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Riscoprire la fiducia oltre gli influencer

Fascicolo: febbraio 2024

Gli influencer sono abituati a vivere sotto i riflettori e a far parlare di sé attraverso i contenuti che condividono sui canali social, ma nelle ultime settimane in Italia sono stati al centro dell’attenzione generale per ragioni diverse dal solito. A dicembre 2023, Chiara Ferragni, la più nota influencer italiana, è stata multata insieme alla Balocco dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato per una pratica commerciale scorretta (una pubblicità poco chiara per la promozione di un pandoro per beneficenza), finendo al centro di infiammate polemiche, anche a livello politico, e di un’indagine giudiziaria per truffa aggravata. Poche settimane dopo, a conclusione di una consultazione avviata nel luglio precedente, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha approvato un documento che prevede l’equiparazione degli influencer più seguiti alle televisioni e alle radio, sottoponendoli così al rispetto del Testo unico sui servizi di media audiovisivi per quanto riguarda, ad esempio, le disposizioni in materia di comunicazioni commerciali o la tutela dei diritti fondamentali della persona e dei minori.

Queste vicende di tenore diverso segnalano sia il rilievo sociale acquisito dagli influencer, sia la difficoltà di inquadrare da un punto di vista giuridico queste nuove figure professionali. A livello normativo, in alcuni Paesi europei sono state già approvate leggi apposite, concentrandosi sugli aspetti commerciali e pubblicitari. Si tratta di interventi importanti, ma insufficienti se non sono accompagnati dalla riflessione su alcune domande di fondo, che non possono essere eluse se non si vuole scivolare in una visione parziale tanto del fenomeno degli influencer, quanto della comprensione che abbiamo del tempo che stiamo vivendo. Per questo è sensato chiederci: a quale bisogno sociale rispondono queste figure? E in che modo lo fanno?

Chi sono gli influencer?

La parola influencer racchiude in sé un mondo ampio e composito, in cui coesistono modi molto diversi di intendere e declinare questo ruolo. Si coglie questo aspetto se si considera che gli stessi influencer usano vari termini per descrivere ciò che fanno – content creator, youtuber, instagrammer, tiktoker, vlogger, streamer, ecc. – in base al tipo di piattaforma digitale che privilegiano per comunicare. Tra loro possono esserci atleti, artisti, uomini o donne di affari di fama internazionale, ma anche persone comuni, che al crescere del proprio numero di follower sui social hanno acquisito progressivamente una certa popolarità. Gli uni e gli altri possono raccontare episodi della loro quotidianità, condividere le proprie passioni o le battaglie in cui credono, oppure dare consigli e rispondere a domande su questioni di cui sono competenti (o sono ritenuti tali). A questo proposito sono davvero numerosi i profili professionali che trovano spazio e raccolgono largo seguito: cuochi, gamer, esperti di moda, docenti di una lingua straniera, guru del marketing e molti altri. In tanti casi non c’è una netta separazione tra la vita personale e quella professionale, che vengono egualmente condivise sulla Rete, anche se con forme e tempi distinti.

Nonostante questa grande eterogeneità, vi sono alcuni elementi che ricorrono e che danno unità al profilo dell’influencer. Innanzi tutto, sono persone che creano e producono contenuti (cioè post con testi, foto, audio, video) in modo continuativo e con una coerenza interna sul piano narrativo, per diffonderli attraverso le varie piattaforme. In questo modo, raggiungono senza mediazioni quanti li seguono, attraverso un canale di comunicazione che viene percepito come diretto e non unidirezionale, creando così una community online che fa sentire i follower legati tra di loro e non solo all’influencer. Lo fanno a partire da una duplice competenza: innanzi tutto, quella legata al loro ambito professionale, frutto di un lavoro precedente di studio e di un continuo aggiornamento; in seconda battuta quella comunicativa, perché sono in grado di individuare e utilizzare i linguaggi più adatti per raggiungere le persone interessate. Pur non essendo sempre così chiaro, dietro il successo di un influencer vi è molto lavoro per costruirsi una professionalità che riguarda tanto i contenuti affrontati quanto la padronanza delle tecniche comunicative.

