Da gennaio a giugno 2023 si è svolta la prima edizione di I Care
Lab, la proposta di formazione sociopolitica coordinata da
Aggiornamenti
Sociali a cui hanno aderito trenta giovani tra i 21 e
i 35 anni, appassionati, interessati o semplicemente curiosi di capire un
po’ più a fondo “la cosa pubblica”, provenienti da Lombardia, Liguria e
Toscana. I Care Lab non è una scuola ma un laboratorio, che ha tratto
la sua ispirazione da figure come don Lorenzo Milani (1923-1967), il
priore di Barbiana di cui quest’anno ricorre il centenario della nascita, e
Giorgio La Pira (1904-1977), padre costituente e storico sindaco di Firenze.
Il suo nome richiama esplicitamente l’“I care” (mi interessa,
mi sta a cuore) che don Milani ha trasmesso ai ragazzi di Barbiana,
in netta contrapposizione al “Me ne frego” fascista.
Al “sindaco santo” di Firenze è invece ispirato il sottotitolo del laboratorio – “Chiamato
a essere artigiano di bellezza” – che sottolinea la bellezza di vivere un
impegno politico, un aspetto spesso offuscato dalle fatiche quotidiane, e
di farlo con quella visione “artigianale” evocata da papa Francesco nella
Fratelli tutti per la costruzione della pace e dell’amicizia sociale (cfr in
particolare nn. 228-232).
Uno sguardo esperienziale
sulla realtà sociale e politica
Giuseppe Riggio SJ – Margherita Scalfi – Cesare Sposetti SJ
Équipe di I Care Lab
Alla formazione di quanti sono impegnati a livello sociale e politico
Aggiornamenti Sociali dedica da sempre grande attenzione, in particolare
proponendo negli ultimi anni percorsi pensati specialmente per i
giovani come quello di I Care Lab nel 2023, che prende le mosse da un’esperienza
internazionale. Dal 2006 Aggiornamenti Sociali, insieme ad altri
centri di studio e azione sociale dei gesuiti europei, organizza infatti “Venice
Faith and Politics”, una summer school di una settimana che si svolge a
Venezia in agosto ogni due anni, aperta a giovani provenienti da tutta Europa
che vogliono approfondire il tema della partecipazione come cristiani
alla vita pubblica. Visto il successo di questa iniziativa e considerandone
collaudati l’approccio e la metodologia, si è riflettuto sull’opportunità di
trasporla con i necessari adattamenti nel contesto italiano. Da qui nasce
l’idea di I Care Lab: un percorso in sei incontri a cadenza mensile, svolti in
diversi luoghi della Città metropolitana di Milano, ciascuno rappresentativo
di una modalità di impegno sociale
e politico.
Volutamente nella fase organizzativa
di questa proposta si è evitato di usare
il termine “scuola”, optando invece
per quello più ampio di “cammino” e
di “laboratorio” di formazione politica.
I Care Lab infatti non si limita a essere
un ciclo di conferenze o lezioni
frontali su alcuni temi, ma intende
partire dal modo di intendere e vivere
l’impegno sociale e politico, o per
lo meno dal desiderio di coinvolgersi
di più in esso. Ognuno di loro, all’inizio del percorso, viene quindi invitato a esprimere il proprio vissuto in una
lettera di presentazione che diventa il punto di partenza di un cammino
che si snoda attraverso incontri con testimoni, momenti di condivisione
e scambio fra i partecipanti stessi, che portano la ricchezza delle loro
diverse provenienze di studi, di professione e di impegno sociale e politico,
di input da parte del team organizzatore e attività laboratoriali, come
giochi e simulazioni.
Il percorso segue una traiettoria tematica ben precisa (cfr pdf, riquadro
alle pp. 632-633). Il lavoro sulle motivazioni personali compiuto all’inizio
permette di approfondire in modo più consapevole sia le difficoltà a cui si
va incontro sia le risorse su cui si può fare affidamento. L’espressione “le
forze cieche” della politica riassume in particolare le difficoltà: sono quelle
dinamiche di cui il più delle volte si diviene consapevoli solo una volta che
si è iniziato un impegno nella sfera pubblica, che sono fonte di domande e
tensioni riguardo ad esempio alla ricerca del bene e ai compromessi a cui
scendere, alla frustrazione di fronte alle battute d’arresto, ai tempi lunghi
dei processi politici. Sul fronte delle risorse, la proposta è di individuare
anzitutto le “comunità generative”, quelle da cui si proviene e quelle in cui
ci si spende, per ampliare poi lo sguardo sulla comunità politica nel suo
complesso e sulla ricerca “artigianale” del bene comune. L’esperienza si
conclude incontrando alcuni testimoni, per dare concretezza e fare sintesi
del percorso, che si conclude con la riscrittura della lettera di presentazione
iniziale, integrandola con le nuove intuizioni e le proposte di impegno per
il futuro.
