Bruxelles non è solo la sede di alcune importanti istituzioni europee, è anche un centro pullulante di organizzazioni della società civile dedite ad attività di advocacy, impegnate a sensibilizzare le stesse istituzioni su vari temi. Contro una certa tendenza ad associarle a forme più o meno opache di pressione istituzionale, tali attività sono regolamentate dal diritto comunitario. Si trovano così organizzazioni culturali che promuovono le arti; ONG che lottano per la giustizia e il rispetto dei diritti umani; associazioni ambientaliste. Il mosaico si arricchisce con le voci dei rappresentanti dell’agricoltura, dell’industria del tabacco, delle aziende petrolifere, dei rappresentanti di varie potenze extraeuropee e di gruppi di pressione di vari orientamenti politici. Questi attori sono animati dalla ricerca di un unico obiettivo: influenzare la legislazione europea e le politiche attuative. Il potere legislativo rimane una delle forze più determinanti nel plasmare non solo il presente, ma anche il futuro.
Il lavoro di advocacy comprende diversi aspetti. Da un lato, può avere un impatto rilevante su milioni di persone in tutta Europa, e anche al di fuori dei suoi confini; dall’altro, è strettamente dipendente dal contesto in cui si realizza, in quanto richiede una comprensione delle strutture istituzionali esistenti, delle normative di riferimento e delle diversità culturali interne all’Unione Europea. Spesso l’azione di advocacy è contestata, perché può incontrare forti opposizioni in quasi tutti i settori, e richiede al tempo stesso rigore intellettuale e pensiero strategico, ovvero la capacità di intercettare in modo tempestivo un tema di rilevanza politica, trovando i partner e i sostenitori più efficaci per promuovere le proprie campagne.
In queste pagine si osserverà più da vicino lo sviluppo di una esperienza di advocacy promossa dal Jesuit European Social Centre (JESC), la Future Generations Initiative (FGI, Iniziativa per le generazioni future, <https://fitforfuturegenerations.eu>), che si propone di sostenere politiche che tengano conto degli impatti a lungo termine delle misure adottate e della giustizia fra generazioni. I passi compiuti finora e i risultati già raggiunti possono offrire elementi interessanti anche per considerazioni più generali sull’attività di advocacy a livello europeo.
Come prendersi cura delle generazioni future
La tutela degli interessi delle generazioni future rappresenta una sfida di primaria importanza. Introdotto originariamente nello storico rapporto Brundtland, questo concetto costituisce il nucleo della definizione di sviluppo sostenibile, ovvero di quello «sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri». Questo principio, sebbene intuitivo, presenta sfide complesse quando si prova a tradurlo a livello normativo e istituzionale. Ogni democrazia si trova di fronte infatti a un problema fondamentale: come dare voce a coloro che ancora non esistono e non possono parlare per sé stessi? Le attuali istituzioni, e in particolare i Parlamenti, sono progettate per rappresentare le generazioni presenti. Eppure, molte delle decisioni prese oggi creano conseguenze di lunga durata e influiscono spesso irreversibilmente sugli eventi futuri. Per questo l’imperativo etico di considerare coloro che subiranno le conseguenze delle nostre azioni assume particolare rilevanza.
In risposta a questa sfida, diversi Paesi, tra cui alcuni Stati membri dell’UE, hanno creato istituzioni dedicate a rappresentare le generazioni future. Ad esempio, la Finlandia ha istituito una commissione parlamentare e l’Ungheria ha nominato un difensore civico. Sebbene i loro mandati specifici differiscano, queste figure hanno un obiettivo comune: promuovere uno sguardo a lungo termine nella progettazione e attuazione di tutte le politiche, dalle questioni ambientali alla sostenibilità dello Stato sociale, mirando a prevedere le sfide future, affrontando problemi di sistema che potrebbero non essere immediatamente evidenti e garantendo che le decisioni dei Governi non si concentrino solo sull’immediato. Tali istituzioni talvolta operano all’interno di quadri normativi consolidati e servendosi degli ordinamenti giudiziari esistenti, altre volte richiamano l’attenzione su questioni emergenti che richiedono nuovi provvedimenti e nuove strutture.
