La pastorale sociale della Chiesa in Italia: tracce di un percorso

Fascicolo: gennaio 2019

Nell’estate del 2015, quaranta persone circa provenienti da tutta Italia si sono radunate a La Thuile (AO) per un Seminario estivo per i direttori degli Uffici diocesani di pastorale sociale. È stato il primo di una serie di appuntamenti, che da allora scandiscono e orientano il cammino della Chiesa italiana sul fronte della pastorale sociale: ogni estate un Seminario riservato a una quarantina di direttori (circa un paio per regione ecclesiastica) e ogni inverno un Seminario nazionale di pastorale sociale aperto a tutti, in modo particolare ai direttori di Uffici diocesani, ma rivolto anche a collaboratori, dirigenti delle aggregazioni laicali, giovani impegnati nei vari progetti, ecc., con una partecipazione di circa due-trecento persone ogni volta.

Un itinerario ecclesiale, incarnato nel tempo presente

L’itinerario dei Seminari, voluto da mons. Fabiano Longoni, direttore dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della Conferenza episcopale italiana dal 2013 al 2018, e realizzato con l’aiuto di un gruppo di “Esperti”, ha permesso nel tempo di verificare e consolidare scelte di pastorale sociale già in atto nelle diverse Diocesi italiane, ma soprattutto di individuare percorsi, linguaggi e stili nuovi, che prendessero sul serio le indicazioni di papa Francesco, elaborate dalla Chiesa italiana a partire dal Convegno ecclesiale nazionale di Firenze nell’autunno del 2015. Questo progetto di rinnovamento si basa sulla proposta dell’esortazione apostolica Evangelii gaudium (EG) e sul paradigma di ecologia integrale introdotto dall’enciclica Laudato si’ (LS).

 

I diversi Seminari hanno messo al centro da subito l’azione pastorale, cercando di offrire occasioni di riletture metodologiche e teologiche dell’agire delle comunità cristiane in ambito sociale, facendo risuonare in vario modo i verbi del Convegno di Firenze: uscire, annunciare, abitare, educare, celebrare. Particolare attenzione è stata riservata alla dinamica dell’abitare: la pastorale sociale è infatti espressione di una Chiesa che abita come comunità un territorio, con le sue dinamiche anche conflittuali, e sa farsi carico del vissuto personale e sociale, comunicando il Vangelo anche in modo nuovo, mediante i moderni mezzi digitali, rendendo concreta la sua forza. Parallelamente, in ogni Seminario è stato messo a fuoco un aspetto emergente nelle dinamiche sociali, politiche ed economiche odierne.

Vie nuove per abitare il sociale

I risultati dei Seminari offrono un’utile sintesi del cammino delle comunità ecclesiali basata su una lettura sapienziale dell’esperienza: le “vie nuove per abitare il sociale” pastorali e operative sono infatti state tracciate insieme, partendo dalla narrazione di esperienze concrete e rilette ordinatamente. I Seminari sono sempre stati caratterizzati da lavori di gruppo interattivi e partecipativi, per arrivare a una costruzione comune. Da essi è emersa una visione non costruita a tavolino in modo ideologico, ma frutto del pensiero e del lavoro corale di molti direttori e collaboratori, convenuti nelle diverse occasioni. Questo lavoro ha permesso di prendere coscienza e di esplicitare quale sia il compito oggi della pastorale sociale e ciò che la caratterizza rispetto all’azione di altre organizzazioni sociali e politiche.

