ArticoloSinodalità

Il Sinodo, responsabilità e speranza. La Seconda sessione dell’Assemblea sinodale

Fascicolo: ottobre 2024

Si apre il 2 ottobre 2024, dopo due giorni di ritiro spirituale, la Seconda sessione della XVI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi. I lavori termineranno il 27 ottobre e vedranno impegnate, a diverso titolo, circa 450 persone, tra membri dell’Assemblea a pieno titolo (in maggioranza vescovi, ma anche sacerdoti, religiose e religiosi, laici e laiche), delegati fraterni (rappresentanti di altre confessioni cristiane), invitati speciali, esperti, facilitatori e personale di segreteria. Questa Seconda sessione rappresenta un tornante cruciale del Sinodo 2021-2024, intitolato “Per una Chiesa sinodale. Comunione, partecipazione e missione”. Con l’approvazione del documento finale e la sua consegna al Pontefice, infatti, si chiude la fase del discernimento dei pastori e si apre, nelle forme e nei modi che papa Francesco stabilirà, il processo di recezione delle conclusioni nella Chiesa intera e nelle singole Chiese locali.

L’obiettivo di queste pagine è offrire una presentazione sintetica del lavoro che attende la Seconda sessione, che consenta di collocare le notizie puntuali che circoleranno in un quadro più complessivo. Nel caso dell’Assemblea sinodale come in pochi altri, desta grande stupore la distanza tra l’effettiva dinamica dei lavori e l’atmosfera in cui si svolgono, e la loro rappresentazione mediatica, che tende a enfatizzare alcuni punti controversi, talvolta marginali rispetto al quadro d’insieme. Il riferimento principale di questo lavoro sarà l’Instrumentum laboris per la Seconda sessione (IL2), intitolato «Come essere Chiesa sinodale missionaria», disponibile, come tutti gli altri documenti del processo sinodale, sul sito <www.synod.va>. L’esame del testo sarà condotto nella prospettiva tipica di Aggiornamenti Sociali, cercando di cogliere gli addentellati tra le questioni che affronterà l’Assemblea sinodale e alcune delle domande che agitano le società contemporanee, ad esempio in materia di governance e gestione delle differenze. A riguardo, il processo sinodale ha un carattere sperimentale, quando non decisamente profetico.

 

Un percorso di progressiva focalizzazione

Giungiamo a questa Seconda sessione dopo un lungo cammino (cfr il riquadro qui sotto), cominciato nell’ottobre 2021, quando tutte le Chiese locali, a partire dalle comunità parrocchiali, sono state invitate a misurarsi con la domanda guida dell’intero processo sinodale: «come si realizza oggi, a diversi livelli (da quello locale a quello universale) quel “camminare insieme” che permette alla Chiesa di annunciare il Vangelo, conformemente alla missione che le è stata affidata; e quali passi lo Spirito ci invita a compiere per crescere come Chiesa sinodale?» (Documento preparatorio, settembre 2021, n. 2).

Per saperne di più

Sinodo 2021-2024: <www.synod.va>.
Costa G., «Verso la seconda sessione del Sinodo 2021-2024», in La Civiltà Cattolica, n. 4173 (4 maggio 2024) 254-263.
Foglizzo P. (ed.), «Leggere la realtà sociale alla luce del Vangelo. Spunti dal Sinodo 2021-2024», in Aggiornamenti Sociali, 2 (2024) 80-93.
Costa G., «Il seme di una Chiesa da “ogni tribù, lingua, popolo e nazione”. La Prima sessione della XVI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi», in La Civiltà Cattolica, n. 4163 (2 dicembre 2023) 484-496.
Costa G. – Foglizzo P., «Chiesa sinodale: uno spazio per la partecipazione», in Aggiornamenti Sociali, 10 (2023) 507-514.
Costa G., «Sinodo 2021-24: Dare gambe al concilio», in La Civiltà Cattolica, n. 4158 (16 settembre 2023) 531-544.
Costa G., «L’“Instrumentum Laboris” per la prima sessione del Sinodo 2021-2024», in La Civiltà Cattolica, n. 4154 (15 luglio 2023) 121-135.
Costa G. – Foglizzo P., «Chiesa sinodale: avanti tutta», in Aggiornamenti Sociali, 12 (2022) 671-679.
Costa G. – Foglizzo P., «Sinodo: come la Chiesa ascolta la voce degli esclusi?», in Aggiornamenti Sociali, 3 (2022) 165-172.
Costa G., «Fare Sinodo: il coraggio della fecondità», in Aggiornamenti Sociali, 10 (2021) 507-512.

