Sono passati cinquant’anni dall’assassinio di Robert F. Kennedy (5 giugno 1968), ma le parole di un grande protagonista del secolo scorso, rilette alla luce delle sfide e delle emergenze dei nostri giorni, risuonano ancora potentemente “profetiche”. È quanto mette bene in evidenza il volume curato dai due giornalisti Mauro Colombo e Alberto Mattioli, Parola di Bob (In Dialogo 2018, pp. 184, euro 16), in cui alcuni dei più ispirati discorsi del politico americano sono commentati da autorevoli voci del nostro tempo: studiosi, uomini e donne di legge, esponenti del mondo accademico e culturale.
«Quelle che leggiamo – scrivono i curatori ‒ sono parole ancora capaci di rivoluzionare i cuori e accendere passioni, esattamente come accadde nei giorni esaltanti della sua campagna elettorale e in quelli tragici della sua morte. Il suo pensiero è una porta aperta alle novità, al cambiamento possibile: “Molti uomini vedono le cose come sono e dicono: perché? Io sogno cose che non sono mai state e dico: perché no?” Robert Kennedy metteva in guardia i suoi contemporanei dai pericoli dell’inerzia rassegnata, del realismo di basso profilo, della pavidità e dell’agiatezza, spronando ogni persona a essere una scintilla per il cambiamento: “Pochi avranno la grandezza necessaria a piegare la storia, ma ciascuno di noi può operare per modificare una minuscola parte degli eventi e tutte queste azioni formeranno la storia di questa generazione”». Monito e prospettive che ancora interpellano la vita dei nostri contemporanei, come i commenti raccolti nel volume mettono bene in luce.
Tra coloro che hanno collaborato, commentando i testi proposti, ci sono anche il nostro direttore e presidente della Fondazione Culturale San Fedele, Giacomo Costa SJ, e il redattore della stessa Aggiornamenti Sociali, Paolo Foglizzo. Gli altri contributi sono firmati da Umberto Ambrosoli, Piero Bassetti, Furio Colombo, Nando Dalla Chiesa, Paolo Magri, Giusi Nicolini, Valerio Onida, Cristina Pasqualini, Savino Pezzotta, Livia Pomodoro e Venanzio Postiglione. La prefazione è di Marco Tarquinio.