Essa è un impegno pastorale che ha come prima azione concreta l’ascolto sapienziale del territorio, inteso come realtà sociale fatta dalle persone e dalle loro molteplici dimensioni e relazioni e considerato come luogo teologico; ha come metodo il discernimento comunitario, esercitato secondo lo stile evangelico, alla luce della Scrittura e della dottrina sociale della Chiesa. Tale impegno si concretizza in alcune specifiche linee d’azione: formazione all’impegno sociale, politico e di cittadinanza; accompagnamento di persone, comunità, associazioni e cooperative; prossimità e sostegno nelle situazioni di fragilità e di conflitto personale e istituzionale; proposte culturali su questioni di fondo e urgenti connesse alla dottrina sociale; promozione di iniziative e opere nei territori. La pastorale sociale interviene nelle relazioni intra-ecclesiali grazie alla sinergia degli Uffici nazionali di pastorale sociale con le diverse istituzioni della vita ecclesiale, dalle parrocchie e dai vicariati alle associazioni, agli istituti di formazione e ai vari settori pastorali, in particolare la Caritas; contribuisce poi alla trasformazione delle relazioni sociali, quando la Chiesa si trova a collaborare e operare con altre realtà istituzionali, economiche e della società civile che abitano il suo stesso territorio, per accompagnarle, cercare insieme il bene comune, promuovere la giustizia, denunciare le ingiustizie e costruire la pace sociale (cfr EG, nn. 217-221). In definitiva, utilizzando un linguaggio più specificamente teologico, la pastorale sociale è l’impegno della comunità cristiana a risignificare secondo la carità evangelica tutte le relazioni sociali, economiche, politiche e quelle con il creato; è un’azione che chiede di riconoscere, valorizzare e alimentare nella società i “semi di Vangelo”, ossia i segni della presenza e dell’azione salvifica e liberatrice di Dio nel mondo, i segni del Regno che Gesù ha inaugurato e che si compirà alla fine dei tempi.

Risorse, strumenti e “luoghi” della pastorale sociale

Dalla riflessione sono emersi anche gli strumenti, le risorse e i “luoghi” che rendono possibile la pastorale sociale, cioè quelle realtà che riflettono, prendono l’iniziativa, agiscono nei territori, entrando in relazione a nome della Chiesa con le persone e gli altri protagonisti della vita sociale: l’ufficio diocesano, le diverse commissioni diocesane, gli organismi di comunione ecclesiale, i gruppi/équipe di pastorale sociale a livello locale o di ambiente, le scuole di formazione all’impegno sociale e politico, le équipe del progetto Policoro, gli osservatori territoriali, i centri di formazione e ricerca, le associazioni ecclesiali, i mezzi di comunicazione diocesani ed ecclesiali, i social network. Spesso questi diversi soggetti organizzano tavoli e reti, giornate tematiche nazionali e diocesane, gruppi di approfondimento, sportelli per servizi.

 

Il Progetto Policoro

Il Progetto Policoro è l’iniziativa della Chiesa italiana per dare
risposte concrete al problema della disoccupazione,
in particolare giovanile, che nei suoi oltre 20 anni di attività
ha costruito una articolata e capillare rete territoriale,
cfr <www.progettopolicoro.it>.

In sintesi, si delinea chiaramente il quadro di una Chiesa che desidera, in forme diverse, servire la vita e le relazioni del territorio nel quale abita; una Chiesa che non è interessata a porre il proprio marchio su idee e iniziative, difendendo spazi di potere e di prestigio, ma piuttosto a innescare processi virtuosi, coinvolgendo chiunque voglia porsi in dialogo, nella fiducia che le potenzialità liberatrici e trasformatrici del Vangelo possono agire ovunque.

La diversa successione dei Seminari ha anche individuato una serie di ambiti e temi che interpellano e sfidano le singole Chiese, alcuni già percorsi dalla pastorale sociale, altri nuovi, ma che una Chiesa profetica deve saper intercettare: il lavoro da umanizzare, soprattutto in ordine ai conflitti che lo caratterizzano e alla tecnologia che lo trasforma incessantemente; l’economia, sempre più globalizzata e spesso privata della sua dimensione sociale; le sfide globali dell’ecologia e delle migrazioni; le istituzioni, la partecipazione democratica e la leadership da ricostruire.

In tali ambiti oggi emergono alcune distorsioni della visione dell’essere umano, di cui la Chiesa, con la pastorale sociale, è chiamata a farsi carico: fenomeni di de-socializzazione che lasciano le persone sole e senza difese, conflitti generazionali, etnici e sociali anche inediti (come ad esempio tra chi sostiene il lavoro contro chi difende l’ambiente); la disoccupazione e la precarietà in particolare dei giovani; la speculazione economica; il degrado ambientale; l’illegalità; la corruzione e il degrado delle istituzioni. Tutto ciò pone a rischio di disumanizzazione diversi contesti sociali, soprattutto quelli più periferici.

