ArticoloComunicazione

L’infosfera è davvero democratica?

Fascicolo: ottobre 2023
Le piattaforme fanno parte della nostra vita, al punto che talvolta nemmeno ci rendiamo conto della loro presenza. Usiamo i social, ordiniamo una pizza su un sito di “food delivery”, acquistiamo un libro in formato digitale (o magari ci facciamo recapitare la copia cartacea), partecipiamo a una consultazione pubblica su Internet, leggiamo online le ultime notizie, e gli esempi potrebbero continuare. Che si tratti di siti ad alta complessità, supermercati digitali, spazi messi a disposizione dalle amministrazioni pubbliche, esperienze avanzate di e-democracy o alterchi sui social, siamo comunque dentro le piattaforme. E sono proprio le piattaforme che organizzano la nostra vita e strutturano le relazioni sociali, in maniera talmente pervasiva da apparirci “naturali”, esattamente come qualunque pensiero egemonico che si afferma, finendo per sembrare appunto “naturale”. La crescente centralità delle piattaforme ha spinto gli studiosi dei media José van Dijck, Thomas Poell e Martijn de Waal a parlare di “platform society”, cioè di una società in cui non solo non cresce il protagonismo dei soggetti, ma viene addirittura limitato. La stessa socialità nelle piattaforme non è “spontanea”, ma è di fatto l’esito dell’azione di orientamento delle affordances, cioè di quelle proprietà, possedute da uno strumento tecnologico, le quali di fatto ne suggeriscono un uso possibile, orientando i soggetti proprio in quella direzione. Se questo appare chiaro nel contesto delle relazioni personali, lo stesso processo può essere osservato a livello della società nel suo complesso. [Continua]

 

 

 

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