ArticoloEtica sociale
Politiche vaccinali: un approccio “gentile”
Come ben sappiamo, la pandemia ha posto al centro dell’agenda politica
la gestione dell’emergenza sanitaria e, per quanto riguarda i
Paesi come il nostro che ne dispongono, la preservazione di un servizio
sanitario nazionale che possa dare risposte adeguate a tutti i pazienti,
malati di COVID-19 e non, durante e oltre la pandemia. Fin dall’inizio
è emerso come il potenziamento del servizio sanitario dovesse essere
accompagnato da misure di contenimento del contagio, in un non semplice
equilibrio tra contrapposti interessi e con l’attenzione costante a
evitare pregiudizi irreparabili per la coesistenza sociale nel complesso.
Nella prima fase della pandemia (primavera 2020) la questione ha riguardato
sostanzialmente le misure adeguate di lockdown e di limitazione
degli spostamenti, nonché la necessità di misure compensative delle perdite economiche e di capacità lavorativa (i cosiddetti ristori); da quando, poi,
tra la fine del 2020 e la primavera 2021, in tempi più brevi del previsto, vi
è stata la disponibilità dei vaccini, è divenuto strategico individuare le politiche
vaccinali più adeguate. Inizialmente, l’attenzione nel nostro Paese si è
concentrata sull’approvvigionamento interno di vaccini e sull’organizzazione
logistica della somministrazione, nel necessario raccordo di competenze
tra Stato e Regioni. Per quanto riguarda la priorità all’accesso, nonostante
qualche polemica e incongruenza, ha prevalso l’idea che il criterio più corretto
fosse preservare le categorie più fragili sul piano clinico (Ministero
della Salute 2020; Comitato nazionale per la bioetica 2020).
[Continua]
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