Laudato si’, quale impatto sulla politica?

Fascicolo: ottobre 2016

La Laudato si’, l’enciclica di papa Francesco sulla cura della casa comune, ha avuto larghissima eco ben al di là dell’ambito ecclesiale, suscitando reazioni nel mondo politico e istituzionale, in quello scientifico e tra le associazioni e le organizzazioni non governative. A oltre un anno di distanza dalla sua pubblicazione2 è ormai possibile cominciare a interrogarsi sull’impatto di quello che in un precedente saggio avevo definito «il documento più innovativo sul tema ambientale tra quelli prodotti negli anni recenti dai leader mondiali»3.


Una rivoluzione culturale

Per farlo, occorre tornare a sottolineare proprio gli elementi innovativi dell’enciclica, a partire dalla capacità di sviluppare una narrativa nuova e molto potente. In particolare papa Francesco riesce a evidenziare non solo la profondità e l’urgenza, ma anche la bellezza della sfida ambientale che ci troviamo di fronte. Essa offre all’umanità un’occasione unica di mostrare ciò che è capace di fare, mobilitando le sue enormi capacità in ambito scientifico e tecnologico, così come nel campo dell’organizzazione sociale e istituzionale, in vista del bene comune e della cura del pianeta, agendo come collaboratrice «di Dio nell’opera della creazione» (LS, n. 1174). Tra gli altri elementi di novità, ai fini della nostra analisi è bene ricordare:

l’accettazione del consenso scientifico sulle dimensioni e le cause della crisi del clima e dell’ambiente, con una significativa innovazione del rapporto tra scienza e magistero della Chiesa5;

l’identificazione della radicale unità tra crisi ambientale e crisi sociale (cfr ad esempio LS, n. 139), che trovano una origine comune in quella “cultura dello scarto” che provoca il dissesto ambientale e la progressiva emarginazione sociale di quanti non sono considerati utili per la crescita dell’economia globalizzata;

la lettura “francescana” del rapporto tra uomo e ambiente naturale, che mette in grande valore la bellezza del mondo in cui viviamo.

la modernità della lettura della tecnoscienza contemporanea, capace di unire l’ammirazione per le conquiste e i progressi in vista di una migliore qualità della vita con la preoccupazione per la mancanza di un adeguato sviluppo della capacità e della responsabilità per governare mezzi tanto potenti; essi restano invece prigionieri del «paradigma tecnocratico», che esercita il suo dominio anche su politica ed economia, e trova nel profitto la sua logica fondamentale6;

la proposta dell’ecologia integrale, che supera l’approccio integrato oggi ampiamente diffuso nel campo della ricerca scientifica, includendo anche la considerazione dell’etica, della religione e dell’arte (cfr LS, n. 63); secondo papa Francesco abbiamo bisogno di una vera e propria spiritualità ecologica come molla per passare dalla consapevolezza all’azione responsabile;

la proposta di una cultura della cura e della responsabilità globale che rompe la logica tribale della sopravvivenza e della difesa esclusiva del proprio microcosmo.

La Laudato si’ rappresenta dunque un deciso appello per un cambio di direzione, che papa Francesco non teme di chiamare «rivoluzione culturale» (LS, n. 114), un termine che non evoca il ritorno a valori perduti, ma guarda al futuro. Le sue proposte sono oggi rivoluzionarie7, come attestano anche le numerose stroncature da parte della stampa neo-liberista. Al di là dell’accoglienza quasi sempre molto favorevole del mondo scientifico8 e dei riconoscimenti più o meno generici da parte dei leader politici mondiali, quale impatto ha avuto la Laudato si’ in termini di capacità di mettere in moto processi di rinnovamento dell’approccio prevalente alle questioni socioambientali? In queste pagine ci proponiamo di rispondere analizzando due casi, di grande attualità ma anche significativamente diversi. Il primo riguarda il dibattito e il negoziato in materia di cambiamenti climatici che poco meno di un anno fa hanno condotto all’Accordo di Parigi, recentemente sottoscritto anche da USA e Cina; il secondo è il tentativo di rileggere alla luce delle provocazioni dell’enciclica alcune delle questioni su cui l’agenda politica e le società europee sembrano oggi essersi arenate.


