Pierre Teilhard de Chardin. Una ricerca che fa dialogare scienza e fede

Il pensiero del gesuita francese Pierre Teilhard de Chardin offre spunti di riflessione molto attuali, soprattutto per il rapporto tra scienza e spiritualità. Ne evidenziamo i tratti più significativi.

L’opera del gesuita e paleontologo Pierre Teilhard de Chardin non cessa di suscitare interesse per l’originalità del suo approccio e l’ampiezza dei temi affrontati, che vanno dalla scienza alla spiritualità. Quali elementi hanno influenzato il suo pensiero? Quale visione del mondo e dell’umanità lo contraddistingue? Quale sguardo sul presente e sul futuro ci consegna?

La Laudato si’ (LS) di papa Francesco è la prima enciclica a citare Pierre Teilhard de Chardin, gesuita, paleontologo e grande figura spirituale, la cui opera ha esercitato una notevole influenza nel mondo intero, in particolare dopo la sua morte. Il riferimento è contenuto al n. 83: «Il traguardo del cammino dell’universo è nella pienezza di Dio, che è stata già raggiunta da Cristo risorto, fulcro della maturazione universale». In questa frase, che riassume bene il contributo di Teilhard al pensiero cristiano, due elementi possono essere evidenziati: l’universo è in cammino, o in “genesi”, in creazione permanente, verso la pienezza di Dio, che san Paolo chiama in greco pleroma (Colossesi 2,9); in questo cammino Gesù Cristo, in forza della sua resurrezione, riveste un posto centrale.

La menzione di Teilhard nella LS si lega a un aspetto capitale della sua opera: la riflessione religiosa non è mai separata da un’attenzione generale per le società umane e l’universo nel quale esse si trovano. Ai suoi occhi, la vita spirituale non può essere disgiunta dalla vita concreta degli uomini e delle donne in tutte le sue dimensioni (biologica, sociale, politica, artistica, ecc.), poiché grazie all’Incarnazione la salvezza annunciata dal Vangelo non è esterna alla vita umana. Come ricorda la costituzione pastorale Gaudium et spes (GS), ispirata in numerosi passaggi dalla riflessione di Teilhard, «benché si debba accuratamente distinguere il progresso terreno dallo sviluppo del regno di Cristo, tuttavia, tale progresso, nella misura in cui può contribuire a meglio ordinare l’umana società, è di grande importanza per il regno di Dio» (GS, n. 39). Poco prima era stato anche affermato: «considerata in se stessa, l’attività umana individuale e collettiva […] corrisponde alle intenzioni di Dio» (GS, n. 34).

Chi era Teilhard?

In Il cuore della materia, l’autobiografia scritta alla fine della sua vita, Teilhard menziona due assi che hanno accompagnato tutta la sua esistenza. Da un lato la ricerca scientifica, il desiderio di conoscere meglio il mondo materiale, specialmente quello vivente e, in modo ancor più approfondito, il mondo umano. L’umanità si inscrive infatti nel grande movimento evolutivo che caratterizza la storia del mondo, al cui interno essa occupa una posizione specifica, come preciseremo in seguito. Il secondo asse è la spiritualità cristiana. Si tratta di un’eredità familiare arricchita dall’innegabile temperamento mistico di Teilhard, sospinto a cercare l’essenziale, ciò che costituisce il cuore, il centro dell’esistenza, da lui chiamato la consistance (consistenza). A Teilhard non interessano le apparenze, la superficie delle cose, il loro “esterno”, ma il loro “interno”, ciò che le abita e le fa essere ciò che sono. Per il gesuita francese era importante la nozione di “cuore”, intesa nel senso biblico di “centro” della persona umana, ciò che la definisce e la fa entrare in relazione con altri. In questa prospettiva si capisce la sua devozione al Sacro Cuore di Gesù, molto diffusa nelle famiglie cattoliche del suo tempo, caratterizzata da una forte connotazione affettiva (e alle volte anche politica nel contesto francese). Questi due assi non sono binari paralleli, ma si arricchiscono reciprocamente: la ricerca scientifica fa percepire a Teilhard un mondo in evoluzione verso l’emergere della persona umana, mentre la fede gli fa contemplare un Cristo personale che apre il suo cuore all’intero universo.

