ArticoloComunicazione
L’infosfera è davvero democratica?
Le piattaforme fanno parte della nostra vita, al punto che talvolta
nemmeno ci rendiamo conto della loro presenza. Usiamo i social,
ordiniamo una pizza su un sito di “food delivery”, acquistiamo un
libro in formato digitale (o magari ci facciamo recapitare la copia cartacea),
partecipiamo a una consultazione pubblica su Internet, leggiamo online
le ultime notizie, e gli esempi potrebbero continuare. Che si tratti di siti
ad alta complessità, supermercati digitali, spazi messi a disposizione dalle
amministrazioni pubbliche, esperienze avanzate di e-democracy o alterchi
sui social, siamo comunque dentro le piattaforme. E sono proprio le piattaforme
che organizzano la nostra vita e strutturano le relazioni sociali, in
maniera talmente pervasiva da apparirci “naturali”, esattamente come qualunque
pensiero egemonico che si afferma, finendo per sembrare appunto
“naturale”. La crescente centralità delle piattaforme ha spinto gli studiosi
dei media José van Dijck, Thomas Poell e Martijn de Waal a parlare di
“
platform society”, cioè di una società in cui non solo non cresce il protagonismo
dei soggetti, ma viene addirittura limitato.
La stessa socialità
nelle piattaforme non è “spontanea”, ma è di fatto l’esito dell’azione di orientamento delle affordances, cioè di quelle proprietà, possedute da
uno strumento tecnologico, le quali di fatto ne suggeriscono un uso possibile,
orientando i soggetti proprio in quella direzione.
Se questo appare
chiaro nel contesto delle relazioni personali, lo stesso processo può
essere osservato a livello della società nel suo complesso. [Continua]
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