ArticoloEtica sociale

COVID-19 e vaccini: ripensare la salute globale

Fascicolo: marzo 2021

La pandemia sta mettendo a nudo la fragilità dei nostri sistemi di governance in un campo cruciale come quello della salute, rivelando un tragico scollamento tra le affermazioni di principio di molti leader e quanto effettivamente accade sullo scenario internazionale. Il preambolo della Costituzione dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), ad esempio, definisce la salute come uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non semplicemente come assenza di malattia. Chiarisce inoltre che la fruizione del migliore stato di salute possibile è un diritto fondamentale di ogni essere umano, senza distinzione di razza, religione, credo politico e condizioni economiche e sociali. Anche la Dichiarazione universale dei diritti umani, del 1948, indica la salute come una componente essenziale del diritto a uno standard di vita appropriato. Sin dal dopoguerra, tutti gli Stati hanno ratificato almeno un trattato internazionale che riconosce la salute come un diritto, come ribadito in più occasioni dall’OMS e dalla Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite.

 

Tuttavia, perché il diritto alla salute si traduca in realtà, è necessario garantire a tutti cure mediche tempestive e adeguate, eliminando le possibili barriere all’accesso a strumenti preventivi, diagnostici e terapeutici essenziali (Hogerzeil 2006). Già nel 1975, l’allora direttore generale dell’OMS Halfdan Mahler sostenne l’urgente necessità di assicurare che i farmaci più essenziali fossero disponibili a un prezzo ragionevole, aprendo così un dibattito sulla relazione fra salute e mercato che dura ancora oggi (Ravinetto 2018). In continuità con queste riflessioni, gli Obiettivi per lo sviluppo sostenibile propongono il raggiungimento, entro il 2030, della copertura sanitaria universale 1, che passa per l’accesso a farmaci e vaccini essenziali, di qualità adeguata e a prezzi accessibili. Purtroppo la pandemia complicherà ulteriormente il conseguimento di questo obiettivo, esasperando dinamiche già in atto. Secondo l’attuale direttore generale dell’OMS, l’etiope Tedros Adhanom Ghebreyesus (2021a), «il mondo è sull’orlo di un catastrofico fallimento morale, il cui prezzo sarà pagato con la vita, o la possibilità di sopravvivere, nei Paesi più poveri».

 

La ricerca sui vaccini contro la COVID-19

Le malattie infettive non sono mai scomparse. La tubercolosi, ad esempio, da sola è responsabile ogni anno di circa un milione e 400mila decessi. Ma queste patologie sono prevalenti nei Paesi poveri, con sistemi sanitari fragili, mentre i Paesi ad alto reddito da tempo non si consideravano più esposti a questo rischio. Nel bestseller Homo Deus, pubblicato nel 2015, lo storico israeliano Harari osservava che la minaccia di un’epidemia globale era scomparsa dall’immaginario collettivo del mondo contemporaneo. Invece, con le dovute differenze rispetto alla peste di manzoniana memoria, la COVID-19 da più di un anno tiene in scacco la comunità internazionale, con più di 103 milioni di casi e 2 milioni di morti. Alla sua comparsa, l’elevata prevalenza nei Paesi ricchi, l’alto tasso di contagiosità e l’assoluta mancanza di strumenti preventivi e terapeutici hanno rapidamente posizionato la COVID-19 al vertice delle priorità della comunità scientifica, stimolando una straordinaria attività di ricerca e sviluppo [continua]

 

 

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