Dalla formazione all’advocacy: un impegno integrale per i “minerali etici”

Fascicolo: ottobre 2019

Che cosa possiamo fare per le vittime delle violenze nelle comunità di minatori dislocate in zone di conflitto o ad alto rischio? Secondo il paradigma di giustizia sociale dell’enciclica Populorum progressio del 1967 di Paolo VI è possibile individuare due priorità. Da un lato, occorre creare le condizioni di base per lo sviluppo umano integrale: garantire l’accesso alla salute, all’istruzione e a ogni altra dimensione materiale indispensabile, ma anche prendersi cura delle dimensioni simboliche e relazionali, cioè dei legami spirituali e affettivi delle comunità colpite dalla violenza. D’altro lato, la promozione dello sviluppo umano integrale è correlata alla lotta per la giustizia sociale. Se la prima rimanda alla solidarietà fra i popoli, la seconda chiede di superare un approccio paternalistico e di trasformare, per mezzo di azioni collettive, le strutture che producono e riproducono situazioni di ingiustizia. Nel caso della Repubblica Democratica del Congo (RDC), uno dei Paesi al mondo in cui la questione è di drammatica attualità soprattutto per lo sfruttamento dei minerali necessari per la produzione di computer e smartphone, questo approccio dovrebbe coniugare piani di aiuto umanitario e strategie di advocacy per creare consapevolezza e, in ultima analisi, per introdurre una nuova normativa degli scambi che spezzi il circolo vizioso fra commercio e criminalità organizzata.

Strategie di questo tipo dovrebbero contribuire a mitigare il problema del “sottosviluppo”, così come è stato posto nei dibattiti accademici degli anni ’60 e ’70, quando le Organizzazioni non governative (ONG) di ispirazione religiosa hanno iniziato ad associare l’advocacy sociopolitica alle azioni umanitarie. Nel XXI secolo i “segni dei tempi” sono cambiati: non riguardano il sottosviluppo dei Paesi poveri ma le dinamiche globali del capitalismo e le loro conseguenze, quali l’incremento della diseguaglianza economica, il cambiamento climatico, il degrado ambientale. Come ha affermato papa Francesco nell’enciclica Laudato si’ (LS), le radici della crisi sociale ed ecologica sono culturali e segnalano il carattere insostenibile dei nostri stili di vita. Se leggiamo il problema dei conflict minerals in RDC nella prospettiva della Laudato si’, la ricerca della giustizia sociale deve concentrarsi non solo sulle violazioni dei diritti umani, sulla mancanza di trasparenza delle catene di approvvigionamento e sull’impatto ambientale delle estrazioni, ma anche sui fattori che determinano la domanda dei minerali in questione. Emerge così il ruolo della “cultura dello scarto” (LS, nn. 20-22) promossa dalle industrie dell’elettronica, insieme alla nostra responsabilità in quanto consumatori.

 

La campagna Conflict-Free Technology

Un esempio per valutare le ripercussioni degli approcci proposti dalle due encicliche è la campagna Conflict-Free Technology, rivolta alle istituzioni dell’Unione Europea e promossa dalla ONG Alboan per richiamare l’attenzione sulle connessioni tra il conflitto nella parte orientale della RDC e l’attività mineraria. La campagna si batte per una conversione a trecentosessanta gradi, che coinvolge più livelli: istituzioni, società, individui. Il suo messaggio non vuole incoraggiare la tecnofobia; al contrario, intende avviare un dibattito pubblico sui modelli di consumo dei dispositivi elettronici. Le catene globali di approvvigionamento infatti riuniscono diversi attori, pertanto connettono la nostra esperienza di consumatori con quella dei produttori. “Non esistono spettatori innocenti” recita un famoso detto; allo stesso modo, si potrebbe affermare che non ci sono consumatori innocenti. Come ha dichiarato nel 2009 papa Benedetto XVI nell’enciclica Caritas in veritate, «acquistare è sempre un atto morale, oltre che economico. C’è dunque una precisa responsabilità sociale del consumatore, che si accompagna alla responsabilità sociale dell’impresa» (CV, n. 66). Pertanto, secondo la Dottrina sociale della Chiesa (DSC), in un mondo globalizzato noi tutti, in quanto consumatori, abbiamo il dovere morale di cercare quante più informazioni possibili sugli aspetti etici e ambientali di ogni cosa che acquistiamo.

