Rosmini: un’eredità per l’Unione Europea

Fascicolo: febbraio 2019

A sessant’anni dal Trattato di Roma e in prossimità delle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo è lecito porsi alcune domande: gli sforzi per la creazione del mercato interno più grande del mondo e l’introduzione dell’euro hanno messo in secondo piano il compito più urgente di realizzare una vera unione politica, che richiede più di istituzioni sovranazionali e periodiche elezioni? E ancora: l’attuale Unione Europea (UE) è troppo centralizzata e burocratica a scapito dei diritti e delle libertà? Quanto pesa il fallimento del progetto della Costituzione europea nel 2005 sul raggiungimento di una maggiore unione? Che ruolo hanno la cultura europea e la fede cristiana per l’identità della UE e come si possono rafforzare le spinte alla coesione? Questi interrogativi, e altri simili, non sono certamente nuovi e per questo la ricerca di risposte trae beneficio dal guardare alle riflessioni di figure del passato, che possono aiutarci non solo a evitare toni troppo ideologici, ma anche a individuare qualche prospettiva per il futuro dell’Unione. Di sorprendente attualità si dimostrano, in questo senso, alcune opere del grande pensatore cattolico liberale Antonio Rosmini (1797-1855) scritte durante il Risorgimento italiano, che ci consentono di enucleare cinque temi rilevanti per una riflessione sull’Europa.

Federalismo e sussidiarietà

Nel libro La Costituzione secondo la giustizia sociale, che contiene l’appendice Sull’unità d’Italia, Rosmini sembra rivolgersi direttamente a noi europei del XXI secolo: «come si potrà pensare all’unità […], se i singoli Stati saranno di continuo agitati e straziati da interiori discordie?» (Rosmini 1997, 259). Solo singoli Stati stabili possono dare un fondamento solido all’unione di più Paesi, per cui il rispetto della Costituzione e del diritto in ogni Stato è un presupposto indispensabile perché sia concepibile un’«azione unica» dell’unione «per mezzo della Dieta» (ivi, 264), cioè di un unico Parlamento. Con lo sguardo rivolto all’Italia ottocentesca, Rosmini pensava certamente a una stabilità costituzionale, mentre oggi sono le instabilità democratiche e soprattutto economico-finanziarie a suscitare qualche preoccupazione in vista delle prossime elezioni. La stabilità nazionale per Rosmini era una colonna portante della struttura federale e sussidiaria pensata per l’unione italiana da costruire, che doveva riconoscere l’autonomia e l’autenticità delle singole realtà politiche congiunte. Questo pensiero era sintetizzato nella frase: «l’unità nella varietà è la definizione della bellezza. Ora la bellezza è per l’Italia» (ivi, 256), che è molto vicina al motto della UE «Unita nella diversità», adottato nel 2000.

In Rosmini troviamo già il concetto di un’organizzazione federale e sussidiaria e di una nuova declinazione della sovranità, che si affianca a quella degli Stati membri. Questo assetto era ritenuto necessario perché vi fosse un’unità di decisione politica, realizzabile solo tramite un Parlamento al quale sono cedute parti di sovranità. Ciò presuppone che vi sia un dibattito pubblico e la formazione di una volontà sovrana tramite meccanismi democratici, al fine di raggiungere una prospettiva condivisa sul bene comune. Al conseguimento di questo obiettivo si frappongono alcuni ostacoli secondo Rosmini, che formula in particolare svariate critiche ai partiti, perché spesso sono un impedimento e non un volano alla formazione di una volontà sovrana. Anche oggi in Europa qualcuno avverte l’urgenza di una riforma della struttura europea dei partiti, affinché non utilizzino il palcoscenico europeo per i loro interessi del tutto nazionali.

In ogni caso, per Rosmini il bisogno dell’unione per l’Italia ottocentesca non aveva alternative. La sua motivazione per l’unità nazionale italiana assomiglia molto all’esigenza di realizzare un’Europa sempre più unita: la preoccupazione di «pesare molto nelle politiche bilance del mondo» (ivi, 268). Senza l’Europa, nessuno Stato nazionale sarebbe in grado di affermarsi nelle dinamiche globali senza subire notevoli svantaggi politici ed economici.