Le origini del progetto: la stesura del manifesto
Di fronte a tali questioni, il JESC ha cominciato a riflettere su un quesito fondamentale: quale può essere lo strumento più efficace per rappresentare la voce delle generazioni future nel particolare contesto istituzionale dell’UE? È stato costituito un gruppo apposito, che in quasi sei mesi di lavoro ha consultato un’ampia gamma di esperti, tra cui studiosi delle istituzioni europee, partner di ONG, esperti di scienze politiche e persone che istituzionalmente si sono occupate del tema in alcuni Paesi e regioni, tra cui Galles, Gibilterra e Ungheria. Tale lavoro non solo ha contribuito ad approfondire la comprensione del concetto di cura per le generazioni future e a sviluppare una solida proposta di politiche, ma ha anche favorito la crescita di una fitta rete di contatti professionali che si sarebbe rivelata preziosa nel successivo sviluppo della campagna. Il lavoro di rete risulta di primaria importanza, dato che solo la forza della collaborazione e del dialogo può permettere di affrontare sfide sociali così complesse.
Ci si è infine soffermati su una questione cruciale: se si decidesse di creare una nuova istituzione, questa dovrebbe essere indipendente, concentrandosi essenzialmente sull’attuazione della normativa esistente e sulla protezione dei diritti delle generazioni future, in modo simile a un difensore civico o alla già esistente Agenzia dell’UE per i diritti fondamentali, oppure dovrebbe essere più strettamente integrata nel processo legislativo, e quindi rinunciare a buona parte della sua indipendenza, divenendo parte della Commissione europea?
Entrambi i modelli presentavano buoni argomenti a favore. Tuttavia, con le elezioni europee del 2024 all’orizzonte e la prospettiva dell’insediamento di una nuova Commissione, il gruppo ha preferito il secondo approccio. Si è infatti pensato che, in un clima politico come quello attuale, un organo più vicino alla Commissione potrebbe esercitare un’influenza più efficace sul potere legislativo, salvaguardando meglio gli interessi delle generazioni future. Questa scelta, pur dettata da considerazioni pragmatiche, ha rappresentato anche un impegno a confrontarsi direttamente con le istituzioni. A volte, infatti, per servire il bene comune, è importante essere disposti a lavorare per la trasformazione dei sistemi esistenti partendo dal loro interno.
A seguito di tale decisione, si è provveduto alla stesura di un manifesto politico per dare un inquadramento giuridico all’iniziativa, enumerare in modo chiaro gli argomenti a favore della nuova istituzione e meglio definirne struttura e funzione all’interno delle istituzioni già esistenti. Si è trattato di uno sforzo collaborativo, caratterizzato dal coinvolgimento di una rete crescente di ONG partner che hanno poi costituito il nucleo della coalizione della campagna. Tale approccio non solo ha arricchito il contenuto della proposta, ma ha anche contribuito a costruire un’alleanza solida e plurale, impegnata a promuovere gli interessi delle generazioni future a livello europeo.
Il manifesto ha attinto da un’ampia analisi del diritto comunitario esistente. Tale base giuridica (imperniata in particolare sull’art. 3 del Trattato sull’Unione Europea) conferma che l’UE ha non solo la competenza, ma anche la responsabilità di agire per conto delle generazioni future. Tuttavia queste basi, pur fondamentali, non sono di per sé sufficienti. Le complesse sfide a lungo termine che le generazioni future si troveranno ad affrontare non hanno solo bisogno di essere rappresentate, ma richiedono anche solide protezioni legali e procedure apposite per predisporre adeguati rimedi. In quest’ottica, il manifesto ha avanzato tre richieste fondamentali:
- La stesura di una dichiarazione congiunta di Parlamento europeo, Consiglio dell’UE e Commissione che riconosca e definisca esplicitamente i diritti delle generazioni future, in modo da impegnare le istituzioni a incorporarne gli interessi nell’attività legislativa e nelle politiche.
- La creazione di un Commissario per le generazioni future, che assumerebbe l’incarico di vicepresidente della Commissione, permettendogli in tal modo di intervenire in qualsiasi processo legislativo in cui siano in gioco gli interessi delle generazioni future. Il Commissario coordinerebbe poi le relazioni fra le varie istituzioni, supervisionerebbe il lavoro di previsione e avrebbe poteri speciali per convocare le parti interessate e richiedere informazioni a vari funzionari e istituzioni.