Laudato si’ e Accordo di Parigi

Poco meno di un anno fa, dal 30 novembre all’11 dicembre 2015, i leader di tutto il mondo si ritrovarono, in una Parigi ancora sotto lo choc degli attentati del 13 novembre, per il Vertice delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP 21), che ha raggiunto un Accordo di fondamentale importanza9. L’enciclica era stata scritta anche con lo scopo di prendere posizione all’interno del dibattito e dei negoziati in vista di questo appuntamento. Del resto, in precedenza, papa Francesco non aveva mancato di esprimere a più riprese la propria posizione10.

Come ha osservato il noto fisico e climatologo britannico Myles Allen11, l’enciclica, così come le dichiarazioni dei leader di altre confessioni religiose, ha avuto un ruolo importante nel promuovere un atteggiamento diverso rispetto al passato, facilitando il raggiungimento di un accordo. In particolare, avere alzato il livello della discussione attraverso l’introduzione nel dibattito della prospettiva etica ha di certo avuto un effetto indiretto sul negoziato. Il Segretario generale dell’ONU Ban Ki-Moon, nel discorso di apertura della COP 2112, ha fatto riferimento alla dimensione etica dei problemi climatici, mentre nel documento finale13 (di cui l’Accordo di Parigi fa parte) si apprezza il tentativo di trovare un accordo alto, che dia spazio anche alla dimensione etica evocata da papa Francesco.

Ne è prova l’impegno dell’art. 2 dell’Accordo di Parigi a contenere l’aumento della temperatura globale ben al di sotto dei 2 °C rispetto ai livelli preindustriali e a proseguire gli sforzi per limitare tale aumento a 1,5 °C. La tecnicità dell’affermazione rende difficile coglierne la pregnanza. Il limite dei 2 °C, infatti, può essere definito di tipo “economico”, in quanto risulta come il migliore compromesso di un insieme di valutazioni su rischi, costi e benefici globali di mitigazione e adattamento. Invece, l’obiettivo del contenimento entro 1,5 °C potrebbe essere definito di tipo “etico-politico”. Infatti, la ricerca ha già evidenziato i maggiori costi per il suo raggiungimento, che richiede un percorso molto più rapido di decarbonizzazione (abbandono progressivo dei combustibili fossili per altre fonti di energia), ma queste valutazioni considerano essenzialmente i danni e i costi di tipo fisico, come il rifacimento di infrastrutture danneggiate o distrutte da eventi dovuti ai cambiamenti climatici, oltre alle perdite che una decarbonizzazione accelerata causerà ad alcuni settori economici. L’argomento “etico” sottolinea invece i rilevantissimi impatti sociali di un aumento della temperatura di 2 °C: ad esempio l’innalzamento del livello degli oceani cancellerebbe interi Stati, pur piccoli come alcuni arcipelaghi del Pacifico, provocando la scomparsa delle loro culture, che è praticamente impossibile conservare dopo il trasferimento in luoghi diversi. È quanto già sta avvenendo nell’Artico, dove la crescita delle temperature, di quasi tre volte maggiore rispetto al resto del globo, e il conseguente scioglimento dei ghiacci con l’erosione della linea di costa obbligano a spostare interi villaggi di centinaia di chilometri, facendo perdere alle popolazioni indigene ogni riferimento alle aree tradizionali di caccia e pesca, che stanno a fondamento delle culture tradizionali.

Pur con una complessità assai maggiore e dunque con nessi causali meno diretti, gli esempi potrebbero moltiplicarsi, toccando anche aree considerate meno marginali. Ad esempio vi sono analisi14 che identificano una delle concause della guerra in Siria, con la conseguente fuga di milioni di rifugiati in Paesi vicini e lontani, nella persistente situazione di siccità che negli ultimi anni ha provocato l’inurbamento forzato di masse contadine ridotte in estrema povertà, contribuendo a innescare la guerra civile. La distruzione e la migrazione di massa che ne sono derivate comportano ingentissimi costi umani, sociali ed economici diretti, e hanno provocato nei Paesi circostanti e in Europa conseguenze non calcolabili in termini di instabilità sociale e politica, ben al di là dei costi economici legati alla gestione dei rifugiati. Anche la Laudato si’ segnala come tragico «l’aumento dei migranti che fuggono la miseria aggravata dal degrado ambientale, i quali non sono riconosciuti come rifugiati nelle convenzioni internazionali e portano il peso della propria vita abbandonata senza alcuna tutela normativa» (n. 25).