In “filigrana”, per così dire, si possono riconoscere in questa metodologia
i passi fondamentali proposti dal paradigma pedagogico
ispirato alla spiritualità di sant’Ignazio di Loyola: si parte sempre da
una esperienza (personale o vissuta tramite il racconto di testimoni), su
cui successivamente si riflette e che viene rielaborata personalmente
e in gruppo, per poi dare origine a forme di azione e intervento in uno specifico contesto. Parte importante del percorso sono anche gli input sulle
regole del discernimento tratte dagli Esercizi spirituali di Sant’Ignazio,
rilette alla luce dell’impegno sociopolitico, mettendone in evidenza la capacità
di orientare una persona quando si tratta di prendere decisioni non
solo personali, ma che riguardano il bene di un’intera comunità. La spiritualità
ignaziana permea anche l’ascolto attivo e “benevolo” richiesto
ai partecipanti, anzitutto nel dialogo con gli altri, coltivando la capacità
di “salvare” piuttosto che condannare le affermazioni altrui, secondo il
cosiddetto «Praesupponendum» contenuto al n. 22 degli Esercizi spirituali:
«Per maggiore aiuto e vantaggio, sia di chi propone sia di chi fa gli esercizi
spirituali, è da presupporre che un buon cristiano deve essere propenso a
difendere piuttosto che a condannare l’affermazione di un altro». Si tratta
di uno sguardo che i partecipanti sono chiamati anche a sviluppare su sé
stessi e sulla propria storia, e, in definitiva, su ogni contesto in cui si sentono
chiamati a vivere e operare.
Al di là della trasmissione di contenuti o competenze tecniche, il contributo
più rilevante che I Care Lab può offrire è dunque quello di aiutare
i giovani ad avere una consapevolezza più fondata e matura di
se stessi nel momento in cui si impegnano a livello sociale e politico:
le motivazioni che li animano, le competenze di cui dispongono e quelle
che possono acquisire, i limiti oltre i quali non è possibile spingersi. Oltre
a questo aspetto I Care Lab si propone un ulteriore obiettivo: far crescere
nei partecipanti la capacità di confrontarsi con la complessità della
realtà in cui vivono e operano, di essere attenti ai singoli episodi senza
perdere di vista il quadro sociopolitico più ampio in cui si inseriscono, di
assumere anche lo sguardo delle realtà più lontane da noi, di riconoscere
quelle che sono le forze positive e generative all’interno di un territorio
e di una comunità, per poter collaborare con esse nello svolgimento del
proprio servizio.
“Artigiani di bellezza” nella città
Ilaria Ravasi
Assessore all’Istruzione e all’educazione del Comune di Calco
Non so nulla di politica e non me ne occupo, ma mi piacerebbe
capire qualcosa in più». Così si sono presentati alcuni dei partecipanti
al primo incontro di I Care Lab, mentre altri, già attivi nella politica
o nell’associazionismo, come nel mio caso, raccontavano quando e perché
avevano scelto di prendere un impegno di questo tipo. Con questo scambio
sulle proprie motivazioni e attese ha avuto inizio la proposta di formazione
sociopolitica organizzata da Aggiornamenti Sociali. Fin dall’inizio del percorso,
dal primo giro di presentazione in cui come partecipanti abbiamo avuto
modo di raccontare le nostre storie ed esperienze, le speranze e le ragioni del
nostro interesse per l’impegno sociale e politico, si sono rivelate la ricchezza
e la varietà dei modi in cui abitiamo la società, i tanti fronti su cui ci spendiamo,
riconoscendo di fatto una comune ispirazione, al di là del servizio
che svolgiamo. Tre parole in particolare sono per me segno di ciò che
caratterizza l’impegno civile o sociale e possono aiutare a cogliere la
profondità del percorso proposto: testimoni, luoghi e giovani.
