Elezioni indonesiane: l’inaspettato voto cattolico

Lo scorso 14 febbraio 2024 in Indonesia più di 200 milioni di elettori sono stati chiamati alle urne per eleggere il Presidente del Paese e i membri dell’Assemblea consultiva del popolo (il Parlamento indonesiano), insieme a svariate altre assemblee legislative locali. La vittoria di Prabowo Subianto sugli altri due contendenti, già evidente dai primi dati, è stata confermata dal conteggio ufficiale del 20 marzo, che gli ha accreditato il 58,6% dei voti totali, rendendo così inutile il ballottaggio previsto dalla legge indonesiana in caso del mancato raggiungimento della soglia del 50% più uno e del 20% almeno delle preferenze in almeno venti province al primo turno. Lo scorso 22 aprile la Corte costituzionale indonesiana ha definitivamente respinto le accuse di brogli elettorali, accompagnate da accese polemiche politiche e da manifestazioni di piazza, e due giorni dopo la Commissione elettorale nazionale ha dichiarato ufficialmente Prabowo presidente dell’Indonesia per il mandato 2024-2029.

Nonostante il suo pesante coinvolgimento nel precedente regime autoritario del presidente Suharto (in carica dal 1966 al 1998), il Presidente eletto è riuscito a raccogliere un consenso smisuratamente ampio e trasversale fra i diversi gruppi etnici e religiosi che compongono il Paese. Anche la minoranza cattolica sembra non aver fatto eccezione, nonostante il tentativo di molti suoi pastori di contrastare tale candidatura. Tale vittoria dunque non solo solleva dubbi rilevanti sul futuro della democrazia indonesiana, ma interroga anche sul ruolo che la Chiesa cattolica potrà giocare da ora in poi nell’accompagnare i propri fedeli nel discernimento sociopolitico in un contesto in veloce mutamento. [continua]

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