La scelta di dove fissare il limite all’aumento della temperatura e quindi ai cambiamenti climatici non può quindi essere il risultato di un freddo calcolo costi-benefici strettamente economico-finanziari, in quanto molti degli impatti, sia diretti sia indiretti, non sono quantificabili economicamente. Questa considerazione dimostra quanto sia necessario un approccio autenticamente integrale alle decisioni di politica climatica, che dia spazio alla dimensione etica, riguardante in particolare gli aspetti sociali e intergenerazionali: è una sfida cruciale, ad esempio, per quanto riguarda il raggiungimento dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile15 (Sustainable Development Goals o SDGs): il controllo dei cambiamenti climatici è solo uno di essi, per quanto importante. Proprio in tema di SDGs, alcuni grandi centri di ricerca internazionali hanno promosso un programma molto ambizioso16, sulla base della consapevolezza della necessità di un approccio integrato che sfrutti le possibili sinergie tra i 17 obiettivi e al tempo stesso eviti che azioni settoriali su singoli obiettivi mettano a repentaglio il raggiungimento di altri. Questo approccio non raggiunge la complessità della proposta dell’ecologia integrale contenuta nell’enciclica, ma certamente va nella giusta direzione.

Ciò che invece finora manca nelle discussioni in ambito politico internazionale è la considerazione degli elementi più profondi che l’enciclica propone, quelli che in ultima analisi riguardano il senso della vita di ciascuna persona, di ogni società e dell’umanità nel suo insieme. Si tratta di questioni molto complesse da abbordare per la politica, ma affrontarle coraggiosamente permetterebbe di “ridiscendere” poi con proposte coraggiose sul piano politico e pratico, abbracciando non solo le questioni climatiche e ambientali, ma, come suggerisce l’enciclica, anche il complesso dei problemi sociali.

Altrettanto difficile è introdurre nel lessico politico un termine come “amore”, che sembra non farne parte. Eppure, secondo papa Francesco, alla base di una cultura della cura e della responsabilità, che sa prevedere e valutare le conseguenze future delle proprie azioni, si trova proprio una «civiltà dell’amore» (LS, n. 231) in senso pieno, non superficiale e di facciata, che va costruita attraverso l’incontro e il dialogo. Una mediazione possibile, in termini di lessico politico, è ricorrere a espressioni come “prendersi cura”, “farsi carico”, che interpellano la dimensione della responsabilità. È una chiave che permette di legare e integrare la vita quotidiana con l’agire politico, il cittadino comune con i leader, il piccolo con il grande17.

Anche la tecnologia aiuta a prendersi cura

Da alcuni anni, all’interno del programma GEO, la Commissione europea promuove programmi di ricerca e sviluppo dei cosiddetti citizen observatories, sistemi di osservazione delle condizioni ambientali basati sulla compartecipazione dei cittadini, realizzando interessanti esperienze di come sia possibile promuovere cura e responsabilità a livello diffuso, grazie alle possibilità offerte dall’uso di massa di piattaforme mobili come gli smartphone, e alla potenza moltiplicatrice dei social network. Ad esempio, il progetto europeo WeSenseIt <http://wesenseit.eu/>, attivo anche in Italia, ha sviluppato un sistema di controllo delle piene dei fiumi a cui i cittadini partecipano attraverso una app dedicata, con cui possono inviare misure e osservazioni e ricevendo di ritorno una quantità di informazioni moltiplicata che aumenta il livello di sicurezza anche individuale. Rendendosi responsabile nei confronti degli altri, e quindi partecipando attivamente alla raccolta delle informazioni, il cittadino guadagna in sicurezza e protezione. La dimostrazione dell’efficacia del sistema ha come effetto la moltiplicazione degli utenti, che ne aumenta la precisione. L’adesione a questi sistemi può essere sostenuta da motivazioni utilitaristiche, ma è essenzialmente un fattore di democrazia e di coesione sociale, aiutando ciascuno a rendersi conto dei legami con gli altri, di cui non potrà mai sapere colore, nazionalità o religione.


La Laudato si’ interpella l’Europa

Una seconda pista che proponiamo di seguire per scoprire la fecondità della Laudato si’ e del suo approccio è provare a utilizzarla come strumento di analisi e interpretazione della società e della politica europea. Farlo è anche un modo per recuperare e mettere al centro dell’attenzione il significato pienamente sociale dell’ecologia integrale.