Lungo tutta la sua vita, Teilhard si spese per far conoscere con conferenze e articoli le sue riflessioni su quanto gli sembra di percepire del destino dell’umanità. Avrebbe voluto farlo in modo più ampio, in particolare attraverso i libri, ma ne scrisse solo due, corrispondenti ai due assi che abbiamo ricordato: L’ambiente divino (Le milieu divin), terminato nel 1927, è un trattato di vita spirituale; Il fenomeno umano (Le phénomène humain), concluso alla vigilia della Seconda guerra mondiale, ripercorre la lunga storia dell’evoluzione dell’universo fino all’apparizione dell’umanità e a quanto si può intravedere sul suo futuro. Purtroppo non poté mai pubblicare i suoi libri a causa del divieto delle autorità ecclesiastiche. Le sue idee sull’evoluzione sembravano troppo ardite in un’epoca in cui la Chiesa non aveva ancora attraversato la crisi modernista1. L’introduzione di una dimensione “storica” era vista con sospetto, perché rischiava di apparire come una relativizzazione del “dogma”, la cui stabilità nel tempo era considerata un riflesso dell’eternità divina, finendo così per scegliere di mantenere una sorta di “fissismo” dottrinale. Bisognerà attendere il concilio Vaticano II perché vi sia un cambio di visione e le idee di Teilhard siano largamente riconosciute. Queste difficoltà non impedirono a Teilhard di restare fedele alla Compagnia di Gesù e alla Chiesa, pur vivendo numerosi momenti di lotta spirituale, come testimoniano alcune pagine del suo diario e alcune sue lettere. Più di una volta fu tentato di riprendere la sua “libertà”, ma capì che la sua riflessione aveva senso solo se fosse rimasto fedele, per usare una terminologia mutuata dalle scienze della natura, al “phylum” cristiano, al “tipo” cristiano.

Uno stile di pensiero

L’opera di Teilhard ha sedotto numerose generazioni di uditori e lettori per la sua ambizione di giungere a una visione di insieme della storia del mondo e del posto dell’umanità al suo interno. L’ottimismo che la caratterizza poteva trovare consonanza con l’entusiasmo di tanti uomini e donne del tempo, convinti sostenitori della diffusa opinione che il progresso tecnico potesse contribuire al benessere dell’umanità.

Volgendosi oggi a considerare il pensiero di Teilhard, va evitato il grave errore di considerarlo un sistema definitivamente compiuto. Invece di farne una costruzione intellettuale, è meglio cogliere il dinamismo di fondo che lo anima. Teilhard era infatti prima di ogni altra cosa un ricercatore, cosciente che la ricerca si propone di giungere a un risultato, ma ancor prima è la più alta delle funzioni umane (cfr Teilhard 1984, 43-48), poiché è espressione della partecipazione dell’uomo alla creazione di un mondo in genesi. Nella ricerca si ritrova l’essenza della vita umana, ovvero l’essere sempre volta a superare la sua condizione presente. Il ricercatore non si accontenta di constatare ciò che esiste o di spiegare il funzionamento della “macchina del mondo”. La ricerca non si esaurisce in una semplice curiosità, anche se ogni giorno approfondisce la conoscenza che abbiamo della realtà. Lo sforzo della ricerca ha una dimensione creatrice: «conoscere per creare» (ivi, 229). Grazie al suo lavoro, l’uomo contribuisce al compimento dell’opera creatrice di Dio.

L’itinerario della ricerca comporta inevitabilmente momenti di impasse, tentennamenti, prove ed errori. L’opera di Teilhard non vuole essere “dogmatica”, ma intende aprire piste, proporre intuizioni, ritenendo che potranno essere feconde se approfondite e talora rettificate. Confrontandosi con un’opera come quella di Teilhard, si corre il rischio di isolarne alcuni passaggi per farne l’embrione di un sistema dottrinale. Di questo era cosciente egli stesso: «Più è fondamentale, e più una verità trova la sua chiara espressione solo attraverso una serie di tentativi e di abbozzi, come se la nostra mente (alla pari della natura) potesse giungere a un centro solo dopo averlo circoscritto» (ivi, 229). È altresì cosciente dei limiti del linguaggio concettuale quando la posta in gioco è la trasmissione di un’intuizione, come scrive alla sua amica paleontologa Ida Treat: «In fondo, non è possibile trasmettere direttamente con le parole la percezione di una qualità, di un gusto» (Teilhard 1974, 98). Questo perché viviamo in un mondo in trasformazione permanente e ciascuno di noi, a suo modo, partecipa a questa trasformazione.

