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#verso la COP27. Loss and damage: l’appello dei gesuiti africani

Il concetto di “loss and damage” (perdita e danno) riguarda quelle conseguenze dei cambiamenti climatici che non possono essere evitate né mitigate. Si tratta, pertanto, di danni irreversibili.

A partire dalla COP21 di Parigi (2015) si è fatto strada il progetto di un meccanismo di assicurazione globale contro tali rischi. Tuttavia, fino ad oggi, non è ancora stato raggiunto un accordo sulla copertura finanziaria. Un piano presentato dai Paesi in via di sviluppo e denominato Loss and Damage Finance Facility è stato rigettato nelle battute finali della COP26 di Glasgow dello scorso anno.
Il nodo politico è rappresentato dal fatto che la crisi climatica è stata principalmente prodotta dalle economie dei Paesi industrializzati, ma le sue conseguenze più gravi ricadono principalmente sui Paesi del Sud globale. 
In preparazione alla COP27, quattro gesuiti africani, nel documento Responding to the Signs of Times: A Theological Reflection on Loss and Damage lanciano un appello affinché la comunità internazionale assuma la prospettiva dei Paesi più vulnerabili:
«Il discorso sui cambiamenti climatici nel Nord globale – affermano – è focalizzato sulla mitigazione dei loro effetti. Questo approccio è figlio del privilegio, fatto su misura per quei Paesi che non stanno già sperimentano tutta la portata degli impatti climatici e che dispongono di ampie reti di previdenza sociale e di strumenti di protezione che li aiutano a far fronte agli eventi estremi. [La nostra proposta] mira a inquadrare il problema dal punto di vista delle persone colpite» (p. 2).
Per contro, i gesuiti africani invitano ad assumere quella che la dottrina sociale della Chiesa chiama “opzione preferenziale per i poveri”, cioè assegnare una priorità ai diritti delle fasce più deboli. Sarebbe un modo di concretizzare quella giustizia di cui parla Gesù quando afferma di essere venuto «a portare ai poveri il lieto annuncio, proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista, a rimettere in libertà gli oppressi e a proclamare l’anno di grazia del Signore» (Lc 4,18).
I Paesi più poveri stanno già portando il peso economico degli eventi estremi. Per esempio, i cicloni del 2019 hanno causato oltre 3 miliardi di danni in Mozambico, pari a circa il 30% del prodotto interno lordo nazionale, senza contare le perdite di vite umane. Queste stime non tengono nemmeno conto delle conseguenze di lungo termine della degradazione degli ambienti di vita e di lavoro. Ma le conseguenze non sono soltanto di tipo economico: «l’eredità culturale, la coesione sociale, le abitudini quotidiane, il senso di identità e le relazioni umane» (p. 5). Sono valori irrinunciabili, proprio nell’ottico dello sviluppo umano integrale promosso dalla dottrina sociale della Chiesa. Questo approccio «è radicato nella convinzione teologica che tutte le cose sono fondamentalmente connesse e aspirano a uno stato di armonia, ma i peccati possono portare a danni e disarmonie» (ibid.). Le perdite e i danni causati dai cambiamenti climatici sono quindi un problema morale per la coscienza cristiana.
Inoltre, poiché la crisi climatica è principalmente causata da una parte dell’umanità e principalmente pagata da un’altra, il problema si pone in termini di giustizia riparativa. Attivare dei processi di riparazione del danno può «aiutare i Paesi e le imprese complici della crisi climatica a espiare le proprie colpe per costruire equilibrio, pace e prosperità in futuro. Al momento, il quadro politico globale sul cambiamento climatico cerca di aggirare l'ostacolo, impegnandosi a ridurre i possibili impatti futuri del cambiamento climatico. Ma questo nega la realtà del mondo di oggi, i segni dei tempi, che il cambiamento climatico è un pericolo reale e presente che causa sofferenza a milioni di persone. Per il bene di queste persone e per l'espiazione dei responsabili, è necessario un fondo per la riparazione delle perdite e dei danni che possa aiutare il processo di guarigione sia delle vittime sia dei responsabili» (p. 6).

 

Leggi il testo completo del documento (in inglese):
https://www.jesuits.africa/wp-content/uploads/2022/09/Responding_to_the_Signs_of_the_Times_-_A_Theological_Reflection_on_Loss_and_Damage_original.pdf 

 
3 novembre 2022
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