Le voci dei testimoni
I testimoni sono stati il centro del nostro percorso: grazie alle loro esperienze
di vita, hanno dato forma e consistenza a temi apparentemente più
teorici, come quelli del bene comune e delle nostre “comunità generative”.
Abbiamo incontrato persone di età differenti, impegnate in diversi ambiti
politici o sociali (cfr pdf, riquadro alle pp. 634-635). Il confronto con chi vive
un impegno politico e ha ricoperto ruoli amministrativi ha permesso
di mettere a fuoco quelle che sono state chiamate le “forze cieche della
politica”, cioè quelle dinamiche che a prima vista non si colgono ma che esistono e influenzano significativamente la vita politica. È il caso, ad esempio,
dell’improvvisa visibilità con cui deve fare i conti chi diviene amministratore,
che è guardato dai suoi concittadini non più semplicemente come una
persona, ma come il potenziale risolutore di qualsiasi problema.
Un’altra sfida emersa è stata quella del compromesso, innanzi tutto tra la
dimensione ideale che può avere spinto all’impegno politico e la realtà delle
dinamiche non sempre trasparenti del proprio partito, nonché la coesistenza
all’interno dello stesso di posizioni a volte parecchio divergenti. La ricerca di
un compromesso “alto” può poi talvolta portare persino ad approvare proposte
di segno opposto rispetto a quanto affermato in campagna elettorale,
come risultato interlocutorio in vista di successivi e possibilmente migliori
sviluppi. Altre sfide rilevanti sono rappresentate dalla solitudine che si prova
ad abitare per un tempo della propria vita tra i banchi delle istituzioni, e
dalla fatica di dover sempre arrivare a una decisione, anche quando soluzioni
chiare e che mettano d’accordo tutti non si trovano.
È stata molto pertinente in proposito la metafora utilizzata da un amministratore
locale per esprimere la ricerca del bene comune, paragonata
a una barca a vela che va “di bolina”: anche se i venti la trascinano
a destra e sinistra e il percorso prende diverse direzioni, proprio e solo attraverso
questo movimento che consente di risalire il vento si può mantenere
la barra verso la direzione giusta, ovvero verso il fine che ci si è prefissati.
Abbiamo conosciuto anche testimoni impegnati nel campo sociale,
che ci hanno raccontato le esperienze di diverse comunità che intessono relazioni,
generando bene senza fare rumore, e che hanno suscitato una considerazione
profonda: nessuno “si crea” da solo. Le persone che abbiamo
incontrato hanno storie diverse e sono inserite in mondi tra loro distanti,
ma per tutti la scelta di impegno per il bene comune è nata dalla propria
storia personale, e in particolare dall’incontro con testimoni credibili. Le
comunità e le relazioni vissute in prima persona sono state la base solida da
cui ha avuto origine l’impegno di tutti loro.
Diversi luoghi di impegno per confrontarsi tra giovani
La seconda parola chiave del nostro percorso è “luogo”. I Care Lab è
stato infatti un vero e proprio cammino in sei tappe, in luoghi differenti
della città, rappresentativi di diverse modalità di impegno politico e
sociale. Siamo partiti e abbiamo concluso il ciclo di incontri alla comunità
di famiglie di Villapizzone, che da 45 anni è una presenza viva in una
periferia milanese, per passare poi a Palazzo Marino, sede del Comune
di Milano, entrando nella sala giunta e nella sala consiliare, cuore della
democrazia cittadina. Vedere con i nostri occhi i luoghi del governo della
metropoli ci ha permesso di comprendere meglio cosa significhino dialogo,
scontro di vedute, compromesso e decisione. L’emiciclo che caratterizza
qualsiasi consiglio comunale parla da sé: si tratta di una forma che per così
dire già invita al dialogo. Sta a chi occupa quegli scranni saper mantenere
vivo il confronto senza scadere nella zuffa tipica di chi si sbraccia per difendere
solo il proprio interesse.
Siamo poi passati in zona San Siro, un quartiere segnato da forti contrasti
e disparità sociali, dove si trova il Mare Culturale Urbano, un’iniziativa
nata dal desiderio di un gruppo di amici di portare il mare a Milano,
dando origine a un luogo di incontro, esteticamente bello, capace anche
per questo di divenire una realtà generativa. Anche la cura per i luoghi che
abitiamo infatti ci racconta uno stile di vita, un modo di approcciarsi alla
città, e qui abbiamo compreso come l’estetica fornisca un enorme contributo
alla generazione di relazioni buone e belle.