Non si può comprendere il pensiero di Teilhard se dimentichiamo che a formarlo non contribuiscono solo la sua famiglia cattolica, il lavoro da paleontologo o la lunga formazione filosofica e teologica gesuita, ma anche le vicende della Prima guerra mondiale. Teilhard partecipa infatti alle principali battaglie sul fronte francotedesco non come soldato o cappellano militare (ruolo che gli avrebbe assicurato una situazione privilegiata), ma come barelliere. Dopo aver vissuto in un ambiente relativamente protetto si ritrova così a stretto contatto con i tanti volti del popolo francese. Lo incontra in tutta la sua realtà, assistendo a gesti di fraternità ma anche di volgarità, di generosità così come di egoismo.

Fu decisiva l’esperienza che Teilhard fece della violenza e della morte. Per tanti la Prima guerra mondiale costituì la fine di una civiltà. Una letteratura molto diffusa al tempo enfatizzava il coraggio e il patriottismo, ma le menti più lucide vedevano bene il carattere assurdo di una guerra che nessuno aveva veramente voluto e che stava distruggendo le forze migliori in attesa di un’improbabile vittoria. Nel conflitto Teilhard perse due fratelli e fu testimone della morte di un caro amico, Jean Boussac, speranza della geologia francese. Di fronte a questi eventi Teilhard è posto davanti a un dilemma: o si tratta di un’assurdità che distrugge ogni residua speranza per il futuro del mondo, o al contrario è una crisi che l’umanità deve necessariamente attraversare per accedere a una nuova tappa della sua evoluzione. Senza possedere ancora le parole giuste per esprimerlo, Teilhard ebbe un’intuizione che è fondamentale ancora oggi: la storia dell’umanità mette i popoli in contatto sempre più stretto tra loro e tutto ciò fa sorgere crescenti tensioni e, per conseguenza, crisi e guerre. Ma, al contempo, non viene meno la speranza che queste crisi possano essere attraversate, andando verso l’instaurazione di un’altra qualità della relazione tra gli esseri umani.

Un mondo in evoluzione

È necessario ritornare sulla questione dell’evoluzione, che è una nozione chiave nel pensiero di Teilhard. Per comprendere il modo in cui egli la concepisce bisogna richiamare la ricerca di consistance come viene descritta nell’autobiografia Il cuore della materia. Inizialmente pensa di trovarla nella durezza della pietra e del metallo, agli antipodi della fragilità della materia vivente. A un primo sguardo, infatti, una sostanza minerale dura nel tempo più di una organica. Ma in realtà è una durata relativa, perché la pietra si rompe e il metallo arrugginisce. La materia vivente, invece, porta in sé la promessa di uno sviluppo verso uno stato più compiuto. Si può sollevare però un’obiezione: la vita si incammina ineluttabilmente verso la morte. Qual è il valore di uno sviluppo che ha, alla fin fine, il suo esito conclusivo nella rigidità di un cadavere? La risposta passa dal considerare l’evoluzione su una scala che va oltre l’individuo. Questi può sparire, ma la vita che lo ha animato si trasmette ad altri e contribuisce a costituire una comunità vivente attraverso la quale la vita si compie. A questo proposito si percepisce bene l’influenza della fede cristiana: la morte e resurrezione di Gesù sono all’origine della Chiesa, comunità viva dei credenti che annuncia il Vangelo della salvezza.

Queste riflessioni non valgono solo per il mondo organico, ma anche per l’universo nel suo insieme. Teilhard conosceva le nuove teorie cosmologiche secondo le quali l’universo non è statico. Anche se l’evoluzione dell’universo non è immediatamente paragonabile a quella del mondo vivente, ciò non toglie che la materia si trasformi ai vari livelli della sua evoluzione: le stelle nascono e muoiono; l’espansione prosegue. Teilhard comprende che il cosmo non è una natura statica, con principi fissati per sempre, ma un sistema dinamico. La fisica, nata all’insegna della staticità, diviene storia: c’è una «storia della natura» (Teilhard 1995, 41).

