Sesta Opera San Fedele, da cent’anni con i carcerati
Interviste a Guido Chiaretti e a Paola Zuzzaro, rispettivamente Presidente e volontaria della Sesta Opera San Fedele, a cura di Mauro Bossi SJ della Redazione di Aggiornamenti Sociali
L’associazione Sesta Opera San Fedele nasce un secolo fa e l’ispirazione
cristiana e della spiritualità ignaziana è stata determinante per dare vita
a questa nuova realtà attiva nel contesto sociale milanese. Ci può aiutare
a capire meglio in che modo ha influito questa duplice ispirazione?
Guido Chiaretti: La Sesta Opera San Fedele viene fondata nel 1923 da un imprenditore,
Carlo Egidio Legnani, nel contesto di quelle che si chiamavano allora Congregazioni
Mariane, associazioni laicali vicine alla spiritualità dei gesuiti oggi
diventate la Comunità di Vita Cristiana (CVX). L’iniziativa è stata propriamente
una risposta alle parole di Gesù «ero in carcere e siete venuti a trovarmi
» (Matteo 25,36). Visitare i carcerati secondo il catechismo di Pio X è la
sesta opera di misericordia corporale, da cui prende il nome l’associazione.
Accanto a questa ispirazione e al legame storico con i gesuiti, la Sesta Opera
ha sempre avuto la volontà di agire sulle istituzioni e di coinvolgere più persone,
indipendentemente dalle loro convinzioni religiose, tenendo al centro
della propria missione il principio della dignità di ogni persona. È questo un
punto qualificante per tutta la storia dell’associazione.
Per questo, sin dalle origini, la
Sesta Opera non si è limitata all’assistenza
diretta ai detenuti, ma ha cercato
di attivare le risorse sociali della
borghesia milanese e della nobiltà
cittadina dell’epoca, per agire sul
contesto e sulla politica e riformare
l’istituzione carceraria. Ad esempio,
negli anni ’20 del secolo scorso i minori
erano ancora in carcere con gli
adulti. La pressione esercitata da Legnani
e dal conte Venino, presidente
dell’Ente Beccaria, l’unica istituzione autorizzata dallo Stato fascista a fare
da collegamento tra il carcere e la società, ha permesso di istituire il primo
carcere minorile e il primo tribunale per i minorenni.
Il secondo punto di svolta è nel 1975, quando una rete di gruppi cattolici
che lavoravano in carcere, compresa la Sesta Opera, fa un’azione di
lobbying che sfocia nell’adozione del nuovo Ordinamento penitenziario,
che apre il carcere alla società civile. Da quel momento, l’ingresso del
volontariato e del Terzo settore nel mondo carcerario non dipende più
dalla buona volontà della direzione dei singoli istituti di pena, ma è un
fatto sancito dalla legge, riconosciuto dagli artt. 17, 45, 46 e 78 del codice
penitenziario (Legge 26 luglio 1975, n. 354). In seguito alla riforma del
sistema penitenziario, le realtà impegnate in carcere in Lombardia passano
così dalle sei o sette degli anni precedenti a circa venti. [Scarica il pdf per continuare a leggere]
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