Milioni di persone in tutto il mondo hanno preso parte agli incontri dei gruppi sinodali. I loro contributi, sintetizzati a livello prima diocesano e poi di Conferenza episcopale, sono stati la base per l’elaborazione del Documento di lavoro per la tappa continentale “Allarga lo spazio della tua tenda” (ottobre 2022). Dando vita a una circolarità dialogica, questo è stato nuovamente sottoposto alle Chiese locali di tutto il mondo, che hanno condiviso le loro reazioni nelle sette Assemblee continentali, una delle novità più significative del Sinodo 2021-2024. I documenti finali di queste Assemblee sono stati la fonte principale per l’elaborazione dell’Instrumentum laboris per la Prima Sessione (ottobre 2023), pubblicato nel giugno 2023. Le domande per il discernimento in esso contenute sono state affrontate dall’Assemblea durante la Prima sessione, e i frutti sono stati raccolti nella relativa Relazione di Sintesi (RdS), in cui, sui diversi temi toccati, trovano espressione le convergenze, le questioni da affrontare e le proposte emerse dal dialogo.

 

A partire dalla RdS, papa Francesco ha identificato dieci temi su cui era già sufficientemente chiaro come fosse necessario procedere a un ulteriore approfondimento, che costituisce l’inizio della fase della recezione. Ha disposto quindi la costituzione di dieci Gruppi di studio (cfr riquadro qui sotto), formati da vescovi ed esperti di diversa provenienza geografica, genere e condizione ecclesiale, che lavorassero con stile sinodale con il coordinamento dei Dicasteri della Curia romana competenti, d’intesa con la Segreteria generale del Sinodo. Al tempo stesso, ha dato una focalizzazione più precisa ai lavori della Seconda sessione, a partire dalla domanda guida «Come essere Chiesa sinodale in missione?». Questo interrogativo è stato rilanciato alle Chiese locali di tutto il mondo, in una seconda consultazione, finalizzata a «identificare le vie da percorrere e gli strumenti da adottare nei diversi contesti e nelle diverse circostanze, così da valorizzare l’originalità di ogni battezzato e di ogni Chiesa nell’unica missione di annunciare il Signore risorto e il suo Vangelo al mondo di oggi»1, senza limitarsi al piano del miglioramento dell’efficienza delle procedure e delle strutture. Le risposte delle Chiese locali, assieme alle riflessioni di alcuni Gruppi di lavoro e ai frutti di altre iniziative, come quella che ha coinvolto una rappresentanza di parroci di tutto il mondo, sono state la base per la redazione dell’IL2.

I temi affidati ai dieci Gruppi di studio

1. Alcuni aspetti delle relazioni tra Chiese Orientali cattoliche e Chiesa latina (RdS 6).
2. L’ascolto del grido dei poveri (RdS 4 e 16).
3. La missione nell’ambiente digitale (RdS 17).
4. La revisione della Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis in prospettiva sinodale missionaria (RdS 11).
5. Alcune questioni teologiche e canonistiche intorno a specifiche forme ministeriali (RdS 8 e 9).
6. La revisione, in prospettiva sinodale e missionaria, dei documenti che disciplinano le relazioni fra Vescovi, Religiosi, Aggregazioni ecclesiali (RdS 10).
7. Alcuni aspetti della figura e del ministero del Vescovo (in particolare: criteri di selezione dei candidati all’Episcopato, funzione giudiziale del Vescovo, natura e svolgimento delle visite ad limina Apostolorum) in prospettiva sinodale missionaria (RdS 12 e 13).
8. Il ruolo dei Rappresentanti pontifici in prospettiva sinodale missionaria (RdS 13).
9. Criteri teologici e metodologie sinodali per un discernimento condiviso di questioni dottrinali, pastorali ed etiche controverse (RdS 15).
10. La recezione dei frutti del cammino ecumenico nel Popolo di Dio (RdS 7).

