Dopo sedici anni ininterrotti di cancellierato, dal 2005 al 2021,
Angela Merkel si appresta a lasciare la guida della Germania. Si
tratta di una longevità politica eccezionale – pari solo a quella del
cancelliere Kohl, protagonista della riunificazione – per questa donna dal
carattere riservato, che pochi possono affermare di conoscere.
Uno dei pochi aspetti personali su cui non ha mai fatto mistero è il suo
impegno cristiano, alimentato dalla tradizione familiare: il padre, pastore
protestante, decise di trasferirsi in Germania orientale durante il comunismo.
La prima volta in cui ci incontrammo fu in occasione di un dibattito
sull’Europa al convegno biennale della Chiesa evangelica tedesca, nel
2005, dove aveva appena fatto un intervento sul libro dei Maccabei davanti
a più di mille persone. I valori protestanti e la sua infanzia in un Paese
totalitario hanno accresciuto il suo amore per la libertà. Al suo insediamento, nel 2005, chiese di «osare più libertà». Parlando agli studenti di
Harvard nel 2019, ha ricordato quando da giovane a Berlino ogni giorno
camminava lungo il muro che la teneva prigioniera. In occasione delle celebrazioni
per i 500 anni della Riforma luterana, nel 2017, ha insistito sui
legami tra responsabilità individuale e libertà. Questo profondo senso di
responsabilità traspare nella maggioranza delle sue azioni: responsabilità
nei confronti del Bundestag (Parlamento), di cui mostra l’edificio ai
visitatori dal suo ufficio, ricordando che la legittimità del potere viene dai
rappresentanti del popolo; responsabilità morale individuale nelle scelte che
vanno soppesate e nella cui complessità è talora difficile districarsi.
I tedeschi ne apprezzano la conoscenza dei vari temi e il linguaggio
sobrio, come dimostrato ancora una volta durante la pandemia, quando
ha trovato il tono giusto per parlare alle persone, invitando a un comportamento
disciplinato con calma, rigore scientifico ed empatia. Per questo,
malgrado alcuni momenti difficili, soprattutto durante la crisi dei migranti,
continua a godere di una fiducia superiore al 70% nei sondaggi.
Il soprannome affettuoso di Mutti (mamma) esprime bene il rapporto
di Angela Merkel con il popolo tedesco: leader incontestata, amata
dai cittadini, temuta negli ambienti politici, soprattutto dai potenziali
rivali del suo partito, l’Unione cristiano-democratica di Germania (CDU,
Christlich Demokratische Union Deutschlands).
Priva di un’impostazione ideologica, criticata per qualche posizione vaga,
la Merkel ha guidato la Germania, e l’Unione Europea (UE), attraverso
crisi conclamate e trasformazioni meno visibili. In generale, ha fatto leva
sul gioco di squadra, una sua caratteristica, quanto mai preziosa quando si
è alla testa di “grandi coalizioni” come nel suo caso: a più riprese con i socialdemocratici
del SPD (Sozialdemokratische Partei Deutschlands) o con i
liberali del FDP (Freie Demokratische Partei). In alcuni casi, però, ha preso
decisioni importanti da sola, senza consultare né i partner europei né gli
alleati tedeschi, e scontrandosi con i suoi concittadini che non apprezzano
le scelte “calate dall’alto”. [Continua]
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