La legge per la legalizzazione della cannabis, attualmente all’esame del Parlamento, ha suscitato, fin dall'inizio del suo iter, diverse polemiche e una forte polarizzazione tra favorevoli e contrari. I primi insistono sull'importanza del principio della libera scelta individuale e sul desiderio di proteggere il consumatore, nella convinzione che la legalizzazione del fenomeno possa aiutare a ridurre l’impatto sociale e sanitario delle tossicodipendenze, sottraendo così alla criminalità organizzata un business. Inoltre, la Relazione introduttiva allegata alla proposta di legge sottolinea la necessità di concentrare sulle droghe pesanti l’azione di contrasto delle forze di polizia e i potenziali introiti per lo Stato che deriverebbero dall’emersione del mercato illegale della cannabis.
L'articolo di Marcello Esposito, professore di International financial markets all'Università di Castellanza, pubblicato sul
numero di dicembre di
Aggiornamenti Sociali, si concentra proprio sugli effetti economici della eventuale legalizzazione della cannabis ed evidenzia un “trilemma”, legato ai tre obiettivi che si vorrebbero perseguire: la protezione dei consumatori; il risparmio sui costi di repressione; gli introiti fiscali.
Il problema, spiega l'autore, è che questi tre obiettivi non sono ottenibili tutti insieme, se ne possono ottenere solo due per volta. Infatti, «massimizzare gli introiti fiscali e proteggere i consumatori significa sconfiggere la competizione del mercato illegale. Questo non si può ottenere se non intensificando le azioni repressive delle forze di Polizia. Se l’azione di contrasto dovesse venire meno, il prezzo “legale” non sarebbe assolutamente competitivo rispetto a quello del mercato nero, anche perché quest’ultimo si abbasserebbe per effetto dei minori rischi corsi nello svolgimento dell’attività illegale».
D'altro canto, «massimizzare gli introiti fiscali e rinunciare alla repressione si può ottenere solo estendendo la platea dei consumatori del mercato legale oltre il perimetro di coloro che si servono presso l’attuale mercato illegale. Ma questo significa rinunciare all’obiettivo della protezione dei consumatori, perché si raggiungerebbero nuove persone e aumenterebbero i rischi socio-sanitari per la popolazione nel suo complesso. Infine, se si vuole spazzare via il mercato illegale e risparmiare sui costi di repressione, è necessario azzerare o quasi l’incidenza fiscale sulla cannabis “legalizzata”. Ma in questo caso ne deriva che gli introiti fiscali si azzerano».
Il problema dunque, conclude Esposito, è che «la riduzione del tema della legalizzazione e liberalizzazione della cannabis a una mera questione di introiti fiscali o di risparmio di costi nell’azione repressiva delle forze di Polizia non porta ad alcuna conclusione decisiva in favore o contro la scelta anti-proibizionista. Non è possibile, quindi, delegare all’analisi finanziaria il compito di dirimere una questione che coinvolge temi come la libertà di scelta dell’individuo, la protezione del consumatore e la legittimità per lo Stato di fare “business” su una sostanza stupefacente. Resta però il fatto che queste domande sono ineludibili e che, nel caso della cannabis, bisognerà trovare loro una risposta».