I cardini dei lavori dell’Assemblea

L’IL2, che è alla base dei lavori della Seconda sessione, si apre con la visione del banchetto messianico presentata dal profeta Isaia (25,6-8). In questo modo, chiarisce subito che l’orizzonte di una Chiesa sinodale è la missione, cioè il servizio al desiderio di Dio che tutti gli esseri umani e tutti i popoli ricevano l’invito a partecipare a quel banchetto. Il testo è organizzato in quattro sezioni, a ciascuna delle quali è dedicato uno dei moduli in cui sono suddivisi i lavori assembleari. Un rapido esame delle sezioni dell’IL2 consente di rendersi conto di quale sia l’effettiva posta in gioco della Seconda sessione e di quanto essa sia rilevante per la vita e la missione della Chiesa.

La prima sezione, intitolata «Fondamenti», delinea l’orizzonte teologico al cui interno è indispensabile collocare l’elaborazione della risposta alla domanda guida. Senza costituire un trattato di ecclesiologia, tocca punti come la natura sacramentale della Chiesa, il significato condiviso di sinodalità, la reciprocità tra uomini e donne nella Chiesa e il dialogo tra le differenze di cui la Chiesa è portatrice, che non ne compromette l’unità, ma la arricchisce.

La seconda sezione, «Relazioni», mette al centro dell’attenzione il tessuto relazionale di cui la Chiesa è costituita, indispensabile per sostenere le persone e le comunità. La centralità delle relazioni è una risposta a quel «desiderio di una Chiesa più vicina alle persone, meno burocratica» (RdS, 1b), che ovunque nel mondo è associato ai termini “sinodale” e “sinodalità”. Al tempo stesso, è in linea con lo sviluppo più recente dell’antropologia cristiana, secondo cui «La creatura umana, in quanto di natura spirituale, si realizza nelle relazioni interpersonali. Più le vive in modo autentico, più matura anche la propria identità personale. Non è isolandosi che l’uomo valorizza se stesso, ma ponendosi in relazione con gli altri e con Dio. L’importanza di tali relazioni diventa quindi fondamentale»2. Una Chiesa che si vuole attenta alle relazioni si propone come spazio di umanizzazione, proseguendo nel solco tracciato da Giovanni Paolo II, che affermava che «l’uomo […] è la prima e fondamentale via della Chiesa»3. Questa ispirazione è declinata nella concretezza. L’attenzione si posa sulle relazioni tra carismi e ministeri; sulla necessità di rendere operativa la spinta all’accoglienza per fare in modo che la Chiesa sia «percepita come casa e famiglia» (IL2, n. 33); sul servizio peculiare dei ministri ordinati (vescovi, presbiteri e diaconi) e sulla costruzione di relazioni, tra di loro e con il resto del Popolo di Dio, non intossicate dal clericalismo; sullo scambio di doni che lega le Chiese locali nell’unica comunione universale. L’attenzione alle relazioni non equivale a un ripiegamento dello sguardo all’interno, ma si pone nella linea della missione di evangelizzazione. Come già affermava il Documento finale del Sinodo su “I giovani, la fede, il discernimento vocazionale” (2018), «Non basta dunque avere delle strutture, se in esse non si sviluppano relazioni autentiche; è la qualità di tali relazioni, infatti, che evangelizza» (n. 128).

La terza sezione, «Percorsi», mette a tema i processi attraverso cui prendersi cura e promuovere lo sviluppo delle relazioni, custodendo l’armonia nella comunità grazie alla capacità di affrontare insieme conflitti e difficoltà. Trovano qui spazio i temi della formazione e del discernimento, oltre a una riflessione sull’articolazione dei processi decisionali basata sulla partecipazione di tutti e sul riconoscimento «di una responsabilità differenziata che rispetta ogni membro della comunità e ne valorizza le capacità e i doni in vista della decisione condivisa» (IL2, n. 67). La riflessione procede sottolineando la necessità di superare la «contrapposizione tra consultazione e deliberazione» (IL2, n. 70), nell’ottica di una competenza decisionale dell’autorità gerarchica che è inalienabile, ma non incondizionata. Infine, questa sezione affronta nella prospettiva della comunità cristiana una questione che nel mondo contemporaneo agita tutte le società, istituzioni e organizzazioni (imprese, associazioni, partiti, ecc.): la promozione di una cultura e di forme concrete di trasparenza, di rendiconto (accountability) e di valutazione dell’operato di chi occupa posizioni di responsabilità. Da questo punto di vista il cammino della Chiesa, pur con le sue peculiarità, è in sintonia con quello del resto dell’umanità.

