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Intelligenza artificiale: come sta cambiando la vita quotidiana?

È sempre più diffuso l’impiego dell’intelligenza artificiale, i cui benefici sono accompagnati da leciti quesiti sui presupposti etici che soggiacciono al suo sviluppo. Così si apre il Dossier sull’impatto sociale delle nuove tecnologie.
Fascicolo: dicembre 2019
Il nuovo dossier di Aggiornamenti Sociali sull’impatto delle nuove tecnologie e dell'intelligenza artificiale si apre con un editoriale della Redazione e con un articolo di Elisabetta Curzel, giornalista scientifica, che illustra alcune applicazioni dell'intelligenza artificiale in settori come la sanità. Di seguito il paragrafo dedicato in particolare alla cura degli anziani e agli interrogativi che suscita l'utilizzo delle nuove tecnologie. A questo link puoi scaricare il pdf dell'articolo integrale. Per avere accesso a tutti gli articoli del nuovo numero e agli oltre 6mila articoli del nostro archivio sottoscrivi un abbonamento
 

Sarà un robot a curare gli anziani?


Quando i risultati dell’AI sono lampanti – quando cioè la tecnologia è messa esclusivamente al servizio dell’essere umano – è più agevole e immediato percepirne i potenziali benefici. Ma quando essa entra in settori che combinano su larga scala la prestazione di servizi, questioni connesse alla privacy e le dimensioni emotive legate alla cura della persona, le reazioni vanno sfumando.

Nel settore dell’assistenza agli anziani questo scenario è percepibile. In un mondo che sta invecchiando, la popolazione anziana è un target di grande interesse per chi sviluppa sistemi di AI. Varie imprese forniscono tracker biometrici indossabili in grado di rilevare eventuali cambiamenti fisici repentini o cadute ed emettere un allarme (leggi l'articolo di Forbes).

AiCure sfrutta le telecamere per smartphone e un algoritmo AI per monitorare l’assunzione di farmaci
da parte di anziani che possono avere problemi di visione, destrezza, cognizione o perdita di memoria. Se i farmaci non vengono assunti correttamente, emette un avviso automatico. ElliQ, sviluppato da Israel Intuition Robotics, promette di essere «una presenza amichevole, intelligente e curiosa nella tua vita quotidiana. Lì per te, nel tuo angolo, offre proposte e consigli, risponde alle tue domande, ti sorprende con suggerimenti. Un assistente dedicato al tuo viaggio attraverso questa straordinaria parte della vita». Progettato specificamente per anziani che vivono da soli, ElliQ è un robot dotato di intelligenza artificiale che può intrattenere con facili conversazioni, ricordare di assumere i farmaci e accompagnare in leggere attività fisiche. Può essere integrato con piattaforme di messaggistica e social media e permette alla famiglia di monitorare a distanza le condizioni dell’anziano. ElliQ è una delle tante proposte del mercato che puntano sull’AI per trovare una soluzione, oltre che alle condizioni cliniche, anche alla solitudine della terza età.

Sull’opportunità o meno – sulla legittimità, sulla giustezza – dell’isolamento degli anziani o dell’accudimento a distanza, così più facilmente gestibile di una cura quotidiana realizzata da mani umane, queste imprese non si interrogano. Né lo possono fare le AI: addestrate per trovare soluzioni ai problemi proposti, “ragionano” seguendo le indicazioni dei progettisti. Lo spazio per il dubbio, o per interrogativi di più ampio respiro, risiede altrove. 

Calico Labs, di proprietà di Google, fa un passo in direzione diversa; utilizza il deep learning (uno dei settori di ricerca dell’AI) per comprendere «la biologia che controlla la durata della vita», come si legge sulla homepage. Nel 2018 i suoi scienziati hanno annunciato i risultati delle ricerche effettuate sulla talpa senza pelo (Heterocephalus glaber), un roditore con caratteristiche rare e preziose (leggi l'articolo di Science). Raramente si ammala di cancro, resiste ad alcuni tipi di dolore, può sopravvivere fino a 18 minuti senza ossigeno ma soprattutto è dotata dell’indiscutibile privilegio di non invecchiare. Al contrario di quanto avviene con tutte le altre specie di mammifero, la talpa senza pelo non aumenta il proprio rischio di morte con il passare degli anni. Se per l’essere umano esiste persino un modello matematico che correla età e possibilità di decesso (la cosiddetta legge di Gompertz, secondo la quale il rischio di morte dopo i 30 anni raddoppia ogni otto anni), la talpa senza pelo sembra un supereroe (ivi). 

Una volta raggiunta la maturità sessuale, a sei mesi di età, la probabilità giornaliera del roditore di morire è poco più di una su 10mila. Questa probabilità rimane costante per il resto della vita – anzi, secondo gli autori dello studio subisce persino una lieve diminuzione. Dagli studi effettuati ai Calico Labs emerge una singolarità della talpa senza pelo che va studiata con la massima attenzione: questi animali hanno una riparazione del DNA molto attiva e alti livelli di chaperone, una classe di proteine che aiuta altre proteine a ripiegarsi correttamente (ivi).

Che cosa significa questa notizia, e perché ci importa? Ci importa molto, perché anche le cellule invecchiano. Quando sono giovani, alla loro salute ci pensano i processi di sintesi proteica: come zelanti manutentori, questi gruppi di proteine prevengono acciacchi e danni di vario genere. Con l’avanzamento dell’età, il funzionamento di questi guardiani comincia a traballare. Come risulta da uno studio recentemente pubblicato dai Proceedings della National Academy of Science, al degrado della capacità di protezione e aggiustamento delle proteine si accompagna di pari passo il degrado cellulare; l’organismo invecchia e infine muore (cfr «Proteostasis collapse is a driver of cell aging and death», in Proceedings National Academy of Science, 2019).

Quello che i Calico Labs stanno studiando, sfruttando le capacità di elaborazione dei dati dell’AI, non è un modo per allungare la vita: vogliono allungare la giovinezza. Le potenzialità dell’AI vengono utilizzate per costruire un orizzonte umano potenzialmente molto lungo, radioso, sano, e con ogni probabilità elitario. 

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17 dicembre 2019
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