Un’altra tappa significativa è stata la Casa della Carità. Fondata nella
periferia di Milano nel 2002 su ispirazione del card. Carlo Maria Martini
e di don Virginio Colmegna, si è proposta fin dalle origini come luogo
in cui si promuovono allo stesso tempo cultura e accoglienza di fragilità
di vario tipo, con l’intento di ridare dignità e bellezza a un quartiere, ma
soprattutto alle persone che vengono accolte come ospiti presso la struttura
o che semplicemente ci passano per un pasto o una doccia. Si tratta di un
luogo che genera bene anche attraverso la cultura, aspetto non scontato per
luoghi di accoglienza, che corrono il rischio di limitarsi a semplici forme di
assistenzialismo nei confronti degli ultimi.
L’aver fatto esperienza di diversi luoghi generativi della città ci ha
permesso di gettare maggiore luce sul concetto di bene comune, che
è difficile definire in astratto, e che richiede invece di essere individuato
e realizzato insieme nella concretezza dei diversi contesti in cui operiamo.
Infine, la terza parola chiave del percorso: giovani. I giovani sono stati
i protagonisti, non i fruitori di I Care Lab. Ci siamo messi in gioco,
abbiamo raccontato le nostre esperienze di comunità, le nostre lotte e il
desiderio di cambiamento rispetto ad alcune tematiche emergenti. Ho sempre
percepito il livello delle condivisioni e del confronto come molto alto,
caratterizzato da spirito critico e di servizio. Credo che la forza di I Care Lab sia stata quella di riuscire ad amalgamare un gruppo di persone poco
omogenee a livello di impegno civile. Questo ha permesso uno scambio
proficuo e fecondo, che ha portato ciascuno dei partecipanti ad apprezzare
i mille modi di dire e di mettere in pratica quel “Mi sta a cuore” nelle nostre
città, nel nostro quartiere, nelle nostre associazioni, ecc.
Punto e a capo
I Care Lab è stata per me una gradita sorpresa, la cosa giusta al
momento giusto, per così dire. La bellezza del cammino ha fatto scoprire
diversi lati di noi partecipanti, ha messo in luce come la città possa essere
abitata con stili differenti e ha permesso anche a chi non credeva di fare
nulla per la comunità di capire che persino solo un piccolo servizio significa
attivarsi per il bene comune.
In conclusione, due considerazioni sono emerse con insistenza mentre
riflettevo sulla strada percorsa insieme. La prima: gli spunti sul discernimento
basati sulla spiritualità ignaziana e proposti all’inizio di ogni
incontro ci hanno aiutato a capire come la spiritualità sia questione di
tutti i giorni e non qualcosa di astratto o limitato solo ad alcuni ambiti
della nostra vita. Le riflessioni, con il giusto adeguamento del linguaggio
al nostro tempo, ci hanno fornito spunti interessanti per i singoli incontri,
ma ci hanno anche suggerito un metodo per provare a scegliere il meglio
in ogni situazione in cui potremmo venire a trovarci nel quotidiano. La
seconda: mi ha stupito, in particolare, la differente visione del mondo
tra chi proviene da una storia politica e amministrativa – dalla rappresentanza
studentesca alla tessera di partito, sino a essere membro di
un consiglio comunale o di una giunta –, rispetto a chi proviene dal
mondo associativo (scout, parrocchia, associazioni, ecc.). L’attenzione non
si concentra subito sugli stessi elementi, l’insieme che viene preso in considerazione
non è lo stesso, le domande che nascono e la ricerca di risposte
seguono percorsi diversi e complementari.
La proposta ha avuto l’ambizione di avviare processi generativi nei
confronti delle realtà in cui viviamo. Ci siamo infatti lasciati non solo
con il desiderio di mantenere vive e di approfondire le relazioni con i compagni
di viaggio, ma anche di progettare e attivare insieme nuovi cammini
di impegno sociale e politico. Si tratta di una sfida che ho trovato ancora
più interessante e coraggiosa in un tempo, come quello attuale, di diffuso
disinteresse verso la politica, specialmente da parte dei giovani. Questo
cammino svolto insieme ci ha resi un po’ di più “artigiani della bellezza”
del vivere insieme, capaci di approfondire, esplorare e dunque abitare in
piena consapevolezza le nostre città e i nostri contesti vitali, cercando nuove
strade per trovare e realizzare insieme il bene comune.