Progetto sovranazionale di pace e cooperazione

A metà Ottocento, molti Stati italiani, soprattutto quello piemontese, aspirarono a realizzare l’unità del Paese per via militare e costituire così un’unione forte, in grado di reggere gli scontri con le altre nazioni, innanzitutto l’Impero austro-ungarico. Rosmini, pur essendo un fervido sostenitore dell’unità nazionale, difese con fermezza l’idea che tale unione non potesse essere altro che un progetto di pace. La medesima ispirazione – realizzare una pace duratura – ha guidato i passi dei padri fondatori dell’Europa, che sono stati capaci di proporre un progetto politico del tutto inedito rispetto a quello degli Stati nazionali. Questa realizzazione è però oggi messa in discussione dai sovranismi – Rosmini direbbe «l’orgoglio» nazionale –, che hanno dimenticato l’eredità ricevuta dai padri fondatori dell’Europa. Richiamando un’altra citazione rosminiana, si potrebbe dire che «questo nostro è appunto il tempo dell’egoismo nazionale: egli vige questo egoismo, egli cresce, egli invade tutto, egli crede di poter tutto, s’irrita, e innaspra ad ogni sospetto, che gli sia messo alcun modo, alcun freno» (Rosmini 2013-2015, II, n. 2683). Il superamento di questo egoismo nazionale, secondo Rosmini, starebbe nell’assicurare che «il governo [sia] umiliato sotto all’insuperabile, all’immutabile giustizia» (Rosmini 1997, 266), cioè da un ordinamento costituzionale che, vincolando l’azione del Governo e delle istituzioni sociali ai valori espressi dal diritto, realizza la giustizia sociale. Questa è per Rosmini una logica giuridica che antepone i valori della persona a quelli dello Stato, realizzando così il criterio etico sociale fondamentale che «la persona dell’uomo è il diritto umano sussistente: quindi anco l’essenza del diritto» (Rosmini 2013-2015, I, n. 49). In questa prospettiva, la persona umana è vista come precedente alla politica e quindi come origine del diritto e dell’ordine pubblico.

Questa logica della costruzione giuridica sovranazionale, raccomandata da Rosmini all’Italia, la vediamo realizzata nei trattati europei. L’idea della UE è diretta espressione dalla visione europea della persona, che potremmo definire anche “personalismo liberale”. Un secolo e mezzo dopo Rosmini, il Concilio Vaticano II affermerà, in modo del tutto “rosminiano”, che la persona è «principio, soggetto e fine di tutte le istituzioni sociali» (Gaudium et spes, n. 25), esprimendo la stessa visione che aveva accomunato Adenauer, De Gasperi e Schuman nel loro «comune lavoro per l’intesa europea e la pace mondiale» (come sostenuto da De Gasperi nel 1948, cit. in Ranieri e Tosi 2004, 266). In questo senso, Sull’unità d’Italia si inserisce tra i testi programmatici per l’Europa, insieme a Per la pace perpetua di Immanuel Kant, La democrazia in America di Alexis de Tocqueville o il Saggio sulla libertà di John Stuart Mill: alla base della cultura umanistica del Continente vi è una visione di libertà che dal punto di vista etico e sociale fa leva sulla centralità della persona umana per sostenere il carattere federale e sussidiario dell’ordinamento europeo.

Tra libero mercato e dignità delle persone

Il dispiegamento della libertà all’interno dell’evocata costituzione giuridica, e quindi del rispetto della persona come fondamento imprescindibile, presuppone per Rosmini una concorrenza funzionante, considerata un mezzo sociale importante per far crescere la cultura della responsabilità e permettere che le capacità, i talenti e gli interessi della persona, in altre parole la loro autorealizzazione, si esprimano appieno. Tuttavia Rosmini è consapevole che le conseguenze derivanti dalla concorrenza possono essere ambigue, perciò bisogna impedire che la libertà si autodistrugga, un rischio già individuato dagli economisti del Settecento Adam Smith e Antonio Genovesi. La soluzione proposta da Rosmini è particolare: il Governo non deve intervenire sui processi economici, per non distruggere le libertà dei cittadini, ma deve senz’altro «regolare la modalità dei diritti», ossia fissare il quadro generale che protegge le libertà sociali e regola i conflitti. In questo senso ha anticipato la novecentesca “economia sociale di mercato”, secondo cui è necessario un ordinamento costituzionale ed economico per proteggere la libertà di tutti e rendere la libera concorrenza il mezzo sociale giusto per incentivare lo sviluppo e l’innovazione.

