Si svolge lunedì 28 settembre alle 18, presso la Sala Ricci della Fondazione culturale San Fedele (Piazza San Fedele 4, 20121 Milano), un incontro promosso da Aggiornamenti Sociali insieme a Azione Cattolica ambrosiana, Acli Milano e Argomenti 2000. «Formare alla politica: una sfida per la fede»: questo il titolo dell'evento, pensato come momento di riflessione sulla tema della formazione politica.
La serata sarà anche l'occasione per presentare il volume di Ernesto Preziosi, Una sola è la città. Argomenti per un rinnovato impegno politico dei credenti (AVE, 2015).
Dopo un saluto introduttivo di Giacomo Costa SJ, direttore di Aggiornamenti Sociali, e di don Walter Magnoni, responsabile del Servizio per la pastorale sociale e del lavoro della Diocesi di Milano, interverranno, insieme all'Autore, Gino Mazzoli, formatore, dello studio Praxis di Reggio Emilia, don Rocco D'Ambrosio, docente all'Università Gregoriana e responsabile dell'associazione «Cercasi un fine», Silvia Landra, presidente diocesana Azione Cattolica Ambrosiana, Paolo Petracca, presidente provinciale delle Acli di Milano.
Riportiamo di seguito il paragrafo conclusivo («Da cristiani nelle città») del saggio di Ernesto Preziosi:
«Il percorso proposto da questo volume si conclude così con un invito all’azione, una indicazione operativa (che ne ha pure motivato la stesura): sostenere quell’opera di discernimento, di elaborazione e di confronto che oggi appare sempre più necessaria. Un discernimento che, sulla spinta della storia del laicato cattolico e alla luce del Magistero della Chiesa, sappia misurarsi con l’attuale fase della storia del Paese, tenendo anche conto della frammentazione del mondo cattolico. Un discernimento che è già parte di quel prendere l’iniziativa e confrontarsi in maniera schietta, dandosi reciprocamente fiducia e chiedendo allo stesso tempo a quanti guidano la Chiesa italiana di dare fiducia e incoraggiare senza preclusioni quanto il laicato “già convenientemente formato” potrà fare in tal senso, spendendosi per il bene comune e, con ciò stesso, testimoniando i “buoni frutti” del Vangelo.
Si apre così la strada, che converrà percorrere con passo deciso, di una presenza nuova, prepartitica ma politica e caratterizzata dalla dimensione culturale e che faccia leva sulla diffusa presenza sociale. Una modalità nuova per favorire e sostenere la partecipazione democratica.
Vi è una domanda di concretezza che chiede di fare sintesi tra una visione ideale e la realtà. Interessante è in proposito la relazione tra idea e realtà che ci richiama papa Francesco nella Evangelii gaudium. L’idea serve a cogliere e a dirigere la realtà, quest’ultima – in linea con l’incarnazione – è superiore all’idea. Questa visione chiede ai credenti di fissare lo sguardo sulla Gerusalemme celeste e allo stesso tempo di vivere tra la gente, nella storia «mettendo in pratica la Parola». «Vi sono politici e anche dirigenti religiosi che si domandano» − scrive papa Francesco − «perché il popolo non li comprende e non li segue, se le loro proposte sono così logiche e chiare. Probabilmente è perché si sono collocati nel regno delle pure idee e hanno ridotto la politica o la fede alla retorica. Altri hanno dimenticato la semplicità e hanno importato dall’esterno una razionalità estranea alla gente » (EG 232 ). Di qui l’invito a considerare ”la realtà superiore all’idea” proprio per inculturare il Vangelo nella vita dei popoli. Inoltre «questo criterio ci spinge a mettere in pratica la Parola, a realizzare opere di giustizia e carità nelle quali tale Parola sia feconda. Non mettere in pratica, non condurre la Parola alla realtà, significa costruire sulla sabbia, rimanere nella pura idea e degenerare in intimismi e gnosticismi che non danno frutto, che rendono sterile il suo dinamismo» (EG 233). Parole che suonano invito ai credenti a fare insieme, qui e ora, la loro parte.
Queste pagine si propongono di offrire argomenti per un rinnovato impegno politico dei credenti. Per quanti cioè si trovano a camminare ogni giorno nella città degli uomini elevando lo sguardo alla Gerusalemme celeste. La città che abitiamo in fondo è una sola, ciò a cui siamo chiamati è una duplice fedeltà, a Dio e all’uomo, così come viviamo una, esigente, duplice appartenenza: alla città terrena e alla città celeste.
In un testo scritto quando era vescovo di Buenos Aires il cardinal Bergoglio, citando un’espressione del Documento De Aparecida (documento conclusivo della V Conferenza generale dell’episcopato latinoamericano e dei Caraibi tenutasi ad Aparecida dal 13 al 31 maggio 2007) dice che lo sguardo che vuol condividere è quello di «un pastore che cerca di andare a fondo nella sua esperienza di credente, di uomo che crede, che “Dio vive nella sua città”». Dobbiamo scegliere di vivere nelle nostre città e di abitarle da cristiani. L’impegno politico nasce per noi dal vivere in pienezza la nostra cittadinanza. Su queste nuove frontiere, in un mondo in grande trasformazione, si apre, nella speranza cristiana, una nuova stagione per l’impegno politico dei credenti.
Ha scritto ancora Bergoglio nel testo ora citato: «Quando prego per Buenos Aires, ringrazio che sia la città nella quale sono nato. L’affetto che scaturisce da una tale familiarità aiuta a incarnare l’universalità della fede che abbraccia tutti gli uomini di tutte le città». Il futuro pontefice a questo punto propone un’immagine della città complessa per dire cosa significa vivere nella città con lo sguardo della fede: «Oggi che i vincoli di razza, storia e cultura non sono omogenei e neanche i diritti civili sono uguali per tutti, essere cittadino di una grande città è qualcosa di molto complesso. Nella città ci sono moltissimi “non cittadini”, “cittadini a metà” e “di troppo”. O perché non godono di pieni diritti – gli esclusi, gli stranieri, i senzatetto, i bambini non scolarizzati, gli anziani e i malati senza protezione sociale – o perché non assolvono ai propri doveri. In questo senso, lo sguardo trascendente della fede, che conduce al rispetto e all’amore del prossimo, aiuta a scegliere di essere cittadino di una realtà concreta e mettere in pratica atteggiamenti e comportamenti che creano cittadinanza». (J.M. Bergoglio, Dio nella città, San Paolo 2013).
Comprendiamo allora che la città, presa come immagine della politica, è sempre una sola: è insieme Babilonia e Gerusalemme, al centro vi è la persona e la visione della persona sta al centro della costruzione della città. Infatti, «l’azione dell’uomo sulla terra, quando è ispirata e sostenuta dalla carità, contribuisce all’edificazione di quella universale città di Dio verso cui avanza la storia della famiglia umana. In una società in via di globalizzazione, il bene comune e Nazioni, così da dare forma di unità e di pace alla città dell’uomo, e renderla in qualche misura anticipazione prefiguratrice della città senza barriere di Dio» (Civ 7).
I cristiani abitano sempre “città greche o barbare”, come ricordava già la Lettera a Diogneto, non abitano città “loro proprie”, il loro essere cittadini di città secolarizzate, plurali, non li mette in difficoltà, anzi sollecita la loro passione per il Vangelo, li porta a essere solidali con gli altri cittadini, a fare la loro parte, a partecipare alla costruzione della città dando il loro contributo proprio con la visione della persona e aiutando così a costruire città meno autosufficienti da Dio, più giuste, più fraterne.