È indubitabile che le società europee manifestino sintomi di disagio e paura, legati anche alla minaccia del terrorismo, su cui attecchiscono la demagogia populista e la retorica della chiusura nazionalista e localista. Si tratta di fenomeni complessi, di cui discernere con attenzione le cause vere da quelle presunte. In molti Paesi la difficoltà del ceto medio, che sperimenta una crescente emarginazione sia sul mercato del lavoro sia rispetto a processi decisionali sempre più verticistici, e il vertiginoso aumento delle disuguaglianze18 fanno emergere logiche di sopravvivenza di tipo tribale, spesso associate a una mitizzazione gloriosa di un passato identitario, totalmente inadeguate a un mondo profondamente globalizzato, e che vedono la soluzione nella chiusura tra simili e nel rigetto di ogni “altro” da sé, che diventa insieme nemico da temere e capro espiatorio da incolpare19.

Analisi scientifiche rigorose mostrano invece come la minaccia sia piuttosto interna alle società europee e vada rintracciata nella crescita delle disuguaglianze che abbiamo appena menzionato. Ad esempio, un recente rapporto dell’OCSE20 mostra come l’aumento dell’indice Gini, che misura le diseguaglianze economiche e sociali, si rifletta in una diminuzione delle opportunità educative degli strati sociali più sfavoriti, che a sua volta incide sulla possibilità di accedere a lavoro qualificato e quindi a opportunità di crescita sociale. Questo stesso rapporto OCSE, così come alcune analisi del Fondo monetario internazionale21, dimostrano come l’aumento delle diseguaglianze in un Paese sia causa di minore crescita economica e di instabilità sociale. Questa situazione non è più sostenibile neppure all’interno del capitalismo e richiede azioni correttive e redistributive che possono essere realizzate soltanto dalla politica.

Alcuni autori propongono peraltro una nuova dicotomia, non più tra economia di mercato ed economia pianificata, definitivamente travolta dalla caduta del muro di Berlino, ma tra capitalismo (de-regolato) e democrazia22. In questi anni il primo si è dimostrato causa di un aumento delle diseguaglianze e ha quindi rappresentato un freno allo sviluppo della società, inteso in senso ampio e non in quello riduttivo di crescita del Prodotto interno lordo. Di fronte a questa situazione, una politica di riduzione delle disuguaglianze e di facilitazione da parte di uno “Stato promotore” di uguali opportunità per tutti sembra una proposta che unisce la Chiesa di papa Francesco con la migliore tradizione riformista laica e anche con molti economisti di area liberale.

Proprio all’Europa in difficoltà papa Francesco si è rivolto in una importante occasione, quando gli è stato conferito, il 6 maggio 2016, il prestigioso premio Carlo Magno che dal 1950 viene assegnato a personalità particolarmente impegnate a favore della pace, dell’unità e dell’integrazione europee23. In quel discorso, che riteniamo corretto leggere come continuazione e integrazione per il contesto europeo del messaggio della Laudato si’, il Pontefice si chiede cosa stia succedendo all’Europa, che i padri fondatori avevano concepito tra le ceneri delle macerie del Secondo conflitto mondiale, come speranza di una definitiva rinuncia allo scontro grazie alla libera scelta del bene comune. Papa Francesco propugna un’Europa «che lungi dal proteggere spazi si renda madre generatrice di processi» e lancia la sfida di aggiornare l’idea stessa di Europa, senza abbandonare le ancora valide fondamenta poste dai padri fondatori. In particolare chiede all’Europa «di dare alla luce un nuovo umanesimo basato su tre capacità: la capacità di integrare, la capacità di dialogare e la capacità di generare», e di intraprendere «un costante cammino di umanizzazione, cui servono memoria, coraggio, sana e umana utopia» (ivi), che legittimamente possiamo interpretare come la proposta di un nuovo umanesimo capace di trasformare le donne e gli uomini di questa terra in attori del cambiamento, protagonisti della creazione (ivi).

Che bel mondo può essere quello dell’età adulta dell’uomo, il mondo della responsabilità. Vale la pena provarci.




NOTE


1. Questo articolo non rappresenta il punto di vista della Commissione europea. Le idee in esso contenute sono espressione del pensiero dell’Autore a titolo esclusivamente personale.