È grazie a questa professionalità che l’influencer è percepito come una figura interessante da seguire, credibile per quello che propone, in alcuni casi anche autorevole su altri argomenti: una persona insomma di cui potersi fidare quando esprime un giudizio su un prodotto o un consiglio su una pratica da adottare, la cui opinione è ascoltata e capace di orientare. In questo modo, lentamente, gli influencer diventano persone in grado di influire, appunto, sulle scelte di altri, divenendo in questo senso figure di riferimento.

Quali bisogni intercettano?

In quanto persone ritenute competenti e percepite come vicine, nelle quali si ripone fiducia, gli influencer possono rispondere a una pluralità di istanze, in base alle aspettative che abitano i loro follower. Ne evidenziamo tre, che rivestono un rilievo particolare.

Su un piano più funzionale, si segue un influencer perché lo si ritiene il canale attraverso cui acquisire una nuova competenza o approfondire qualcosa che già si conosce. A spingere in questa direzione vi può essere una motivazione legata alla sfera professionale o il desiderio di coltivare un hobby. A ogni modo, il messaggio che implicitamente è alla base di questo genere di contenuti è che chiunque può imparare quanto presentato, chiunque può farlo proprio e replicarlo, eventualmente anche esplorando ulteriori vie.

A un diverso livello, per alcuni follower i contenuti diffusi dagli influencer offrono l’occasione per una momentanea fuga dalla propria realtà, dalle incombenze quotidiane e dalle preoccupazioni. Questo aspetto, molto forte nel periodo della pandemia, è sintomatico di una fatica, di un’insoddisfazione, di una stasi, che per mancanza reale o apparente di alternative concrete, oppure per ragioni legate alla storia e alla personalità di chi è coinvolto, non trova altro sbocco che nel proiettarsi, alle volte giungendo fino alla mimesi, in un mondo che non gli appartiene e che affascina grazie ai suoi contenuti patinati, in apparenza privi di crisi (o dove i problemi sono brillantemente risolti).

In altri casi, gli influencer diventano figure vicine e familiari per i follower, sono considerati amici con cui si interagisce attraverso i like e i commenti, amici che, condividendo video e frasi, aprono le loro case, allargano, almeno apparentemente, la cerchia delle persone vicine e permettono ad altri di prendere parte alla loro vita, di sentirsi talora anche importanti.

Le tre istanze descritte riprendono bisogni essenziali nell’esistenza di ogni persona: percepire fiducia nei propri confronti («Puoi imparare una cosa nuova. Puoi riuscirci»), avere una rete di sostegno per far fronte alle situazioni problematiche, essere in relazione con altri in modo autentico e pieno. A queste forti istanze ogni influencer offre le sue risposte, andando a svolgere una funzione di punto di riferimento, tramutandosi in inedito leader della nostra società. Questo si realizza anche su temi di dibattitto pubblico, dietro una implicita richiesta dei follower: «Se sono parte della tua comunità di seguaci, del tuo pubblico, mi aspetto che tu usi la visibilità che hai anche per dire cosa non va nel mondo, proporre un’agenda, schierarti» (Pregliasco L., «Che cos’è la politica Netflix», in Will Media, Politica Netflix. Chi detta l’agenda nell’era social, p. 18). Così facendo, le soluzioni prospettate dagli influencer finiscono per sostituirsi – in particolare presso i giovani – alle risposte, non sempre (ritenute) sufficienti o adeguate, di altre istituzioni: lo Stato innanzi tutto, ma anche la famiglia, la scuola, la Chiesa, il mondo dell’associazionismo, che tradizionalmente hanno svolto il compito di farsi carico di questi bisogni sociali. Tuttavia il contributo degli influencer, per quanto possa essere significativo, non basta.

