La ricostruzione de L’Aquila è finita nel mirino dell’Unione Europea. In un rapporto, firmato dall’eurodeputato danese Soren Sondergaard (Sinistra Unitaria), si parla di prezzi gonfiati nella costruzione di nuovi appartamenti, scarsa qualità degli edifici, infiltrazioni mafiose negli appalti e negligenze nei controlli. L’Italia rischia ora di dover restituire all’Unione Europea almeno 350 milioni di euro.
Secondo il deputato danese, che riprende dati forniti dalla Corte dei Conti europea, ogni appartamento ricostruito sarebbe costato il 158% in più rispetto al valore di mercato: solo il calcestruzzo è stato pagato 4 milioni oltre la cifra preventivata, i pilastri degli edifici sono venuti a costare 21 milioni in più. Le abitazioni, pur essendo costate molto care, sono di bassa qualità. Nel rapporto si parla di «materiale generalmente scarso, impianti elettrici difettosi, intonaco infiammabile» e di alcuni edifici fatti sgomberare dalla magistratura perché «pericolosi e insalubri».
Sulla ricostruzione avrebbero inciso anche pesanti infiltrazioni mafiose. Il rapporto cita, oltre a un ricorso massiccio al subappalto affidato ad aziende che non disponevano del certificato antimafia, anche imprese che hanno «legami diretti o indiretti con la criminalità organizzata».
Su questa situazione al limite della legalità, secondo Soren Sondergaard, non avrebbe vigilato a sufficienza né lo Stato italiano né, tanto meno, l’Unione Europea. Il deputato danese parla di «evidente negligenza» nelle ispezioni.
La ricostruzione però non può essere descritta solo a tinte fosche. Come evidenziano Gian-Luigi Bulsei ed Elena Pera nell’articolo
Abruzzo 2009-Emilia 2012 (pubblicato sul numero di novembre di
As), l’emergenza causata dai due terremoti ha dato vita anche a positivi processi di partecipazione sociale. Si tratta di forme di sussidiarietà sul campo attraverso i quali le comunità locali hanno operato per ridisegnare il proprio territorio e, quindi, il proprio futuro. Un modello di democrazia partecipativa che disegna nuovi processi decisionali che poggiano sulla collaborazione tra attori istituzionali e sociali.