In questa prospettiva di inquadramento costituzionale secondo il personalismo, l’economia contribuisce all’«incivilimento» dei popoli europei. L’idea rosminiana troverà eco un secolo dopo nell’ideale culturale del liberalismo dell’economista svizzero Wilhelm Röpke: «il liberalismo non è […] nella sua essenza abbandono del cristianesimo, bensì il suo legittimo figlio spirituale» (Röpke 2000, 113). Come per Röpke, anche per Rosmini le dinamiche del mercato, dell’invenzione e dell’innovazione nonché la libera competizione sono valori imprescindibili per il progresso della società. Un’Europa unita, che crea un libero mercato al suo interno, proteggendolo anche verso l’esterno, ha perciò una grande importanza, perché aumenta la competitività di ogni singola nazione, che nel mercato globale non sarebbe abbastanza produttiva e innovativa per reggere da sola.

La costituzione di un demos europeo

Un ulteriore aspetto sottolineato da Rosmini è quello del ruolo della società civile in vista della creazione di un’identità “morale” delle molteplici realtà europee. Analizzando le dinamiche sociali, soprattutto in vista della formazione di un demos italiano, Rosmini distingue tra «la logica delle masse» e «l’intelligenza degli individui» (Rosmini 1985, 123): mentre la prima muove la società secondo logiche consumistiche, cioè di soddisfazione di bisogni, la seconda cura la coesione sociale intorno a valori di giustizia e di progettualità politica. Solo nel loro giusto bilanciamento, secondo Rosmini, si può evitare la degenerazione sociale. Questa analisi è forse tra le più pertinenti per spiegarci perché un demos europeo – già auspicato dai Padri fondatori – stenta a formarsi. La logica delle masse e l’intelligenza degli individui, divenute sempre più elitarie, invece di convergere e fondersi si allontanano l’una dall’altra. La conseguenza è che l’Europa non corrisponde più al “desiderio di consumo” di molte nazioni, ossia alle aspirazioni dei cittadini. Si potrebbe anzi ritenere che la degenerazione della società in una mentalità consumistica sia il motivo per cui in Europa non si concepisce più quella vera apertura della «concorrenza a tutti affatto i membri della società, e anche agli stranieri, di qualunque condizione pur sieno», che è l’espressione di una società inclusiva che considera nelle persone «la loro virtù, l’integrità, la saldezza contro alla corruzione» (Rosmini 2013-2015, II, n. 2665).

In questa prospettiva, tra le priorità del futuro Parlamento europeo vi è di certo l’impegno perché maturi presso i cittadini europei la consapevolezza di appartenere a un popolo, un risultato che non si consegue semplicemente con gli appuntamenti elettorali o altri arrangiamenti istituzionali. Una strada alternativa – e sicuramente rosminiana – è data da un maggiore investimento nella cultura e nel sapere, in altre parole nel rafforzamento dell’umanismo europeo.

Il ruolo dei corpi sociali

Le risorse morali per la cura del desiderato vincolo sociale, che costituisce la base etica indispensabile per una società, non sono individuate da Rosmini solo nell’intelligenza e nelle virtù individuali dei cittadini. Anzi, Rosmini è consapevole che la crescente accelerazione delle spinte individualistiche e consumistiche costituisce una seria minaccia per la società, una reale possibilità di decadenza. Accanto alle dinamiche competitive e liberali da un lato e alla cultura umanistica dall’altro vanno perciò rafforzate le istituzioni morali della famiglia e delle organizzazioni religiose, altrimenti la società civile laica perderebbe quel presupposto di consenso minimo ai valori che da sola, cioè senza ricorrere a tali istituzioni, «non può garantire» (Böckenförde 2006, 68). Sarebbe un’illusione pensare, come evidenzia Rosmini nei confronti delle dottrine socialiste, che la coesione, la solidarietà e lo sviluppo di una società siano “prodotte” da programmi politici e istituzioni pubbliche. Contro un tale «perfettismo» (Rosmini 1985, 137), nel quale egli ravvisa la principale minaccia alla libertà, Rosmini ricorda alla politica e alle istituzioni che ogni società civile si basa su due tipi di società precedenti, ossia quella familiare e quella religiosa.