Infine la quarta sezione, «Luoghi», porta l’attenzione sulla concretezza dei contesti in cui le relazioni si svolgono e sulla varietà delle culture che li contraddistinguono. Il pluralismo delle culture, così come l’articolazione tra globale e locale, rappresentano una sfida particolarmente cruciale per una Chiesa che non solo è diffusa in tutto il mondo, ma si definisce cattolica, cioè universale, e al tempo stesso si vuole capace di accogliere persone da «ogni tribù, lingua, popolo e nazione» (Apocalisse 5,9, citato in RdS 5) senza chiedere a nessuno di sradicarsi dalla propria cultura. Si colloca in questo contesto la riflessione sul servizio dell’unità del vescovo di Roma, sulle forme più appropriate per il suo esercizio nel mondo di oggi e sulla ricerca di istituzioni e strutture che consentano di promuovere l’unità nella diversità e la diversità nell’unità.

Volendo spingere la sintesi all’estremo, potremmo affermare che al cuore della Seconda sessione vi sono due grandi questioni. La prima è la ricerca di forme di governance appropriate a una istituzione articolata e complessa quale è la Chiesa, che sappiano promuovere processi autenticamente partecipativi in modo da nutrire il senso di corresponsabilità di tutti per un obiettivo comune, che per la Chiesa è la missione di annuncio del Vangelo. Non è difficile riconoscere che con questo problema si misurano tutte le società del mondo, in particolare quei Paesi in cui la democrazia appare in crisi e la partecipazione in declino. In questo quadro, presentare il compito dei ministri ordinati come un servizio dell’armonia, affermando ad esempio che è dovere del vescovo «raccogliere e comporre in unità ogni dono che lo Spirito effonde sui battezzati, uomini e donne, e sulle diverse comunità» (IL2, n. 38), ha una valenza decisamente controculturale in un’epoca in cui la costruzione del consenso, in ambito politico ma non solo, sembra privilegiare l’esasperazione delle contrapposizioni e la costante costruzione di un “loro” opposto a un “noi”. Il processo sinodale mette in evidenza la necessità di un’autorità che sappia includere anziché escludere.

La seconda questione è quella di una composizione sana e costruttiva delle differenze, nella chiave della convivialità, sfuggendo al duplice rischio dell’omogeneizzazione dall’alto e della frammentazione nei particolarismi. Anche in questo caso non è difficile riconoscere che è alle prese con questa questione il mondo intero, segnato da un crescente pluralismo, ma anche dalle spinte opposte del ripiegamento identitario e di una globalizzazione omogeneizzante guidata dal pensiero unico. Il lavoro dell’Assemblea sinodale si focalizzerà sulle specificità di queste sfide per la Chiesa, ma non potrà non assumere la valenza di un laboratorio i cui risultati potranno stimolare riflessioni e sperimentazioni anche in altri ambiti.

 

Un percorso che trasforma

Al momento non è ovviamente possibile formulare ipotesi sull’esito del discernimento operato dall’Assemblea sinodale. Invece appare già non solo possibile, ma fruttuoso, volgere lo sguardo al cammino percorso alla ricerca di risultati che si possono ritenere già raggiunti.

Innanzi tutto, il Sinodo 2021-2024 mostra che si possono immaginare percorsi autenticamente partecipativi a scala globale. Si è trattato di un primo tentativo, per molti versi pionieristico, dei cui limiti è bene essere consapevoli, a partire da una partecipazione a macchia di leopardo e limitata alle persone più inserite nei circuiti ecclesiali, in particolare le parrocchie. Detto questo, la quantità e la qualità dei contributi giunti dalle Chiese locali sono sorprendenti, anche in confronto con i Sinodi precedenti. Uno dei fattori che lo hanno reso possibile è il ricorso a un mix creativo tra rapporti diretti a tu per tu, quelli tipici della dimensione comunitaria, e relazioni a distanza, mediate dalle tecnologie della comunicazione digitale, di cui la Chiesa ha saputo in questo caso sfruttare il potenziale.

