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Intersezioni tra politica e logica dei social media
Ci troviamo sempre più spesso a riflettere sul modo in cui i social
media stanno riscrivendo la prassi e le regole degli incontri e dello
scontro, dei riconoscimenti e dell’indifferenza all’interno della
società civile e della sfera pubblica. Un’accelerazione senza precedenti alle
dinamiche di ibridazione tra le logiche mediali e quelle della società e della
politica contemporanea è stata impressa dalla guerra in Ucraina. Sugli
schermi piccoli e rassicuranti dei nostri smartphone scorrono i video di
TikTok con cui gli adolescenti ucraini raccontano il terrore dei bombardamenti
in presa diretta. Sappiamo che vaste squadre di influencer sono
state arruolate dall’uno e dall’altro schieramento per promuovere una narrazione
degli eventi in linea con la versione ufficiale delle autorità. Alcune
immagini, che raggiungono notorietà a livello internazionale, diventano
terreno di scontro, come quella della donna incinta evacuata dall’ospedale
bombardato di Mariupol, che, nella ricostruzione ufficiale fornita
dal Cremlino, è stata accusata di essere una delle tante comparse di uno
spettacolo bellico fittizio messo in scena dalla propaganda ucraina a uso e consumo dell’Occidente. Intanto Meta, l’impresa che controlla Facebook
e Instagram, ha comunicato di aver allentato le maglie della moderazione
in Ucraina, Russia, Polonia, Slovacchia, Ungheria, Romania e nei Paesi
baltici, consentendo temporaneamente messaggi d’odio che incitano all’uccisione
degli invasori e dei loro
leader. [continua]
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