Un cambio di marcia possibile

Le istanze che abbiamo individuato in precedenza sono accomunate da una dimensione forte che è rimasta sottotraccia: ricevere fiducia, trovare una rete di supporto, godere di una sana socialità non sono traguardi che è possibile raggiungere individualmente, ma richiedono l’esistenza di una comunità, l’interazione sociale con un gruppo da cui si riceve ciò di cui si ha bisogno e in cui si può dare il proprio contributo. Ma una comunità di questo tipo non può certo essere solo virtuale, come quelle che si formano intorno agli influencer più popolari. Non può evitare la sfida di pensare nel suo insieme la complessità del nostro mondo, le tante interconnessioni che esistono e le contraddizioni che inevitabilmente si pongono, anche a costo di sacrificare l’immediatezza della comunicazione. Non può avere un’agenda politica e un campo di azione concentrati solo su alcuni temi o su alcune battaglie valoriali, che rientrano soprattutto nella sfera dei diritti individuali, come accade nella maggior parte dei casi in cui gli influencer si schierano a favore o contro qualche istanza del dibattito pubblico. Non può nemmeno ignorare l’esistenza di interessi diversi e talvolta confliggenti tra loro, che richiedono il lento lavoro della mediazione e della composizione per costruire un bene comune, sottraendosi alla paura del confronto anche acceso e alla tentazione di ritirarsi nella ricerca di un benessere minuto, sonnambuli di fronte ai problemi della società, per riprendere un’immagine forte usata nel Rapporto Censis del 2023.

Come costruire una comunità all’altezza di questo compito? Guardare all’esperienza degli influencer, pur riconoscendone gli aspetti parziali e ambigui che presenta, ci offre uno spunto determinante: investire sulla fiducia. Lasciando per un momento da parte il discorso legato alle competenze professionali, la fiducia di cui gli influencer godono è alimentata dalla loro capacità di istaurare con i follower un legame fondato su un messaggio di stima nei loro confronti. In altre parole, riescono a trasmettere ai follower la convinzione che anche loro sono in grado di tagliare i traguardi a cui tengono. Questo capitale di stima è il patrimonio più grande e più fragile degli influencer, può venir meno rapidamente per scelte sbagliate o per il cambiamento delle mode e non è privo di ambiguità, dato che coinvolge anche la sfera degli interessi economici. Tuttavia è il fattore chiave del loro successo, ed è una lezione da tenere presente.

Ci ha richiamato con forza a questo cambio di atteggiamento il presidente Mattarella in un suo recente discorso. Commentando l’intervento di uno studente in occasione della visita all’Università degli studi del Piemonte orientale, il Presidente della Repubblica ha decisamente ribaltato un luogo comune molto diffuso: «La generazione Z è vista disorientata, anzi come estraniata dalla realtà, come quasi inerte, come rinunciataria. Sinceramente non so da dove possano uscire queste valutazioni così difformi dalla realtà, così gravemente sbagliate, sulla nostra giovane generazione. Personalmente penso – costantemente trovandone conferma – che questa sia un motivo di speranza per il nostro Paese. E sono anche convinto che il disorientamento che realmente, talvolta, affiora, sia responsabilità di noi adulti» (Vercelli, 16 gennaio 2024).

Nel nostro Paese i messaggi di fiducia in grado di liberare la creatività e le energie dei giovani, delle donne, delle persone con disabilità e vulnerabili, degli anziani, di tutti noi cittadini comuni sono molto flebili. Prevalgono piuttosto tante altre voci che si focalizzano esclusivamente sugli aspetti negativi, basandosi su una lettura monca della realtà, con uno sguardo profondamente pessimista su ciò che l’essere umano è capace di realizzare. Ne restano indebolite le singole persone, rinchiuse anche in modo inconsapevole in un orizzonte ristretto, e la comunità nel suo insieme, privata dell’apporto che ciascuno potrebbe dare alla sua costruzione.

Si contrappongono a questo atteggiamento le parole pronunciate dal presidente Mattarella: con la sua autorevolezza ha sgombrato il campo da letture della realtà che ingabbiano e demoralizzano, senza dire ai giovani che cosa dovrebbero fare, ma esprimendo una fiducia di fondo che va al di là dei progetti realizzati o in cantiere, degli eventuali successi o fallimenti. Se questo sguardo sugli altri diviene un patrimonio condiviso da quanti rivestono un ruolo di leadership nella politica, all’interno delle scuole, nei luoghi di lavoro o nelle famiglie, allora diventa concreto e possibile un cambio di marcia che attendiamo e speriamo. La via è quella di tornare a credere e investire nella fiducia come volano delle risorse individuali e fondamento di legami solidi, per dare nuovamente credito a noi stessi e agli altri, alle idee, battaglie, visioni per il futuro a cui insieme si dà vita.

 

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