Una politica che si rinchiude nell’individualismo e smarrisce la sensibilità per l’importanza sociale di queste realtà non può rivendicare di essere “europea”. La famiglia come nucleo morale e istanza primaria di educazione, e la tradizione cristiana come luogo di cultura e trasmissione dei valori identificatori dell’Europa, sono pertanto riferimenti indispensabili. Va sottolineato che per il carattere laico dell’Europa ciò non esclude l’apertura a religioni diverse, mentre la politica europea deve certamente trovare alternative al riduttivismo individualistico, da un lato, e alla galoppante secolarizzazione, dall’altro. La libertà che nelle dinamiche “astratte” del mercato, della tecnica e dello sviluppo viene “consumata”, ha bisogno di riferimenti prepolitici quali la famiglia e la religione per non perdere il suo contenuto costitutivo, ossia la persona.

Riallacciando le fila dell’itinerario compiuto, l’integrazione sussidiaria sulla base del rispetto dei principi dello Stato di diritto in ogni Paese aderente alla UE, il progetto di pace contro il sovranismo nazionale, la valorizzazione della concorrenza economica in un mercato comune, la costituzione di un demos europeo e l’importanza non solo dei corpi intermedi ma anche delle istituzioni di famiglia e organizzazioni religiose sono i cinque punti in cui Rosmini anticipa ciò che un secolo più tardi sarebbe diventato il DNA della UE, e che sono precisamente i bersagli dei nuovi populismi di destra e di sinistra, che nel caso di un buon risultato elettorale a maggio minacciano di bloccare il processo di integrazione. Le riflessioni di Rosmini possono aiutare a capire che un fallimento del progetto europeo non corrisponde a nessun interesse nazionale, oltre a contribuire alla riflessione sui motivi alla base del consenso riscosso dalle nuove destre e su quali politiche l’Europa dovrebbe preoccuparsi di porre al centro della sua attenzione nel prossimo futuro.


Risorse

Opere di Antonio Rosmini

Rosmini A. (2013-2015), Filosofia del diritto, 4 voll., a cura di Nicoletti M. e Ghia F. (Ediz. crit., 27-28a), Città Nuova, Roma-Stresa (ed. or. 1841-1843).

— (1997), La Costituzione secondo la giustizia sociale, in Id., Scritti politici, a cura di Muratore U., Sodalitas, Stresa, 43-269 (ed. or. 1848).

— (1985), Filosofia della politica, a cura di Cotta S., Rusconi, Milano (ed. or. 1837).

— (1978), Il Comunismo ed il Socialismo, in Id., Opuscoli politici, a cura di Marconi G. (Ediz. crit., 37), Città Nuova, Roma-Stresa, 81-121 (ed. or. 1849).

Bibliografia

Böckenförde E.-W. (2006), La formazione dello Stato come processo di secolarizzazione, a cura di Nicoletti M., Morcelliana, Brescia (ed. or. 1967).

D’Addio M. (2000), Libertà e appagamento. Politica e dinamica sociale in Rosmini, Studium, Roma.

Malusa L. (2011), Antonio Rosmini per l’unità d’Italia. Tra aspirazione nazionale e fede cristiana, FrancoAngeli, Milano.

Muscolino S. (2010), Persona e mercato. I liberalismi di Rosmini e Hayek a confronto, Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ).

Ranieri R. – Tosi L. (edd.) (2004), La Comunità europea del Carbone e dell’Acciaio (1952-2002). Gli esiti del trattato in Europa e in Italia, CEDAM, Padova.

Röpke W. (2016), Civitas humana. I problemi fondamentali di una riforma sociale ed economica, a cura di Felice F., Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ).

— (2000), Umanesimo liberale, a cura di M. Baldini, Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ).

Traniello F. (19972), Società religiosa e società civile in Rosmini, Morcelliana, Brescia.

 

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