La Chiesa ha un patrimonio di sapienza, di intuizioni, di prassi, che le permette di offrire un contributo prezioso per far fronte a questi fenomeni, costruendo luoghi ed esperienze di comunità, solidarietà e prossimità, grazie al fatto di “abitare” i territori, di essere reticolo diffuso, di vivere in mezzo alle persone, di ciascuna delle quali può riconoscere l’unicità. Nello stesso tempo l’apertura universale della Chiesa può allargare il respiro di questa prossimità in termini di cultura e di mentalità, soprattutto in tempi di nuovi nazionalismi e di migrazioni mal gestite e mal sopportate. La comunità cristiana può allora promuovere percorsi di riconciliazione, dialogo e ricerca della pace sociale, facendo leva sulla propria autorevolezza, sulle competenze e sui valori che le vengono dal Vangelo.

Una forma importante di testimonianza è oggi la costruzione e l’accompagnamento di prassi virtuose di economia civile e sociale, a partire dall’economia che la Chiesa stessa, con le sue attività, genera. Giustizia verso i lavoratori, sostenibilità, legalità, rispetto delle istituzioni, prassi virtuose di consumo di energia e di materie prime, quando sono adottate dalla stessa Chiesa diventano anche conferma dei percorsi di educazione a nuovi stili di vita e alla cura del bene comune, altro contributo fondamentale che essa può offrire, soprattutto alle nuove generazioni.

Visibile o invisibile?

Papa Francesco al Convegno ecclesiale nazionale di Firenze nel 2015 ricordava che «il modo migliore per dialogare non è quello di parlare e discutere, ma quello di fare qualcosa insieme, di costruire insieme, di fare progetti: non da soli, tra cattolici, ma insieme a tutti coloro che hanno buona volontà». I tratti dell’agire ecclesiale emersi nei Seminari di pastorale sociale disegnano implicitamente un ruolo della Chiesa italiana nella società, in linea con il magistero del Papa: vivere in mezzo alla gente in modo discreto, senza grande risonanza mediatica e senza i tratti politici o di potere che spesso le sono stati attribuiti o che ha rivendicato in passato; non pretendere privilegi o uno status dato per acquisito, ma accreditarsi per il suo agire disinteressato. Assumere un volto pastorale, porsi come lievito, in cammino con gli uomini di questo tempo. Preferire “fare insieme”, rifuggendo da un insegnamento sociale rigido e solo logico, da cui dedurre sistemi e regole, o dalla fiducia nelle strutture, nelle organizzazioni e nelle pianificazioni perfette.

Un limite sul quale si è riflettuto è una certa frammentarietà dell’agire delle Chiese in Italia, che le rende meno visibili e meno incisive culturalmente, in particolare nel mondo digitale. Nei Seminari infatti si è raggiunta la consapevolezza che oggi abitare il territorio e agire nel sociale significa anche abitare i social network e le piattaforme digitali dove avvengono milioni di interazioni tra esseri umani. Tali “ambienti” sono animati da logiche a volte ambivalenti e possono essere rischiosi per un annuncio che ha come tratto caratteristico la relazione personale, ma un’autentica missionarietà oggi non può esimersi dall’abitare anche quei luoghi, con sapienza e intelligenza.

Azione pastorale e dottrina sociale

Un dubbio potrebbe sorgere: in questo agire concreto e variegato, le Chiese in Italia hanno messo da parte o trascurato in parte il patrimonio della dottrina sociale? La risposta chiede di comprenderne fino in fondo la natura: essa è un sapere pratico, circolare, che nasce dal continuo incrocio tra Vangelo e storia. La Chiesa e i cristiani agiscono nella storia ispirati dalle parole evangeliche e così facendo rinforzano e chiariscono aspetti precisi circa principi e criteri morali dell’agire sociale, personale e comunitario, che vengono nuovamente riproposti a tutti come punti di riferimento. Nel loro agire, le singole Chiese sono ispirate dalla dottrina sociale e nello stesso tempo contribuiscono al suo sviluppo. Esse hanno anche il compito di insegnarla, come accade nelle scuole diocesane di formazione sociopolitica, ma senza tradirne la natura pastorale e pratica, senza farne un’ideologia da applicare alla società. La dottrina sociale della Chiesa va presentata come un riferimento dinamico, che in qualche punto presenta anche norme morali chiare, ma che non si esaurisce in esse.

