Il modo prevalente di raccontare il fenomeno dell’estrema destra in Europa ondeggia tra due estremi: da un lato la narrazione della “fiammata”, l’emergere violento di tendenze radicali, associato a particolari contingenze sociali; dall’altro quella di un lungo fiume carsico che collega le organizzazioni neofasciste del presente, direttamente alle esperienze totalitarie del XX secolo o a retaggi ancora più antichi.
La ricerca politologica sul fenomeno restituisce invece un quadro più sfumato e complesso, nel quale i concetti di “destra” ed “estrema destra” vanno incontro a trasformazioni anche a breve termine. Il libro di Rosati, il quale ha già dedicato studi precedenti a Ordine Nuovo e a Casapound, raccoglie gli esiti della riflessione accademica recente per raccontare l’evoluzione dei movimenti della destra radicale europea negli ultimi trent’anni, concentrando l’attenzione su quattro Paesi: Spagna, Portogallo, Grecia e Germania, quattro nazioni che, come l’Italia, hanno vissuto un passato autoritario di destra. Lo spartiacque temporale è dato dall’affermazione in Europa, tra gli anni ‘80 e ‘90, del modello liberista di globalizzazione, un processo che ha inciso sul tessuto sociale e culturale di ogni Paese europeo, riproponendo un conflitto potenziale tra “modernità” e “tradizione” che appare oggi come una chiave di lettura indispensabile per interpretare le vicende dell’estrema destra. È questo un tema strettamente europeo, come lo è il fenomeno dei fascismi storici, e che rende le nostre destre non assimilabili, ad esempio, a quelle nordamericane o russe. Questa delimitazione del perimetro aiuta certamente a inquadrare meglio il fenomeno.
Questo retaggio culturale e sociale dà vita, secondo l’A., a «una galassia politica mitopoietica, cangiante e mimetica [...] che è viva non grazie a oscuri burattinai in camicia nera ma alla magmatica materialità socio-economica delle società capitalistiche» (p. 172). Ciò che definiamo “estrema destra” si presenta oggi soprattutto come un contenitore di idee e progetti diversi, dove possono ibridarsi, per esempio, il tradizionalismo cattolico e un aperto neofascismo, e dove finisce per sfumare la distinzione tra il conservatorismo “moderato” e le istanze più eversive.
Il libro si apprezza per il lavoro svolto su fonti accademiche e per la capacità di restituire la complessità dei fenomeni in oggetto. Aiuta così a superare il divario tra la ricerca scientifica sulla destra radicale e le sue narrazioni mediatiche.