Alboan e altre organizzazioni della società civile impegnate nel commercio equo hanno una lunga strada da percorrere per formare i consumatori e per aumentare la trasparenza delle catene di approvvigionamento dell’industria elettronica. Nonostante le difficoltà, ci sono molte cose che si possono già fare. Negli ultimi quattro anni, la campagna di Alboan ha sviluppato diverse linee di lavoro per promuovere dei cambiamenti a livello istituzionale, sociale e individuale. Ispirandosi all’idea di conversione implicita nella DSC, la tabella che segue riassume l’appello alla mobilitazione fatto da Alboan, che ha come obiettivo generale di interrompere il circolo vizioso fra l’estrazione e il contrabbando dei conflict minerals, le violazioni dei diritti umani nelle zone di guerra e il consumo di dispositivi elettronici.



In primo luogo, a livello istituzionale, la strategia di advocacy politica si è concentrata, finora, sul processo legislativo europeo. L’obiettivo era sensibilizzare i leader politici a livello nazionale ed europeo per approvare una legge sufficientemente forte da rompere il legame fra il commercio illegale dei conflict minerals e le violazioni dei diritti umani nelle zone di conflitto. Il mezzo prescelto è stato promuovere i sistemi di due diligence, ossia l’attività di investigazione e di approfondimento di dati e di informazioni relative all’oggetto di una trattativa, in accordo con le linee guida dell’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), per aumentare la responsabilità delle imprese nell’approvvigionamento di minerali. Questa normativa è stata infine approvata dal Parlamento europeo e dal Consiglio il 19 maggio 2017. Tuttavia, il testo concordato non è stato così forte come si aspettava la coalizione di ONG che aveva seguito l’iter. Il Regolamento (UE) 2017/821 riguarda solo gli importatori diretti dei minerali interessati, cioè circa trecento o quattrocento imprese, per lo più fonditori e raffinatori appartenenti agli Stati membri; invece, lascia le società “a valle”, che importano i manufatti elettronici, libere di decidere se seguire o meno le linee guida dell’OCSE.

Le ONG europee non sono rimaste soddisfatte da questa decisione e molte hanno deciso di rivolgersi maggiormente ai consumatori, per creare nel mercato una richiesta di “tecnologia responsabile”. Nella campagna Conflict-Free Technology questa volontà è stata presente fin dall’inizio, poiché la lunga esperienza di Alboan nel promuovere l’informazione e il commercio equo offriva un’opportunità unica di introdurre il tema del consumo responsabile dei prodotti elettronici presso un pubblico diverso. Così, di fianco all’approccio “dall’alto” implicito nell’advocacy presso le istituzioni europee, la campagna ha incluso anche due strategie “dal basso” volte ad accrescere la consapevolezza presso i cittadini.

A livello sociale, molti dei contenuti elaborati dal team della campagna per mantenere il pubblico informato sul dibattito internazionale sono stati pensati espressamente per le scuole e per programmi di istruzione informale. Lavorare su questo tema con i giovani ha un effetto di moltiplicazione, in quanto raggiunge un pubblico più vasto e promuove il cambiamento sociale sul lungo periodo. La maggior parte dello staff del settore Partecipazione e azione pubblica di Alboan ha esperienza di insegnamento e le necessarie competenze e metodologie per spiegare problemi complessi, come i conflitti ambientali causati dalle estrazioni, in modalità accessibili a diversi tipi di pubblico.

Alboan è una Organizzazione non governativa dei gesuiti fondata nel 1996. La sua sede si trova nei Paesi Baschi, in Spagna, e lavora con diverse organizzazioni civili e movimenti di base presenti in America latina, Africa e India. I progetti svolti si concentrano sui temi della qualità dell’educazione, dello sviluppo sostenibile ed equo, della democrazia inclusiva e dell’aiuto umanitario in situazioni di crisi.

A livello individuale, tramite un approccio “dal basso”, Alboan vuole promuovere la cittadinanza attiva presso i propri sostenitori. Il punto di partenza per questo scopo è suscitare consapevolezza delle nostre responsabilità personali e collettive circa l’impatto sociale e ambientale dei modelli attuali di produzione e consumo dell’elettronica. Per creare alternative al consumismo, Alboan raccoglie e ricicla smartphone usati e sta lavorando alla proposta di dar vita in Spagna a un sistema di approvvigionamento pubblico dei dispositivi elettronici. La Pubblica amministrazione, regionale e locale, è il maggior acquirente di tali prodotti (smartphone, PC, laptop). Milioni di euro vengono spesi ogni anno per rinnovare le apparecchiature. Pertanto, questo nuovo fronte di impegno intende convincere gli enti pubblici a inserire delle clausole etiche e ambientali nei contratti con i fornitori. Cerca inoltre di mettere a disposizione di chiunque gli strumenti necessari per fare advocacy politica nelle proprie comunità, scuole e organizzazioni, tramite, per esempio, raccolte di firme, redazione di linee guida e formazione di volontari.