Per il gesuita il grande evento intellettuale della nostra epoca è la scoperta del tempo: «La figura del Mondo attuale si rivela ai nostri sguardi come il termine momentaneo di una genesi (si potrebbe dire di un’embriogenesi) immensa» (Teilhard 1973, 295). «Sin dalle sue formulazioni più lontane, la Materia si rivela a noi in stato di genesi» (Teilhard 1995, 43). Ancora una volta non possiamo fare a meno di cogliere una risonanza teologica. La creazione del mondo non è un’azione puntuale, compiuta una volta per sempre in un lontano passato, che avrebbe prodotto un mondo inizialmente armonioso, a cui l’umanità ha cercato lungo la storia di ritornare dopo che questo stato iniziale è venuto meno per colpa dell’uomo (il peccato originale). Teilhard non condivide questa visione e percepisce l’intero universo nello stato di genesi, ossia di creazione continua. Il male non è assente, ma è la tentazione permanente di ritornare indietro, di decostruire quanto è stato costruito.

Il posto dell’uomo nell’universo

In questa grandiosa visione evolutiva, l’umano riveste un ruolo specifico. Per la scienza è il risultato dell’evoluzione, un passaggio quasi continuo dalle forme pre-umane a quelle umane, una conclusione a cui Teilhard aderisce senza difficoltà sulla base delle scoperte paleontologiche. Non sono conosciute e documentate tutte le tappe, ma gli elementi man mano scoperti corroborano questa visione.

Parlare di “risultato” non significa però che il destino dell’umanità sia già scritto nella storia evolutiva o che l’agire dell’essere umano sia determinato dall’eredità biologica. Al contrario, l’emergere della coscienza umana dà senso a questo processo di lungo termine. Secondo Teilhard l’evoluzione non è un’avventura guidata dal solo caso; è vero che essa determina forme molto diverse, “imprevedibili”, ma al suo interno è possibile trovare una logica. Ci sarebbero pertanto delle “direzioni” evolutive, una “legge” dell’evoluzione. Infatti, in una prospettiva di lungo termine, si può osservare, a partire dai livelli più elementari della materia, una crescita della complessità che si accompagna, in particolare nel mondo vivente, a una crescita di autonomia, ossia di coscienza. Per Teilhard esiste una “legge di complessità e coscienza” che si enuncia in questi termini: «Perfezione spirituale (o “centratezza” cosciente) e sintesi materiale (o complessità) non sono che i due aspetti o le due parti correlate di uno stesso fenomeno» (Teilhard 1995, 56).

L’emergere dell’umanità segna una soglia in questo processo, un salto qualitativo, il “passo della riflessione”: «La capacità acquisita da una coscienza di ripiegarsi su se stessa e di prendere possesso di sé come di un oggetto dotato di propria consistenza e di valore particolare: non soltanto conoscere, – ma conoscersi; non soltanto sapere, ma sapere di sapere» (ivi, 154-155). È in questo momento che si può effettivamente parlare di coscienza nel senso pieno del termine, cioè di libertà. Tutto ciò conferisce all’umano una responsabilità particolare all’interno del mondo. Più degli altri animali, l’essere umano trasforma il suo ambiente e non ne è solo dipendente. L’adattamento all’ambiente acquista una dimensione nuova, dato che l’essere umano non subisce più passivamente l’evoluzione, ma per una parte (ancorché limitata) la dirige. Ma tutto ciò avviene verso un meglio? Non è certo. L’essere umano non è tentato di usare la sua potenza per il suo esclusivo profitto? Per Teilhard la logica del movimento evolutivo non si riduce all’emergere dell’individuo cosciente, ma include il convergere e il riunirsi di tutti gli elementi del mondo. Per natura l’essere umano è votato a legarsi al suo simile, è mosso dal desiderio dell’unificazione. Si tratta di una tendenza profondamente umana espressa, pur nella sua specificità, dalla relazione amorosa. L’amore è per Teilhard una forza cosmica.

Se in una fase iniziale l’umanità si espande a partire dal nucleo originario in Africa e si dirige verso gli altri continenti, in seguito i diversi gruppi umani sono entrati in relazioni sempre più strette gli uni con gli altri. Teilhard chiama questo fenomeno “planetarizzazione”, cioè il costituirsi di una rete che abbraccia il nostro pianeta, una “sfera di pensiero” (o, ricorrendo al greco, la noosfera)2. La costituzione di questa rete non significa necessariamente l’instaurazione di una comunità più armoniosa tra gli uomini. Testimone della Prima guerra mondiale, Teilhard è perfettamente cosciente dell’esistenza di forze di divisione che sono all’origine di conflitti via via più violenti. Il “serraglio” dell’umanità genera due reazioni opposte: l’ingresso nella relazione o l’insorgere di reciproche opposizioni. Tuttavia, Teilhard scommette che in una prospettiva di lungo termine l’unione avrà la meglio sulla divisione. Bisogna riconoscere che si tratta di una scommessa fondata più sulla sua fede cristiana che sullo spettacolo “oggettivo” del mondo. La vittoria di Cristo sulla morte attesta che, malgrado le apparenze, tutto ciò è possibile all’interno della storia.

