ArticoloEtica sociale

Politiche vaccinali: un approccio “gentile”

Fascicolo: marzo 2022

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Come ben sappiamo, la pandemia ha posto al centro dell’agenda politica la gestione dell’emergenza sanitaria e, per quanto riguarda i Paesi come il nostro che ne dispongono, la preservazione di un servizio sanitario nazionale che possa dare risposte adeguate a tutti i pazienti, malati di COVID-19 e non, durante e oltre la pandemia. Fin dall’inizio è emerso come il potenziamento del servizio sanitario dovesse essere accompagnato da misure di contenimento del contagio, in un non semplice equilibrio tra contrapposti interessi e con l’attenzione costante a evitare pregiudizi irreparabili per la coesistenza sociale nel complesso.

 

Nella prima fase della pandemia (primavera 2020) la questione ha riguardato sostanzialmente le misure adeguate di lockdown e di limitazione degli spostamenti, nonché la necessità di misure compensative delle perdite economiche e di capacità lavorativa (i cosiddetti ristori); da quando, poi, tra la fine del 2020 e la primavera 2021, in tempi più brevi del previsto, vi è stata la disponibilità dei vaccini, è divenuto strategico individuare le politiche vaccinali più adeguate. Inizialmente, l’attenzione nel nostro Paese si è concentrata sull’approvvigionamento interno di vaccini e sull’organizzazione logistica della somministrazione, nel necessario raccordo di competenze tra Stato e Regioni. Per quanto riguarda la priorità all’accesso, nonostante qualche polemica e incongruenza, ha prevalso l’idea che il criterio più corretto fosse preservare le categorie più fragili sul piano clinico (Ministero della Salute 2020; Comitato nazionale per la bioetica 2020). [Continua]

 

 

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