- Una richiesta di revisione delle linee guida dei documenti Better regulation guidelines e Better regulation toolbox, con l’obiettivo di includere la giustizia intergenerazionale come principio chiave nei processi legislativi. A ciò si aggiungerebbe la richiesta della stesura di una valutazione d’impatto sulle generazioni future, per assicurare che le conseguenze a lungo termine dell’attività legislativa siano sistematicamente prese in considerazione.
Il manifesto sottolinea infine l’urgenza di agire di fronte alle sfide dell’Antropocene, tra cui il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità e la trasformazione digitale, notando come queste proposte possano aiutare l’UE ad affermare la propria resilienza a fronte delle possibili crisi future e a mantenere il proprio ruolo di leader globale nell’ambito dello sviluppo sostenibile e della democrazia.
La nascita della campagna
Presto è risultato chiaro che per perseguire un obiettivo così ambizioso sarebbe stato necessario formare una coalizione in grado di agire da cassa di risonanza e di dimostrare un ampio sostegno alla rappresentanza delle generazioni future nel processo decisionale dell’UE. I primi contatti sono stati con i partner informali che avevano partecipato alla stesura del manifesto. Di qui è stata creata una coalizione formale, che ha preso il nome di Future Generation Initiative. Lanciata ufficialmente a Bruxelles nel febbraio 2024, attualmente comprende 24 partner ed è impegnata a sostenere le proposte del manifesto. In particolare, il JESC ha trovato un alleato fondamentale in The Good Lobby, un’organizzazione laica senza scopo di lucro che stava progettando un’iniziativa simile. Le due organizzazioni hanno deciso di unire forze, risorse e competenze per creare una piattaforma di advocacy più efficace.
Fin dall’inizio un punto fondamentale della strategia seguita è stato dar voce alle diversità. Era importante mostrare che la questione della rappresentanza delle generazioni future trascende singoli ambiti o visioni: non tocca solo i temi della fede o dell’ecologia, ma una vasta gamma di questioni che riguardano i giovani, la pace, l’intelligenza artificiale, la salute, lo sviluppo internazionale e il cambiamento climatico. Tale diversità è confermata dalla varietà dei partner, il cui numero continua a crescere: ognuno porta la propria prospettiva, il proprio punto di vista e le proprie argomentazioni, arricchendo così la narrazione e aumentandone la capacità attrattiva. Il manifesto iniziale è stato poi perfezionato in collaborazione con i partner. Questo processo non solo ha migliorato il documento, ma ha anche garantito che rappresentasse davvero una visione collettiva.
L’attività di lobby a favore di un cambiamento sistemico è un’impresa impegnativa, spesso priva di progressi immediati. Per questo si sono elaborate diverse strategie, in modo da rendere visibili sia il tema sia le richieste politiche avanzate. In particolare, si è fatto ricorso a diverse piattaforme di social media per sensibilizzare e coinvolgere un pubblico più ampio; è stata prodotta e diffusa un’ampia gamma di materiali informativi a sostegno della causa; i partner hanno partecipato attivamente a eventi organizzati da altri portatori di interesse, sfruttando tali opportunità per fare rete e diffondere il messaggio; si sono organizzati incontri con funzionari che ricoprono ruoli decisionali chiave nelle istituzioni europee.
Una tappa significativa della campagna è stata raggiunta prima delle elezioni europee di giugno 2024, quando un gruppo trasversale di europarlamentari ha fatto proprie le istanze del progetto in una lettera aperta che invitava il Consiglio europeo a includere la rappresentanza delle generazioni future nell’Agenda strategica. Anche se l’obiettivo non è stato raggiunto, questi sforzi sono riusciti a dare rilevanza al tema. Anche la campagna per la nomina di un Commissario per le generazioni future si è dimostrata un’operazione ardua, considerata da molti come una proposta fin troppo audace, persino irrealistica. Tuttavia, la campagna è stata capace di catturare l’immaginazione e di raccontare una storia in cui ci si può riconoscere. Dopo un lungo periodo dominato dalla gestione emergenziale di varie crisi, l’invito a concentrarsi su questioni a lungo termine ha suscitato l’attenzione di molti politici, al punto che l’idea di prendersi cura del futuro non ha trovato detrattori immediati. Questa mancanza di opposizione può rappresentare un’opportunità importante, consentendo di concentrarsi su una narrazione positiva e coinvolgente piuttosto che sprecare energie e risorse in un atteggiamento difensivo.