In modo particolare i Seminari hanno sottolineato l’importanza dell’enciclica Laudato si’, ultimo testo del magistero sociale, che ripresenta per l’oggi la circolarità tra Vangelo e storia e indica il metodo dell’azione pastorale della Chiesa: la capacità di osservare in modo non neutrale ma ponendosi dal punto di vista dei più poveri e della creazione, che “gridano” aiuto (cfr LS, n. 2); l’ascolto profondo della Parola; una lettura sapienziale dei fenomeni sociali e storici, con la capacità di andare alle radici antropologiche e morali di ciò che avviene; la ricerca di prassi concrete, capaci di cogliere la voce di chi è in difficoltà; l’indicazione di uno stile, quello del dialogo e dell’ospitalità. La prospettiva offerta è quella della ricostruzione continua delle relazioni fondamentali della persona umana: con Dio, con se stesso, con gli altri, con il creato. È il paradigma dell’ecologia integrale.

La pastorale sociale italiana si è resa conto che la Laudato si’ costituisce di fatto un punto di non ritorno nell’approccio della dottrina sociale e nella propria pratica, perché disegna definitivamente in ambito sociale il volto di una Chiesa non solo maestra di verità immutabili, ma testimone di misericordia, tessitrice di relazioni, preoccupata primariamente non di fare discepoli, ma di “rimettere in piedi” gli uomini e le donne di questo tempo, dialogando con tutti. L’enciclica chiede ai discepoli del Signore di coltivare anche una spiritualità ecologica, cioè custode delle relazioni fondamentali. Essa implica la conversione interiore, che si riverbera poi in una conversione comunitaria.

È questa la strada che la Chiesa italiana si sente chiamata a percorrere per essere sempre più al servizio di uno sviluppo umano veramente integrale.

 

I Seminari di Pastorale sociale

Seminari estivi:
Primo Seminario estivo, La Thuile (AO) 27-31 luglio 2015

Costruire una Leadership inclusiva. Nuove linee di pastorale sociale per un cammino sinodale, Monte Porzio Catone (RM) 27 giugno-1 luglio 2016

La forza della comunità nel tempo del postumano, Lamezia Terme (CZ) 19-22 luglio 2017

Chiamati alla sostenibilità: motivazioni e alleanze responsabili. A tre anni dalla Laudato sì’, Arabba (BL) 3-7 luglio 2018

Seminari nazionali:
Vie nuove per abitare il sociale, Abano Terme (PD) 2-5 febbraio 2016

Ecologia integrale nel lavoro e nei conflitti. Prospettive per un annuncio cristiano ineludibilmente sociale, Firenze 23-25 febbraio 2017

Dopo la 48ª Settimana sociale di Cagliari: cantieri di lavoro nei territori ed ecologia integrale secondo la Laudato si’, Salerno 28 febbraio-3 marzo 2018


I membri del gruppo “Esperti”

Don Marco Cagol, Vicario episcopale per le relazioni con il territorio, Diocesi di Padova

P. Giacomo Costa, direttore di Aggiornamenti Sociali

Prof. Luca Grion, Università di Udine

Prof. Davide Maggi, Università Bocconi; Università del Piemonte Orientale

Don Walter Magnoni, Direttore regionale PSL Lombardia e Direttore diocesano PSL Milano

Prof. Giuseppe Notarstefano, Università LUMSA di Palermo

P. Francesco Occhetta, La Civiltà Cattolica

Prof.ssa Daniela Ropelato, Istituto Universitario Sophia

Dott. Ettore Rossi, Direttore diocesano PSL Benevento

Sr. Alessandra Smerilli, Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione Auxilium

Dott. Alessandro Svaluto Ferro, Direttore diocesano PSL Torino


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