee, è stato suggerito di rendere possibile il tutoraggio tra pari, ossia di creare le condizioni perché vi sia un mutuo aiuto tra gli studenti.

La cultura dell’incontro

Lo psicologo russo Lev Vygotskij (1896-1934) sosteneva che i bambini sviluppano il loro apprendimento attraverso l’interazione sociale: acquisiscono nuove e migliori abilità cognitive in un processo logico di familiarizzazione con un contesto sociale e uno stile di vita. È un approccio molto simile a ciò che papa Francesco chiama “la cultura dell’incontro” attraverso una “educazione alla pace”.

La cultura dell’incontro

Il nostro mondo è diventato un villaggio globale con molteplici processi di interazione, dove ogni persona appartiene all’umanità e condivide la speranza di un futuro migliore con l’intera famiglia dei popoli. Nello stesso tempo, purtroppo, ci sono tante forme di violenza, povertà, sfruttamento, discriminazione, emarginazione, approcci restrittivi alle libertà fondamentali che creano una cultura dello scarto. In tale contesto gli istituti educativi cattolici sono chiamati in prima linea a praticare la grammatica del dialogo che forma all’incontro e alla valorizzazione delle diversità culturali e religiose. Il dialogo, infatti, educa quando la persona si relaziona con rispetto, stima, sincerità d’ascolto e si esprime con autenticità, senza offuscare o mitigare la propria identità nutrita dall’ispirazione evangelica. Ci incoraggia la convinzione che le nuove generazioni, educate cristianamente al dialogo, usciranno dalle aule scolastiche e universitarie motivate a costruire ponti e, quindi, a trovare nuove risposte alle molte sfide del nostro tempo. In senso più specifico, le scuole e le università sono chiamate ad insegnare un metodo di dialogo intellettuale finalizzato alla ricerca della verità.

(Discorso di papa Francesco ai partecipanti alla Plenaria della Congregazione per l’educazione cattolica, Roma, 9 febbraio 2017).

I centri associati alla rete funzionano come una democrazia partecipativa, poiché sono concepiti come scuole di cittadinanza, nelle quali si insegna a formulare proposte educative. In altre parole, non si tratta solo di insegnare un sistema di valori, ma anche di promuovere il processo psichico valutativo per formare esseri umani aperti, sicuri, attivi e responsabili. Gli scambi con i centri di altri continenti, ognuno dei quali si confronta con problemi diversi, permettono agli studenti di acquisire alcuni elementi mutuati dall’esperienza e dalle prospettive di altre realtà senza perdere la propria identità. La cultura dell’incontro, la cui descrizione si trova nei paragrafi dedicati alle questioni sociali nell’Evangelii gaudium del 2013, corrisponde alla figura del poliedro, che ha molti lati e molti volti, ma tutti formano un’unità piena di sfumature. È l’immagine dell’«unità nella diversità» (EG, n. 117) propugnata da papa Francesco, una «diversità riconciliata» (EG, n. 230), che deve cercare punti di contatto reali per raggiungere qualcosa di più di un «consenso a tavolino» (EG, n. 218). Spendersi per conciliare è ciò che conta, anche se può comportare la rinuncia a qualcosa. L’esortazione ci esorta ad assumere il conflitto e a risolverlo, creando così un altro anello nella catena della pace. L’indifferenza è condannata, come ricordato anche nel messaggio Vinci l’indifferenza e conquista la pace di papa Francesco per la 49a Giornata mondiale della pace del 2016.

L’importanza data in questo progetto alla formazione dei meno favoriti risponde a quanto il Papa ha espresso nell’enciclica Laudato si’ (2015), a proposito della priorità dell’accesso al lavoro: «Il lavoro dovrebbe essere l’ambito di questo multiforme sviluppo personale, dove si mettono in gioco molte dimensioni della vita: la creatività, la proiezione nel futuro, lo sviluppo delle capacità, l’esercizio dei valori, la comunicazione con gli altri» (LS, n. 127).

Questa idea va poi completata con il richiamo alla necessità di porre fine alle “culture dello scarto” a cui il Pontefice ha fatto più volte riferimento. Il messaggio è chiaro: nessuno è imprescindibile, nessuno è inutile. Il lavoro e l’educazione ai valori formano esseri umani autonomi e sicuri di se stessi, capaci di creare una cultura alternativa dell’incontro che si estende dall’individuo alla famiglia, e da quest’ultima al resto della società, ai sistemi politici e persino all’ordine mondiale. L’invito che papa Francesco ha formulato in un recente incontro in Vaticano riassume bene il lavoro svolto da Scholas occurrentes. Parlando dell’educazione, il Papa ha affermato che si tratta di «far maturare la persona attraverso tre lingue: la lingua delle idee, la lingua del cuore e la lingua delle mani, e che ci sia armonia tra le tre. In altre parole, i nostri studenti sentano quello che pensano, e facciano quello che pensano e sentono. Credo che, se non educhiamo in questo modo, perdiamo. Alcuni pedagogisti esprimono questa convinzione in modo diverso, ma vanno nella stessa direzione: educare ai contenuti, alle abitudini e ai valori. I giovani devono essere educati al movimento, i giovani tranquilli oggi non esistono, e se non li mettiamo noi in movimento, saranno mille altre cose, soprattutto i sistemi digitali, a farlo» (Incontro con i membri dell’Ordine dei Chierici regolari poveri della Madre di Dio delle Scuole Pie [Scolopi], Roma, 11 novembre 2017).

La cultura dell’incontro e il progetto delle Scholas occurrentes si rivolgono al cuore delle persone e cercano di dimostrare che il cambiamento è possibile. Dopo tutto, lamentarsi dei mali del mondo non ci conduce a modi fecondi di risolvere i molti conflitti che ci affliggono. Come ha giustamente detto Gandhi: «Non c’è via per la pace, la pace è via». Un cammino che sarà presto percorso da una nuova generazione, di cui è indispensabile prendersi cura sotto il profilo educativo.


Titolo originale «Scholas occurrentes: la cultura del encuentro del papa Francisco» in Razón y Fe, 277 (2018) 1433, 259-264. Traduzione dall’originale spagnolo di Giuseppe Riggio SJ.

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