Riceviamo e pubblichiamo questa nota del gesuita Domenico Pizzuti, che da diversi anni svolge il proprio apostolato nei quartieri più disagiati di Napoli.
La “questione Rom” è scomparsa dal dibattito politico e dalle discussioni a livello di opinione pubblica. Resta però immutata la latitanza di intervento e di programmazione da parte delle amministrazioni pubbliche, cittadina e regionale, negli ultimi anni.
Così, all’inizio del 2020 ho deciso di riprendere in mano la “questione Rom” a Napoli e dintorni insieme ad altri, per un contributo di riflessione ed intervento nel dibattito politico e culturale, per un riconoscimento dei diritti delle popolazioni Rom e un miglioramento delle loro condizioni e di vita sul territorio.
L’8 gennaio ho perciò incontrato a Scampia, nella sede del ristorante etno-gastronomico Chikù, due operatrici culturali dell’Associazione “Chi rom...chi no”, in ragione delle loro esperienze e riflessioni di lunga data su questo tema, per mettere sul tappeto vari aspetti della questione. E per contribuire a una convergenza dei vari interventi e azioni da parte di associazioni, comitati, singoli di volontariato pro-Rom, attivi a Napoli e dintorni.
In primo luogo si è ritenuto necessario definire il campo di osservazione e intervento per quanto riguarda le diverse presenze territoriali delle popolazioni Rom in campi ufficiali o spontanei nell’area napoletana, senza per ora procedere ad un censimento quantitativo/qualitativo di queste presenze.
A Scampia dal 2000 esiste il campo comunale di via Circonvallazione esterna di Secondigliano che ospita circa 400 Rom, e uno spontaneo a Cupa Perillo, un’autentica baraccopoli abitato da oltre tre decenni da Rom provenienti dalla dissoluzione della ex-Jugoslavia, in una situazione di degrado territoriale per immondizie non rimosse per anni e mancanza di servizi essenziali. Per la mancanza di alternative abitative e lavorative reali, con uno sgombero forzato volontario gli 800 abitanti di un tempo si sono ridotti a circa 350; gli altri sono ritornati nei Paesi di origine o si sono spostati in Paesi europei con migliori condizioni di vita e di assistenza (Francia, Germania).
A Santa Maria del Pozzo è stato predisposto recentemente un campo comunale per qualche centinaio di Rom romeni sgomberati forzatamente da due campi di Gianturco dall’amministrazione comunale, con relativa dispersione senza alternative di decine di famiglie. Una parte di loro ha trovato sistemazione provvisoria e precaria in un’area abbandonata dell’ex-Mercato ortofrutticolo. Inoltre sono da segnalare, in seguito alla prima ondata di Rom romeni, le famiglie ospitate dal Comune in una struttura scolastica abbandonata, la “Scuola Deledda”.
Sempre nell’area napoletana si annovera da decenni il campo di Barra-Ponticelli, nascosto agli occhi della popolazione, con un centinaio di tranquille famiglie Rom. Presenza rilevante e critica per i ripetuti sgomberi forzati e le critiche condizioni di vita è quella delle famiglie Rom di Giugliano (circa 400 persone). È da segnalare la latitanza del Comune a provvedere a soluzioni abitative alternative, come richiesto da organismi dell’Unione Europea. Infine vi sono alcune decine di famiglie Rom nel campo di Casoria, con criticità di condizioni e difficoltà di soluzioni abitative alternative al campo.
Proseguendo la riflessione per quanto riguarda la presenza e l’intervento di gruppi di volontariato pro Rom, a mio avviso si rileva negli ultimi anni:
- una frammentazione e un mancato coordinamento di tali presenze, in libera uscita, potremmo dire. Eterogenea è anche l’impostazione (assistenziale, di difesa e promozione dei diritti delle popolazioni Rom, ecc.) in riferimento alla criticità delle condizioni di vita nei vari campi, e manca una visione più politica e culturale per una risoluzione della questione secondo la normativa europea e nazionale in contatto con le pubbliche amministrazioni interessate;
- un problema effettivo di rappresentanza dei bisogni e diritti delle popolazioni Rom nel territorio nei confronti delle istituzioni e dell’opinione pubblica, rappresentanza che certo non spetta solamente alle associazioni nel loro complesso o a singole associazioni. Dopo il fallimento (per stupidità) di un tentativo di costituire una rete di queste associazioni a Napoli, occorre studiare le sedi e le forme di convergenza di tali comitati ed associazioni per un’efficace rappresentanza nei confronti delle pubbliche amministrazioni;
- va elaborata nuovamente una progettazione comune dal basso nei confronti dell’amministrazione comunale e regionale, per il riconoscimento dei diritti delle popolazioni Rom - secondo la “Strategia nazionale di inclusione sociale di Rom, dei Sinti e dei Camminanti” 2012-2020, largamente disattesa non solo a Napoli - e il miglioramento delle loro condizioni di vita, con una convergenza di conoscenza delle criticità delle diverse situazioni e la presentazione di proposte riguardanti gli assi del documento menzionato (abitazione, istruzione, sanità e lavoro).
Da queste brevi note, è chiara la condizione di abbandono e precarietà degli abitanti di queste baraccopoli, e soprattutto negli ultimi anni la lontananza e latitanza dell’amministrazione comunale che configura un’autentica grave “omissione” delle normative europee e nazionali per mancanza di una vera programmazione di interventi in un confronto con le associazioni operanti sul territorio.
A nostro avviso, ma non solo, al di là delle situazioni locali, il problema di fondo è non solo o tanto la regolarizzazione delle presenze sul territorio e l’acquisizione della cittadinanza per le giovani generazioni secondo le regole vigenti, ma la mancanza di RICONOSCIMENTO di questa minoranza nel nostro Paese, tema su cui esistono diverse proposte giacenti alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica. Rimane tuttora irrisolto il problema del superamento della sistemazione dei Rom in campi, per cui l’Italia è stata definita “campland”, per favorire l’inclusione abitativa da implementare secondo diverse alternative nell’edilizia pubblica e privata.
Infine si intende proporre ai vari gruppi di volontariato pro Rom un Seminario di studio metodologico, per favorire una visione comune delle politiche sociali pro Rom con la partecipazione di rappresentanti di varie esperienze e progetti nelle regioni italiane, dopo il periodo pasquale presumibilmente nel mese di maggio.
Domenico Pizzuti SJ