Il rilievo dell’attività umana

Un altro elemento importante del pensiero di Teilhard è l’esaltazione del lavoro, dell’attività. È grazie al lavoro che l’umanità fa avanzare verso mete più lontane il processo evolutivo (cfr Teilhard 1973, 293-304). In altri termini, «centro di prospettiva, l’Uomo è nel medesimo tempo centro di costruzione dell’Universo» (Teilhard 1995, 29). Tutto ciò ha contribuito a rendere la sua visione molto attraente per un’intera generazione che credeva al progresso dell’umanità attraverso tecniche sempre più evolute. Noi siamo più critici su questo aspetto, coscienti dei limiti di una tecnica che non ha mantenuto tutte le sue promesse. Alcune correnti di pensiero contemporanee, come il Transumanesimo (cfr Reichlin 2012), che cercano di “migliorare” l’umano facendo ricorso a una tecnica sempre più sofisticata, si rifanno al pensiero di Teilhard assimilando troppo rapidamente il suo concetto di “Punto Omega”3 con la “singolarità”, che sarebbe la soglia da superare per accedere a una nuova umanità (Euvé 2015, 148-154).

Il pensiero di Teilhard è più sottile. La valorizzazione dell’attività umana, in particolare della ricerca, va compresa innanzitutto alla luce del contesto cattolico del suo tempo, rivolto più all’attesa del “cielo” che alla costruzione della “terra”. La condizione umana sulla terra era considerata un doloroso pellegrinaggio in una valle di lacrime, nella speranza che dopo la morte le porte del paradiso sarebbero state aperte per quanti avrebbero perseverato fino alla fine. Per Teilhard, invece, il Regno di Dio si costruisce qui, sulla terra, anche se il suo compimento va al di là di quello che possiamo cogliere.

Ma l’attività umana non è la parola definitiva. È vero che il suo grande libro spirituale, L’ambiente divino, consacra la sua prima parte alla «Divinizzazione delle attività», ma la seconda, dedicata alla «Divinizzazione delle passività», è ben più lunga di quella che la precede. Proprio questa dialettica va percepita. Fin dai tempi della guerra, Teilhard scriveva a sua cugina Margherita che «la dottrina sana è quella dell’azione in cui si tenta tutto risolutamente, energicamente, senza concedere troppo tempo alla vana discussione». Ma anche, a partire da un testo del filosofo Maurice Blondel, «“La gioia dell’azione d’altri in noi”, ecco cosa precisamente mi fa apparire così dolci e meravigliosi gli insuccessi sul piano dell’esistenza (poiché Dio per loro mezzo ha il sopravvento su di noi)» (Teilhard 1966, 135-136). L’azione non ha senso se non come inter-azione, cioè consegna di sé a vantaggio di un altro, rinuncia a restare il proprietario e maestro esclusivo della propria opera.

L’attualità del pensiero di Teilhard

In che cosa rinveniamo l’attualità del pensiero di Teilhard? Possiamo richiamare due elementi. Innanzitutto l’interesse generato dalla sua visione globale. Anche se l’epoca delle grandi utopie è finita, lo spirito umano non può accontentarsi di visioni parziali. La specializzazione è una necessità tecnica in diversi ambiti, ma si scontra con i suoi limiti quando si tratta di tentare di dare un senso a ciò che viviamo. L’itinerario intellettuale di Teilhard si propone proprio di cogliere questo senso, a partire dai suoi lavori scientifici, arricchiti dalle sue riflessioni di carattere spirituale. Il suo pensiero supera la separazione tra le diverse dimensioni della vita, ridonando un giusto ruolo anche alla sfera della fede, e in più sottolinea il convergere di tutta l’umanità verso un’unità fondata su un senso ultimo e non su un dato tecnico.

