In occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato (20 giugno), il Centro Astalli di Roma - sezione italiana del Jesuit Refugee service, Ong dei gesuiti che in tutto il mondo assiste e protegge i rifugiati - organizza per oggi, martedì 16 giugno, il convengo "L'approdo che non c'è", un colloquio sulle migrazioni con Stefano Rodotà, monsignor Giancarlo Perego, Direttore Generale della Fondazione Migrantes, e Camillo Ripamonti SJ, Presidente del Centro Astalli. Modera Giorgio Zanchini, giornalista Rai. L'appuntamento è alle ore 18 presso l’Aula Magna della Pontificia Università Gregoriana.
Nell'occasione verrà anche presentata una pubblicazione che riporta il testo integrale dell’intervento di Enzo Bianchi, priore di Bose, tenuto sempre al Centro Astalli in una precedente occasione. Di seguito pubblichiamo la parte iniziale dell'intervento.
Qui l'audio del discorso integrale.
«Cari amici, sono qui tra di voi per ascoltare, per vedere, per rendermi consapevole di una situazione drammatica che voi vivete collocandovi dentro, in piena solidarietà, a caro prezzo. Le cose che abbiamo ascoltato sono state precise, documentate, ma proprio per questo ci hanno ferito in profondità. Ne dico una soltanto, parabola di tante altre domande che dovremmo farci: quando è stato ricordato che le regioni d’Italia che più faticano a aprirsi all’accoglienza sono le regioni economicamente più solide, vorrei anche dire che sono le regioni nelle quali la chiesa è più presente e quelle che si dicono più cattoliche. E allora dovremmo interrogarci sulla qualità della nostra fede cristiana cattolica in Italia: è una grande vergogna che provo come cattolico e che dovrebbe essere ecclesiale.
Vorrei anche dirvi il sentimento di vergogna e di indignazione che provo e che rinnovo ogni giorno ormai da 15 anni per questo nostro affondare sempre più in una barbarie che nega, stravolge, calpesta quella virtù umanissima che proprio nel Mediterraneo era stata generata, si era affermata nell’antichità e poi nella storia cristiana, come la prima urgenza per il cammino dell’umanizzazione: la
filoxenia greca, l’ospitalità ebraica e poi l’accoglienza cristiana.
Filoxenia è il nome che voi trovate su tutti gli affreschi medioevali del Mediterraneo che raffigurano l’ospitalità praticata da Abramo nei confronti di tre stranieri sconosciuti che erano Dio stesso. Icona che ispirava l’azione doverosa verso chi, sconosciuto, giunge, appare, viene da lontano, straniero, migrante, rifugiato, pellegrino, nomade, fuggitivo.
Vorrei che voi che aiutate questi fratelli e queste sorelle in umanità chiedeste loro perdono a nome delle nostre comunità civili e religiose. Non sappiamo impedire le tragedie che spingono i rifugiati fin qui; restiamo indifferenti verso questa gente che nutre il sogno umano di vivere, vivere senza violenza e senza fame. E chiedete anche perdono per chi tra di noi arriva anche ad essere blasfemo verso queste tragedie che si ripetono ogni giorno, arrivando al dileggio e al sarcasmo. Parole dette da quella che noi chiamiamo “la gente”, ma che mostrano che in questi anni c’è stato una sorta di avvelenamento. L’unica cosa che dobbiamo chiedere è: “Padre perdona loro, non sanno quello che dicono”.
In verità siamo soprattutto noi responsabili di queste tragedie, di questi esodi che si concludono sovente nell’essere immersi nel mar Mediterraneo. Quando nel 2002 scrissi il libro “Ero straniero e mi avete accolto” e avevo osato dedicarlo a quanti nel mar Mediterraneo trovavano la morte, non immaginavo che quel dramma si sarebbe ripetuto e sarebbe giunto fino ad oggi in una forma sempre più crescente. Sono passati 13 anni da allora e ciò che pareva un evento è diventata invece una catena di eventi. Ed ora confesso di prevedere che purtroppo continuerà e che sarà un grido di vendetta al cospetto di Dio ed una imputazione incancellabile per le nostre coscienze.»
Enzo Bianchi