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La sovranità alimentare, un modello alternativo per l’agricoltura

Il concetto di sovranità alimentare, emerso nei movimenti anti-globalizzazione degli anni ’90 e 2000, sta ora vivendo un revival. Dopo la pandemia globale di COVID-19 e, oggi, l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, la nozione viene vista ovunque nel pianeta come un’importante questione politica, geopolitica, giuridica e anche socioeconomica. In Francia e altrove, imprese e Governi ne approfittano per valutare criticamente le loro dipendenze: dal gas o dal grano russo, dal petrolio americano, dalla genetica europea, dalle mascherine cinesi, ecc. L’uso del concetto, a volte troppo estensivo, riflette tuttavia le sovrapposizioni o addirittura il consenso tra forze politiche opposte.

 

Queste sovrapposizioni derivano da una marcata opposizione all’eccessiva globalizzazione dei sistemi alimentari e dal tentativo di rompere con politiche agricole e commerciali considerate dannose. L’obiettivo sembra lo stesso: mettere in discussione, o anche solo frenare, un sistema commerciale liberale che si è largamente diffuso a scapito dei più precari, che non permette agli agricoltori di ottenere un reddito dignitoso e che non consente più ai cittadini e ai loro rappresentanti eletti di esercitare la propria sovranità.

 

Allo stesso tempo, il ricorso a questo concetto serve spesso come base ideologica per ripiegare sul proprio territorio, sui propri interessi e, in ultima analisi, su stessi. Tuttavia, questa chiusura va a scapito della cooperazione e della comprensione collettiva delle interdipendenze tra i popoli. Le sfide della fame, dei cambiamenti climatici e della prosperità sono in effetti questioni comuni che richiedono risposte concertate e sistemiche su più scale. [continua]

 

 

 

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