Con il progredire della campagna, le strategie si sono adattate di conseguenza, facendo tesoro di ogni piccolo passo in avanti per ripartire con slancio ancora maggiore. In particolare, ci si è concentrati sulle buone pratiche già esistenti e si è cercato di mostrare come l’istituzione di un Commissario per le generazioni future sia non solo una proposta attraente, ma un elemento indispensabile per il successo e la resilienza a lungo termine dell’UE.
Le prospettive dopo le elezioni europee
A elezioni europee concluse, Ursula von der Leyen, nella sua corsa per la rielezione a Presidente della Commissione europea, ha inserito nelle linee guida per il suo secondo mandato un impegno in linea con l’obiettivo dell’iniziativa, affermando: «Dobbiamo anche garantire che le decisioni prese oggi non danneggino le generazioni future e che ci sia una maggiore solidarietà e dialogo tra persone di età diverse. Per portare avanti questo lavoro, nominerò un Commissario le cui responsabilità includeranno la garanzia dell’equità intergenerazionale». La sua rielezione da parte del Parlamento europeo ha quindi avvicinato la campagna alla realizzazione del suo obiettivo. Questo sviluppo rappresenta un notevole passo in avanti, che mostra come il concetto di rappresentanza delle generazioni future abbia acquistato credito ai più alti livelli delle istituzioni europee.
La prossima sfida consisterà nel definire le caratteristiche specifiche di questo nuovo ruolo. In particolare, sarà importante che a tale figura siano attribuiti gli strumenti e le competenze necessari per avere un impatto significativo sul processo decisionale europeo. In questo senso, nell’agosto 2024, la coalizione ha già presentato a Ursula von der Leyen la proposta di una lettera di incarico per il futuro Commissario.
La coalizione continuerà dunque a vigilare e lavorare con le parti interessate all’interno dell’Unione e presso altri organismi internazionali, coinvolgendo politici e organizzazioni della società civile per garantire che questo impegno si traduca in un meccanismo solido ed efficace per proteggere gli interessi delle generazioni future. Attualmente l’impegno è concentrato in particolare su una migliore definizione dei parametri di successo dell’iniziativa e sulla promozione dell’integrazione della visione a lungo termine in tutte le politiche. Un passo ulteriore per garantire il successo della nuova figura di Commissario sarà un maggiore coinvolgimento e la formazione di un pubblico più vasto sul tema dell’equità intergenerazionale.
Sebbene la campagna sia ancora in corso, dai passi compiuti finora si dimostra un’iniziativa al passo con i tempi. L’approccio scelto si è concentrato su un discorso etico più generale piuttosto che su specifiche politiche di settore, evidenziando i limiti strutturali del recente ciclo politico, riscontrabili in una fatica nel gestire crisi prolungate mantenendo nel contempo una prospettiva di lungo periodo.
Anche l’individuazione di alcuni punti concreti di un cambiamento possibile è stata fondamentale. La coalizione ha dovuto immaginare un futuro desiderato, comprendere il ruolo della propria identità nel panorama politico, creare un messaggio credibile, identificare le opportunità disponibili ed esplorarne il potenziale di impatto. I ponti costruiti in particolare tra il mondo religioso e quello laico, operazione non facile per un’organizzazione dichiaratamente cattolica come il JESC, hanno anche rappresentato un’esperienza particolarmente stimolante e significativa per tutte le parti coinvolte, che ha dato vita a collaborazioni preziose e a un’utile condivisione di conoscenze, che promettono nuovi frutti anche per il futuro.
Alcuni hanno ritenuto troppo ambizioso l’obiettivo di influenzare la composizione della Commissione europea, ma tale audacia è parsa necessaria, data la portata delle sfide che attendono l’Europa e il mondo. Se azioni e scelte individuali su piccola scala rimangono utili e preziose, sono tuttavia insufficienti a fronte delle varie crisi che stiamo vivendo a livello planetario. Un lavoro di rete come quello qui presentato, visionario e strategico al tempo stesso, può rappresentare un primo passo verso un futuro migliore.
Note