ArticoloDialoghi

L’Europa vissuta dal basso

- Ellie Varchalama, "Alla riscoperta della vocazione sociale del progetto europeo"

- Giuseppe De Marzo, "Un “noi” da costruire"  

- Giovanna Cavallo, "Europa, un UFO istituzionale?"

- Łukasz Kołodziej, "Crescere europei nel terzo millennio"

Fascicolo: maggio 2024

«Unita nella diversità» è il motto usato per la prima volta nel 2000 e poi ufficialmente adottato dall’Unione Europea (UE) per riassumere in poche parole ciò che è: un insieme di Stati che hanno scelto di vincolarsi reciprocamente a livello politico e giuridico, scommettendo sulla solidarietà per una comune ricerca della pace e del benessere, senza però cancellare la ricchezza delle diverse culture e tradizioni dei popoli che ne fanno parte. Il motto è un richiamo incessante alla sfida con cui l’UE deve continuamente misurarsi: come realizzare un’effettiva unità salvaguardando nel contempo le diversità presenti?

In effetti, ritroviamo numerose diversità in ambiti tra loro molto distanti, a prima vista difficili da tenere insieme in un modo che non sia caotico o posticcio. Alcune sono più evidenti e metabolizzate, ma non per questo più semplici da gestire: è il caso, ad esempio, delle periodiche divergenze politiche tra gli Stati membri e le istituzioni europee; oppure, a un livello più personale, l’esperienza contrastante di sentirsi a casa e allo stesso tempo spaesati quando si viaggia in un altro Paese dell’Unione
. Altre diversità invece restano sottotraccia, perché non si giocano sul piano del confronto tra i Paesi, ma sono trasversali. Sono radicate all’interno del tessuto sociale europeo e, a prescindere dagli accenti più legati a un contesto locale, nel loro nucleo essenziale sono presenti nell’intero continente: ad esempio quelle che toccano le varie generazioni con attese e progetti non sempre conciliabili, oppure quelle che si registrano in un mercato del lavoro in cui crescono i divari tra i lavoratori e diventano più fragili le tutele. Anche queste diversità rientrano nel novero di quelle a cui l’UE è chiamata a prestare attenzione, perché l’unità possa essere sostanziale e giusta.

Per questo abbiamo ritenuto importante, in vista del voto per il rinnovo del Parlamento europeo, dare spazio ad alcuni testimoni, che in prima persona o come compagni di viaggio di donne e uomini che vivono queste diversità, sono portatori di uno sguardo altro sulla realtà europea, che va ad aggiungersi e completare quanto possiamo conoscere in prima persona o attraverso i canali a cui usualmente ci affidiamo. L’intento è giungere a un quadro più aderente alla realtà, a una prospettiva più concreta.
Le persone a cui ci siamo rivolti parlano a titolo individuale o usano il “noi” perché esprimono il punto di vista delle realtà collettive a cui appartengono. In modo diverso, tutte hanno preso la parola dai “margini”: la greca Ellie Varchalama a partire dalla lunga esperienza nel mondo sindacale e più di recente dal ruolo istituzionale che ricopre per la difesa dei diritti umani nel suo Paese; Giuseppe De Marzo, una vita spesa nell’attivismo civico, ha condiviso riflessioni su che cos’è la politica e progetti sul futuro, che nascono da una approfondita conoscenza del territorio italiano e dal confronto internazionale; Giovanna Cavallo ci ha presentato quanto il Forum per cambiare l’ordine delle cose ha appreso da una recente esperienza di advocacy in tema di migrazioni; infine il più giovane del gruppo, il polacco Łukasz Kołodziej, ci ha aperto una finestra sul vissuto di chi è cresciuto in un’UE che non è più un sogno da realizzare, ma una realtà dall’avvenire non scontato.  [continua]

 

 

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