Un secondo frutto è aver mostrato che persone con punti di vista assai diversi, se non opposti, possono riunirsi e dialogare. Nessuno ha probabilmente cambiato opinione in modo radicale, ma il mutuo riconoscimento dell’autenticità dell’esperienza di fede di ciascuno e il ritrovarsi insieme nelle liturgie e nei momenti di preghiera ha fatto emergere che al di sotto delle molte cose che dividono, c’è una forza che unisce. Questo ha permesso di lasciar emergere i conflitti senza negarli in un falso irenismo, o pretendere di arrivare a una composizione troppo rapida, ma senza nemmeno farli deflagrare in modo distruttivo. In un mondo che sembra condannato a una estremizzazione senza fine delle polarizzazioni – come tristemente mostra il dibattito politico in molti Paesi –, si tratta di un messaggio di grande speranza. La creazione di uno spazio di fiducia reciproca, al riparo da una sovraesposizione mediatica, e la promozione di un incontro diretto tra persone nella loro interezza, e non tra profili social, ha giocato probabilmente un ruolo chiave a questo riguardo e rappresenta un punto su cui continuare a riflettere, non solo all’interno della comunità ecclesiale.

Un altro risultato è aver sperimentato che è possibile articolare in modo costruttivo globale e locale – ovvero universale e particolare per usare i termini del lessico teologico e canonico tradizionale –, sfuggendo al particolarismo e all’omogeneizzazione. A questo riguardo, rappresentano un fattore di successo la tappa continentale e le relative Assemblee, che hanno avviato un dinamismo di dialogo a un livello in cui le diversità, pur notevoli, non sono estreme. L’IL2 propone di continuare a investire sul livello continentale, andando peraltro incontro al desiderio diffuso di coloro che vi sono stati coinvolti. Questa esperienza evidenzia l’importanza dei livelli intermedi e di quelle istituzioni che realizzano forme di mediazione parziale tra posizioni e interessi, incaricandosi di trasferirne il risultato a un livello più alto. L’enfasi sulla disintermediazione tipica del nostro tempo ci ha probabilmente privati di camere di compensazione, senza le quali gestire le differenze e i conflitti diventa più complicato.

Infine, non può essere trascurata l’importanza del metodo che si è via via costruito come caratteristica del processo sinodale e che è alla base del raggiungimento dei risultati appena ricordati. Questo metodo si basa sulla conversazione nello Spirito, adattata ai diversi contesti in cui è stata impiegata: un incontro in una parrocchia o in una comunità di base non funziona allo stesso modo di un Gruppo di lavoro dell’Assemblea sinodale. In sintesi, attraverso la presa di parola di ciascuno e l’ascolto profondo di tutti gli altri, questo metodo promuove un graduale passaggio dall’io al noi, che si apre all’ascolto della voce dello Spirito e consente a ciascuno di riconoscersi nel risultato comune, anche senza che esso coincida completamente con le proprie posizioni, favorendo la formazione di un consenso inclusivo al di là della dialettica tra maggioranza e minoranza. In una Chiesa sinodale, questo metodo diventa pian piano uno stile e può rappresentare una fonte di ispirazione in altri ambiti, in cui pure siamo alla ricerca dei tratti distintivi di uno stile autenticamente democratico o partecipativo. Ricorrere a una votazione non basta. Non si può certo immaginare che basti travasare il processo sinodale in altri ambiti, bisogna piuttosto lavorare con creatività e in modo analogico. La recente esperienza della Settimana sociale dei cattolici in Italia, svoltasi a Trieste nel luglio 2024, può essere considerata un primo tentativo in questa direzione, all’interno di un ambito ancora decisamente ecclesiale, ma confrontandosi con questioni quali la democrazia e la partecipazione, che certo non riguardano solo la Chiesa.

La rassegna dei risultati già raggiunti, per quanto perfettibili, ci permette di guardare con fiducia allo svolgimento della Seconda sessione dell’Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi. Continuando ad applicare il metodo finora seguito, con gli opportuni adattamenti, saprà rilanciare degli stimoli che al momento non possiamo prevedere, ma che consentiranno alle Chiese locali di continuare a camminare insieme, con creatività e in quella speranza che il Giubileo 2025 invita a celebrare e rafforzare. Continuare a sperimentare che l’unità nella diversità non solo è possibile, ma è fonte di gioia e di energia, così come è stato finora, costituirà un’ispirazione dentro e fuori la Chiesa. Per questo ciò che accadrà all’Assemblea sinodale di ottobre 2024 interessa e interpella tutti, non solo coloro che ogni giorno varcheranno la soglia dell’Aula Paolo VI.

 

Note

 

1 Segreteria generale del Sinodo, Verso ottobre 2024, 11 dicembre 2023, in <www.synod.va>.

2 Benedetto XVI, lettera enciclica Caritas in veritate, 2009, n. 53.

3 Giovanni Paolo II, lettera enciclica Redemptor hominis, 1979, n. 14.

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