Islam: una profezia sociale per oggi, di Hamdan Al Zeqri ;
Ebraismo: dal rispetto all’amicizia spirituale, quali strade?, di Miriam Camerini;
Cristianesimo: trasformati dalla creatività di Dio, di Angelo Reginato
«Che la famiglia umana diventi ospitale e accogliente verso
tutti i suoi figli; che, guardando il medesimo cielo, cammini
in pace sulla stessa terra»: con queste parole papa Francesco
ha dato voce al «sogno di Dio» durante il recente viaggio in Iraq, in
occasione dell’incontro interreligioso svoltosi il 6 marzo nella Piana di
Ur, considerata la patria di Abramo e quindi luogo delle origini per le tre
religioni monoteistiche che si considerano sua progenie. Il viaggio in Iraq è
solo l’ultima di una serie di iniziative di papa Francesco – tra cui spiccano
il Documento sulla fratellanza umana di Abu Dhabi (febbraio 2019) e
l’enciclica Fratelli tutti (3 ottobre 2020) – che hanno fatto uscire il dialogo
interreligioso dal circuito degli addetti ai lavori, evidenziandone agli occhi
di un pubblico più ampio la rilevanza per la costruzione dell’amicizia
sociale e della concordia nella società.
Questo sogno di fraternità riguarda l’umanità intera, ma è affidato
in modo particolare ai credenti delle diverse religioni, invitate a stare
dalla parte dei poveri e farsi voce degli ultimi, e a vegliare «come sentinelle
di fraternità nella notte dei conflitti» (Papa Francesco, Discorso in
occasione della firma del Documento sulla “Fratellanza umana per la pace
mondiale e la convivenza comune”, Abu Dhabi, 4 febbraio 2019): un appello
che ha suscitato interesse, ma anche scetticismo e resistenze, dentro e fuori
dalla Chiesa cattolica. Perché non diventi un’utopia astratta, è necessario
metterlo in atto, facendo passi concreti, e soprattutto insieme. Man mano
che si procede nel cammino comune, si impara a conoscersi e fidarsi, ci
si misura con la fatica di disinnescare pregiudizi, sospetti e violenze, si
accetta lo sforzo di condividere anche senza capirsi bene, senza nascondere
le difficoltà. Pian piano, ciascuno si scoprirà arricchito dal percorso fatto
in comune e soprattutto inizierà a emergere una lettura condivisa del momento
storico che stiamo attraversando.
L’orizzonte interreligioso interpella anche quanti nel nostro Paese si impegnano
per la costruzione dell’amicizia sociale, in particolare a partire da
una ispirazione cattolica. Per molti è una frontiera tutto sommato nuova,
specie se ci confrontiamo con la realtà di Paesi in cui il pluralismo religioso
è più ampio e consolidato nel tempo, e non sono molte le occasioni concrete
per praticare l’ascolto del punto di vista di altre confessioni. L’enciclica
Fratelli tutti spinge proprio in questa direzione: «Anche i credenti hanno
bisogno di trovare spazi per dialogare e agire insieme per il bene comune e
la promozione dei più poveri. Non si tratta di renderci tutti più light o di
nascondere le convinzioni proprie, alle quali siamo più legati, per poterci
incontrare con altri che pensano diversamente. Perché tanto più profonda,
solida e ricca è un’identità, tanto più potrà arricchire gli altri con il suo
peculiare contributo» (n. 282).
Con l’intento di fare la propria parte a servizio di questo cammino di
dialogo, Aggiornamenti Sociali ha interpellato tre esponenti di altre
confessioni religiose presenti in Italia – un islamico, un’ebrea e un battista
–, chiedendo a ciascuno di reagire al sogno di fraternità formulato
da papa Francesco, a partire dalla propria prospettiva di fede. Ringraziandoli,
invitiamo i nostri lettori a lasciar risuonare dentro di sé queste diverse
prospettive. Per rendere più attento e fecondo l’ascolto, offriamo alcune
suggestioni da usare dapprima come piste di lettura dei testi che seguono,
e poi come interrogativi con cui ciascuno potrà rileggere la propria esperienza
e quella della propria comunità.
Un primo stimolo parte dalla consapevolezza che la storia dei rapporti
tra le religioni è segnata da conflitti spesso assai sanguinosi. Anche oggi,
al di là delle manipolazioni integraliste che strumentalizzano le religioni a
scopo di potere o di guadagno, in nessuna comunità mancano fedeli che
nutrono atteggiamenti di chiusura e anche di aggressione verso l’altro. Per
essere credibili come custodi e promotrici di fraternità, le comunità di
fede devono fare i conti con questo passato e soprattutto affrontare i
conflitti che ancora oggi sono in qualche modo legati all’interpretazione
della religione. Quali cambiamenti di atteggiamento, quali “conversioni”
sono richieste alle comunità di fede per camminare in questa direzione?
Una seconda pista mette a fuoco il fatto che le religioni dispongono
di potenti risorse motivazionali, veicolate da immagini e racconti che
trasmettono la fiducia fondamentale nella bontà del mondo da cui nasce
il coraggio di affrontare il futuro, e per questo sono capaci di mettere
in discussione le convinzioni e le pratiche di ogni cultura. Quali richiami,
rimandi e connessioni l’appello alla fraternità attiva nelle diverse comunità?
Farle emergere, nella loro concretezza e varietà è importante per sfuggire
all’omologazione dell’universalismo razionalista astratto, che non riesce a
valorizzare le peculiarità di ciascuna identità.
Nella cultura occidentale così profondamente segnata dall’individualismo,
ci siamo abituati a considerare la fraternità come qualcosa di
supererogatorio, una specie di opzione per i più volenterosi, che pertanto
non può costituire il fondamento della società e dell’ordinamento
giuridico: l’importante è che ciascuno faccia la propria parte imparando a
rispettare l’altro. Tuttavia sappiamo bene che in questo orizzonte i grandi
principi finiscono spesso per rimanere nel campo dell’astrazione, mentre la
tutela dei diritti fondamentali rischia di incagliarsi nel formalismo, quando
non di essere strumentalizzata a difesa di interessi privati. Scopriamo così
che della fraternità abbiamo bisogno per ritrovare le radici comuni
della nostra umanità e riconoscerci a vicenda, al di là delle differenze
come membri e cittadini di un unico mondo, e ridare slancio e concretezza
all’impegno per la giustizia. La fraternità ci immette in una dimensione
dinamica e relazionale, che l’esperienza concreta delle comunità di fede ancora
custodisce: per questo il dialogo tra di loro torna a vantaggio di tutti. [continua]
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