Un settore da sostenere e da rinnovare, di Flavia Piccoli Nardelli;
Un diritto, una risorsa e un’opportunità, di Paola Dubini;
La cultura ci fa crescere, di Pier Francesco Pinelli
"Senz’arte non si riparte”: è questo il grido, sempre più disperato,
che si leva dalle manifestazioni che segnalano lo stato di crisi di
uno dei settori più colpiti dalla pandemia, insieme a quelli
del turismo, della ristorazione, del trasporto aereo. Musei, teatri, cinema,
centri culturali di ogni dimensione hanno le porte sbarrate o sono costretti a
fare i conti con i drastici limiti alla capienza. E quindi agli incassi, mettendo
a repentaglio la sopravvivenza degli operatori del settore, soprattutto i più
fragili, i più precari, i più giovani. E magari anche i più creativi.
“La cultura può essere il motore della ripresa” è invece il mantra che si
sente ripetere con altrettanta frequenza. È vero, come dimostrano trent’anni
di esperienza nel campo dei processi di rigenerazione urbana, a partire dal Green Paper EU on the Urban Environment (1990) e dal programma
European Cities Of Culture. Su questa base la cultura è stata riconosciuta
come catalizzatore della rigenerazione e dello sviluppo locale.
Può esserlo anche a livello di sistema Paese, specie per una nazione come
l’Italia, forte del suo immenso patrimonio.
La pandemia è allora l’opportunità per riscoprire la cultura non solo
come asset cruciale nel quale il nostro Paese ha tradizionalmente un
vantaggio competitivo, ma come strumento di coesione sociale per le persone
e i territori, prezioso per conoscersi e riconoscersi, per dare un senso
condiviso a quanto si vive e generare visioni di futuro. Ma perché questo
scenario possa avverarsi, il settore della cultura ha bisogno di essere sostenuto
e accompagnato in un percorso di rinnovamento. Oltre a quella di
sopravvivere, dovrà necessariamente affrontare la sfida di cambiare,
per potersi ritrovare in sintonia con una società e un mondo che sono
già diversi e lo saranno ulteriormente.
Un primo fronte riguarda certamente l’innovazione tecnologica.
I mesi di lockdown hanno visto una crescita della fruizione digitale di
prodotti culturali, con anche il coinvolgimento di nuovi pubblici. Questa
novità andrà messa a sistema e sintonizzata con i canali tradizionali, affrontando
anche la questione della remunerazione, senza smarrire quanto
in questo periodo è stato sperimentato con successo.
Ma la sperimentazione sarà chiamata ad ampliarsi, al servizio di nuove
forme di partecipazione alla vita sociale e civile, con una particolare
attenzione alle persone più fragili, a partire da un attento ascolto di una
realtà sociale che si sta scoprendo più precaria e frammentata da crescenti
disuguaglianze. In una parola, meno integrata. La questione della sostenibilità
del settore della cultura non potrà essere slegata da quella del
suo contributo alla realizzazione di una società sostenibile, in termini
non solo economici, ma anche sociali e ambientali: è questa la direzione
in cui elaborare nuovi modelli, nuove sintesi, nuove visioni. Ne avevamo
bisogno prima della pandemia, ne abbiamo ancora più bisogno adesso.
Cruciale sarà in particolare l’elaborazione di proposte capaci di inclusione,
nella consapevolezza che i settori culturali sono troppo spesso
parte attiva del fenomeno dell’esclusione. Non si tratta solo di barriere
di tipo architettonico o finanziario. Sono tre i nodi che le istituzioni
culturali dovranno affrontare in maniera approfondita: a) la rappresentazione:
in che modo le persone o i gruppi svantaggiati si sentono ascoltati
e rappresentati dalla cultura che viene promossa; b) l’accesso: come
possono i diversi pubblici godere effettivamente dei servizi e degli spazi
della cultura. Le barriere sono di molti tipi: cognitive, attitudinali, tecnologiche,
culturali, di informazione; c) la partecipazione: in che modo le
persone o i gruppi possono diventare concretamente co-produttori delle
attività culturali.
In questo scenario, i fondi in arrivo dall’Europa rappresentano un’opportunità
troppo preziosa per poterla sprecare. Per questo intorno al settore
della cultura e alle strategie per il suo rinnovamento serve un dibattito,
che favorisca l’emersione delle proposte più interessanti. Per agitare le idee,
abbiamo chiesto
il contributo di tre persone che, a vario titolo e con
modalità diverse, sono attivamente coinvolte nei processi di evoluzione
del settore della cultura in Italia. Parlano di ciò che conoscono e
praticano, e per questo possono aiutarci a mettere a fuoco il profilo di una
sfida che ci riguarda tutti. [continua]
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