ArticoloArticolo

Guerra in Bosnia-Erzegovina e comunità internazionale

La crisi politica della Bosnia-Erzegovina, determinata dal passaggio all'indipendenza, voluta dalle componenti musulmana e croata, ma avversata da quella serba nella linea ideologico-politica del panserbismo tesa alla costruzione della « Grande Serbia », sfocia in conflitto armato. Esercito ex federale e milizie serbe locali scatenano la guerra contro musulmani e croati, applicando il metodo disumano della « pulizia etnica » che, in spregio del diritto internazionale, provoca moltissime vittime tra la popolazione civile e crea una massa enorme di profughi. Le istanze internazionali intervengono su diversi piani - mediazione tra le parti, pressioni politico-diplomatiche e sanzioni economiche a carico della Serbia, ritenuta la principale responsabile, interdizione dello spazio aereo, aiuti umanitari affidati ai « caschi blu » -, ma i loro interventi sono tardivi, inadeguati, poco efficaci : non viene applicato con coerenza il principio della tutela internazionale dei diritti umani e della conseguente « ingerenza umanitaria ». Praticamente, certa dell'impunità, la Serbia prosegue la sua guerra di espansione etnicoterritoriale e il conflitto rischia di estendersi fino a mutarsi in « guerra balcanica ». La Chiesa interviene fin dall'inizio sul piano assistenziale e con pronunciamenti etico-politici : chiama tutti alla solidarietà per le vittime, le parti in conflitto al negoziato, la comunità internazionale ad attuare il proprio diritto-dovere di « ingerenza umanitaria » per salvare intere popolazioni da una guerra di sterminio. Sul piano locale, segno di speranza, si sviluppa il dialogo, ai fini della pace e della riconciliazione, tra i responsabili delle comunità religiose cattolica, ortodossa e musulmana dell'ex Iugoslavia
Fascicolo: gennaio 1993
Ultimo numero
Leggi anche...

Rivista

Visualizza

Annate

Sito

Visualizza