L’altro elemento riguarda l’importanza di coltivare oggi una speranza per il futuro dell’umanità, che è uno dei messaggi forti della Laudato si’. Per Teilhard la speranza sostiene l’azione umana. Bisogna senza dubbio uscire da un “torpore progressista” che ci fa credere che il progresso tecnico basterà a garantirci un futuro migliore. La possibilità che accada un evento catastrofico di grandi proporzioni deve indurci a liberarci da un atteggiamento ingenuo al riguardo. Ma non bisogna scivolare verso l’altro estremo. Le odierne difficoltà o la paura per un futuro difficile potrebbero spingerci ad arrenderci e a rifugiarci nell’attesa di un aldilà più o meno immaginario. Letta nella sua ricchezza, l’opera di Teilhard ci invita a contribuire allo sforzo collettivo di un’umanità in genesi.


Traduzione dall’originale francese di Giuseppe Riggio SJ


NOTE

Pierre Teilhard de Chardin (Parigi 1881-New York 1955) entrò in Compagnia di Gesù nel 1899 e si formò negli studi scientifici. Insegnò paleontologia all’Institut Catholique di Parigi e, successivamente, visse in Cina e negli Stati Uniti. Durante la sua vita i suoi lavori scientifici furono letti e apprezzati dai suoi colleghi, tanto che fu eletto all’Accademia delle Scienze nel 1950. Più complesse furono invece le vicende dei suoi scritti di carattere filosofico e spirituale a causa del connubio tra fede e scienze che sviluppavano. Questi testi furono pubblicati solo dopo la sua morte nell’opera omnia, tradotta in italiano da Il Saggiatore. Esiste un’Associazione italiana di Teilhard de Chardin (<www.teilhard.it>)

1. L'espressione crisi modernista fa riferimento a un fenomeno culturale e religioso, portatore di istanze di rinnovamento, che interessò il cattolicesimo all’inizio del Novecento, causando profonde divisioni al suo interno.

2. Per alcuni intellettuali contemporanei, come il filosofo francese Pierre Lévy, Internet non è altro che una realizzazione concreta della noosfera di Teilhard.

3. Nel pensiero di Teilhard de Chardin il Punto Omega è il massimo livello di complessità e di coscienza a cui sembra tendere l’universo nella sua evoluzione. Non consiste nel punto finale solo dell’evoluzione materiale, ma anche della coscienza e dell’uomo. Per Teilhard il Punto Omega è Cristo, che in sé ricapitola tutte le cose.


RISORSE CITATE

Euvé F. (2015), Pour une spiritualité du cosmos. Découvrir Teilhard de Chardin, Salvator, Parigi.

Reichlin M. (2012), «Oltre l’uomo? L’ideologia scientista del transumanesimo», in Aggiornamenti Sociali, 11, 753-764.

Teilhard de Chardin P. (20154), Il cuore della materia, Queriniana, Brescia (ed. or. 1976).

— (20146), L’ambiente divino. Saggio di vita interiore, Queriniana, Brescia (ed. or. 1927).

— (1995), Il fenomeno umano, Queriniana, Brescia (ed. or. 1955).

— (1984), L’energia umana. Opere di Teilhard de Chardin 11, Il Saggiatore, Milano.

— (1974), Realizzare l’uomo. Lettere inedite (1926-1952). Opere di Teilhard de Chardin 9, Il Saggiatore, Milano.

— (1973), La visione del passato. Opere di Teilhard de Chardin 8, Il Saggiatore, Milano.

— (1966), Genesi di un pensiero. Lettere dal fronte (1914-1919), Feltrinelli, Milano (ed. or. 1961).

Risorse su Teilhard de Chardin (una scelta)

Arnould J. (2009), Pierre Teilhard de Chardin, Perrin, Parigi.

Cresli V. et al. (edd.) (2016), Teilhard de Chardin oggi in Italia. Il punto sulla ricerca, Aracne, Canterano (Roma).

Galleni L. (2010), Darwin, Teilhard de Chardin e gli altri. Le tre teorie dell’evoluzione, Felici, Ghezzano (PI).

Gibellini R. (1968), Teilhard de Chardin: l’opera e le interpretazioni, Queriniana, Brescia.

de La Héronnière É. (2003), Teilhard de Chardin: une mystique de la traversée, Albin Michel, Parigi.

Martelet G. (2006), Et si Teilhard disait vrai, Parole et silence, Les Plans.

— (2005), Teilhard de Chardin, prophète d’un Christ toujours plus grand: primauté du Christ et transcendance de l’homme, Lessius, Bruxelles.


Ultimo numero
Leggi anche...

Rivista

Visualizza

Annate

Sito

Visualizza