Ventimiglia, il Brennero e il teatrino europeo
Maurizio Ambrosini
I profughi continuano a occupare le prime pagine dei giornali, accompagnati da polemiche e drammatizzazioni. Frontiere chiuse a Ventimiglia e al Brennero, stazioni ferroviarie di Roma e Milano affollate di persone in cerca di riparo, presidenti di regioni e sindaci che giocano allo scaricabarile. Si leggono sui giornali dichiarazioni di amministratori locali che dichiarano di essere allo stremo delle forze.
Si trascura (volutamente?) il fatto che i rifugiati transitano: a Milano su 60.000 passati in due anni, hanno chiesto asilo in poche centinaia. In Italia, circa 70.000 su 170.000 nel 2014. I blocchi di Ventimiglia e del Brennero di fronte a queste cifre rivelano la loro natura essenzialmente simbolica, si potrebbe dire teatrale: i governi dei paesi vicini cercano anch’essi di far credere ai loro elettori che stanno fermando l’invasione.
Ma per comprendere le reali dimensioni della questione occorre allargare lo sguardo. In questi giorni a Tunisi si è svolto l’annuale incontro MIGRAMED tra le Caritas dei Paesi affacciati sul Mediterraneo. I lamenti provenienti dall’Italia e dall’Europa strappavano sorrisi amari ai responsabili dell’accoglienza dei rifugiati in Libano e in Giordania: nel primo caso, le stime oscillano tra 1,5 e 2 milioni di profughi, pari a circa il 30% della popolazione; nel secondo, i numeri sono intorno a 1 milione, pari al 20% degli abitanti. Allo Stato giordano l’accoglienza è costata 2,9 miliardi di euro, di cui solo il 19% è stato coperto da aiuti internazionali. Pensare e ripetere che città come Roma e Milano sono allo stremo per l’accoglienza di qualche centinaio di rifugiati, da quelle parti suona surreale.
Tra le tante, è poi circolata l’ipotesi di istituire degli hub per l’esame delle domande sulla sponda Sud del Mediterraneo. Chi opera in quei Paesi avanza parecchie perplessità. Le politiche locali su immigrazione, asilo, diritti umani sono fragili, inattuate, spesso inesistenti. La protezione dei profughi secondo standard europei, quanto a salute, scuole dell’infanzia e tutto il resto, susciterebbe risentimenti nella popolazione locale che non ne beneficia. I richiedenti asilo che vedessero negata la loro istanza rimarrebbero comunque molto probabilmente sul territorio, senza beneficiare degli aiuti europei. Mentre il reinsediamento di profughi da Libano e Giordania avrebbe senso, scaricare sul fragile Nord-Africa il barile delle nostre chiusure aumenterebbe i problemi, anziché gestirli.
18 giugno 2015
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