Qualcuno oggi dice che Trump non scherzava, e sta ora attuando il suo programma elettorale. Qualcun altro che continua a fare propaganda come se la campagna per la Casa Bianca non fosse terminata. In ogni caso le politiche dell’immigrazione confermano e persino accrescono il loro valore simbolico: Trump difende i suoi provvedimenti a colpi di tweet, sostenendo di voler difendere la nazione e riaffermare la sovranità nazionale. Impedendo l’ingresso di famiglie di rifugiati con bambini, di professori universitari e giornalisti, peraltro soltanto da paesi musulmani poveri e in cui non ha interessi economici. Non dall’Arabia Saudita, dal Qatar o dall’Egitto.
Malgrado il consenso che trovano anche in Italia, occorre domandarsi se le scelte del nuovo inquilino della Casa Bianca siano giuste, sostenibili e vantaggiose per il suo paese.
Sul primo profilo, quello etico, si sono già espressi giudici, organizzazioni umanitarie, leader religiosi: negare asilo a chi fugge da guerre e persecuzioni, minacciare di deportazione persone da anni soggiornanti e occupate negli Stati Uniti, rovinare le relazioni internazionali con mezzo mondo non è giustificabile. Neppure in nome di un asserito interesse nazionale.
Sotto il profilo della sostenibilità, parlerà il futuro. Mi limito a ricordare che già esistono 1.000 km di muro con il Messico, e gli Stati Uniti sono arrivati a deportare 300.000 persone all’anno sotto la presidenza Obama. Ciò nonostante, hanno 11 milioni di immigrati irregolari insediati sul territorio. Quasi la metà degli addetti alla raccolta di frutta e verdura, secondo stime ufficiali, sono immigrati irregolari. Trattenerli e deportarli tutti richiederà risorse enormi e danneggerà interi settori economici.
Il terzo problema è quello dei vantaggi effettivi per il paese. Privare il sistema economico dell’apporto di intelligenze straniere, le università di talenti, l’agricoltura di braccia, non gioverà agli Stati Uniti. I rifugiati che non troveranno asilo saranno più facilmente agganciati da organizzazioni estremiste. I paesi che non avranno più negli Stati Uniti un alleato politico e un partner economico guarderanno altrove.
Concludendo, la politica per essere efficace e lungimirante non può limitarsi a guardare al consenso interno, ma deve avere orizzonti più ampi. Altrimenti nuocerà a quegli stessi cittadini che dice di proteggere.