 

Giustizia sociale e ambientale

L’esame della campagna Conflict-Free Technology è un ottimo esempio di come la DSC si confronta con la realtà sociale attraverso il prisma della fede. In quanto tale, essa evolve attraverso le esperienze storiche che trasformano il nostro mondo. La verità rivelata in Cristo dimora sempre nella Scrittura, ma il Magistero la interpreta per incarnarla in un contesto storico concreto. In origine, la DSC nasce per affrontare la “questione sociale” nell’Europa in via di industrializzazione, oltre un secolo fa. Tuttavia, da allora, l’idea della giustizia sociale e le sue implicazioni in difesa della dignità umana si sono evolute all’interno della DSC. Lo si constata anche nell’arricchimento che si è realizzato nel passaggio dalla Populorum progressio del 1967 alla Laudato si’, che papa Francesco ha dato alle stampe nel 2015. La prima ha conferito alla “questione sociale” una dimensione internazionale, interpretando in termini cristiani la sfida dello sviluppo, da intendersi come sviluppo umano integrale. La seconda affronta la medesima “questione” nel contesto dell’attuale crisi ecologica, introducendo il concetto di sostenibilità all’interno del paradigma dello sviluppo umano integrale. In tale prospettiva, interpretare la giustizia sociale come giustizia ambientale ha implicazioni importanti, non solo sul piano etico e teologico ma anche sul versante pratico. È una chiamata a intendere la solidarietà tra i popoli come qualcosa di più di un legame sociale tra gli esseri umani: essa implica anche il dovere morale prendersi cura della nostra “casa comune”, che è la principale eredità che possiamo lasciare alle generazioni future.

La campagna Conflict-Free Technology integra gli insegnamenti di entrambe le encicliche. Da una parte, promuove lo sviluppo umano integrale nel contesto delle comunità di minatori che praticano l’estrazione non industriale e raccoglie fondi per organizzazioni locali, come il Jesuit Refugee Service, che fanno azione di advocacy a vantaggio dei rifugiati e degli sfollati interni nella regione africana dei Grandi laghi. D’altra parte, affronta le cause di fondo dei conflitti ambientali nel contesto della crisi ecologica le cui radici, come sottolinea papa Francesco, sono culturali. Per questo motivo la campagna di Alboan vuole provocare un cambiamento di mentalità, detto anche “conversione”, sul piano istituzionale, sociale e personale.

Nel corso degli anni, il modo di concepire il cambiamento a questi tre livelli si è evoluto e si evolverà ancora, per adattare alle realtà emergenti il modo in cui la campagna racconta il presente. Al momento della pubblicazione di Laudato si’, tutto era ancora agli inizi e Alboan, in quanto ONG dei gesuiti, ha iniziato un processo di riflessione collettiva, che è stato il primo passo della conversione ecologica dell’organizzazione stessa. È davvero un percorso lungo e pieno di sfide e coinvolge molti aspetti della vita della ONG, oltre alla campagna Conflict-Free Technology. Ma ci sono buone ragioni nella Laudato si’ per proseguire il cammino intrapreso da papa Francesco, come egli afferma nella stessa enciclica: «Camminiamo cantando! Che le nostre lotte e la nostra preoccupazione per questo pianeta non ci tolgano la gioia della speranza» (LS, n. 244).

 

Risorse

Testi magisteriali

PP = Paolo VI, enciclica Populorum progressio, 1967.

LS = papa Francesco, enciclica Laudato si’ sulla cura della casa comune, 2015.

CV = Benedetto XVI, enciclica Caritas in veritate, 2009.

Bibliografia

OCSE (2013), OECD Due Diligence Guidelines for Responsible Supply Chains of Minerals from Conflict-Affected and High-Risk Areas, OECD Publishing.

Unione Europea (2017), Regolamento (UE) 2017/821 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 12 maggio 2017 che stabilisce obblighi in materia di dovere di diligenza nella catena di approvvigionamento per gli importatori dell’Unione di stagno, tantalio e tungsteno, dei loro minerali, e di oro, originari di zone di conflitto o ad alto rischio, in <https://eur-lex.europa.eu>.

Versione ridotta dall’originale inglese «Social Justice as Environmental Justice. An interpretation of the Social Teaching of the Church from the practices», in Revista de Fomento Social, 2 (2018) 305-323. Traduzione di Mauro Bossi SJ.

7 ottobre 2019
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