Distanti, ma non da soli. L’accoglienza fuori e dentro la scuola italiana dei minori ucraini
Il 24 febbraio 2020 era un lunedì e quel giorno iniziava una prima fase
di chiusura delle scuole nelle Regioni italiane dove si registravano i
primi segni della pandemia. Quest’anno, sempre il 24 febbraio, il presidente
russo, Vladimir Putin, ha dato inizio alla cosiddetta “operazione
speciale” nella regione del Donbass, che nei fatti si è tradotta nell’aggressione
militare dell’Ucraina. Inizialmente, la maggior parte degli osservatori
internazionali riteneva che si sarebbe trattato di una guerra lampo,
mentre oggi sappiamo che le cose non sono andate esattamente secondo le
previsioni: il conflitto si sta cronicizzando e una soluzione sembra essere
lontana.
La guerra, come la pandemia, ha coinvolto numerosi aspetti della
nostra vita con conseguenze di particolare rilievo anche nell’ambito della
scuola. Se due anni fa, in molti casi, si è dovuto fare i conti con l’impreparazione
iniziale rispetto a una repentina transizione verso il digitale, in
un contesto caratterizzato da grandi squilibri nella dotazione di risorse
materiali e culturali (cfr Felini e D’Abbicco 2020; Lucisano 2020), nel
caso dell’inserimento dei minori ucraini il nostro Paese ha potuto contare su maggiore prontezza istituzionale, attingendo anche alla consolidata
esperienza nel campo dell’inclusione di alunni portatori di bisogni
educativi speciali. [continua]
Ti interessa continuare a leggere questo articolo? Se sei abbonato inserisci le tue credenziali oppure
abbonati per sostenere Aggiornamenti Sociali
Update RequiredTo play the media you will need to either update your browser to a recent version or update your
Flash plugin.
© FCSF 