2. L’enciclica, datata 24 maggio 2015, è stata resa nota il successivo 18 giugno.

3. Tilche A. – Nociti A., «Laudato si’: the beauty of Pope Francis’ narrative»”, in S.A.P.I.EN.S., 1 (2015), <http://sapiens.revues.org/1704>.

4. In questo punto la Laudato si’ cita a sua volta il n. 37 dell’enciclica Centesimus annus di Giovanni Paolo II (1991).

5. A riguardo, cfr ad esempio Costa G. – Foglizzo P., «Laudato si’: un’enciclica poliedro», in La Rivista del clero italiano, 7-8 (2015) 485-496.

6. Cfr Foglizzo P., «Un’economia per la cura della casa comune», in Aggiornamenti Sociali, 8-9 (2016) 596-603.

7. Per approfondire il carattere rivoluzionario della Laudato si’, cfr Riggio G., «Laudato si’: il valore rivoluzonario dei gesti quotidiani», in Aggiornamenti Sociali, 5 (2016) 416-424.

8. Cfr ad esempio Edenhofer O. – Flachsland C., «La cura dei beni comuni secondo la Laudato si’», in Aggiornamenti Sociali, 1 (2016) 66-75.

9. Per approfondimenti sulla COP 21, cfr <www.aggiornamentisociali.it/easyne2/LYT.aspx?Code=AGSO&IDLYT=769&ST=SQL&SQL=ID_Documento=13474>.

10. Cfr ad es. Papa Francesco, Discorso ai partecipanti all’incontro promosso dalla “Fondazione per lo sviluppo sostenibile” su “Giustizia ambientale e cambiamenti climatici”, 11 settembre 2015; Incontro con i membri dell’Assemblea generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, 25 settembre 2015; Visita all’Ufficio delle Nazioni Unite a Nairobi (U.N.O.N.), 26 novembre 2015; l’Angelus del 6 dicembre 2015. Tutti i testi sono disponibili in <www.vatican.va>.

11. Il riferimento è all’Introduzione a Kureethadam J.I., Rebuilding our Common Home. Ten green commandments of Laudato si’, Krystu Jyoti Publications, Bangalore 2016.

12. 12 Cfr Statements made during the Leaders Event at the Paris Climate Change Conference - COP 21 / CMP 11, in <http://unfccc.int/meetings/paris_nov_2015/items/9331.php>.

13. COP 21, Adoption of the Paris Agreement, 12 dicembre 2015, in <https://unfccc.int/resource/docs/2015/cop21/eng/l09r01.pdf>.

14. Cfr ad es. Kelleya C.P. et al. (2015), «Climate change in the Fertile Crescent and implications of the recent Syrian drought», in PNAS, 11 (2015), <www.pnas.org/content/112/11/3241.short>.

15. Cfr Pallottino M., «Sviluppo sostenibile: gli obiettivi dell’ONU 2015-2030», in Aggiornamenti Sociali, 8-9 (2015) 592-601.

16. International Institute for Applied Systems Analysis, The World in 2050: Pathways towards a sustainable future, in <www.iiasa.ac.at/web/home/about/news/150312-World-in-2050.html>.

17. L’azione consapevole dell’uomo che “contribuisce alla creazione” è espressione del suo assumersi responsabilità, dell’avere cura di sé, degli altri e del mondo. E ogni azione creativa è anche azione di speranza. È un’azione proiettata nel futuro, che non può essere rinchiusa nella mitizzazione pessimistica del passato. La creazione responsabile valuta e prevede le conseguenze delle proprie azioni proiettandole nel domani. Anche per questo, la responsabilità è sempre personale. Come dice anche Eugenio Borgna nel suo breve e poetico saggio Responsabilità e speranza (Einaudi, Torino 2016), non esiste una responsabilità collettiva se non come somma di responsabilità degli individui.

18. Paradigmatica a questo riguardo è l’analisi di Piketty T., Il capitale nel XXI secolo, Bompiani, Milano 2014 (ed. or. 2013). Cfr anche Merckaert J. – Vettraino J., «“Tassare progressivamente i patrimoni”. Intervista a Thomas Piketty», in Aggiornamenti Sociali, 10 (2014) 637-647.

19. Nella parabola della torre di Babele, come ricorda Massimo Recalcati (cfr «La Torre di Babele simbolo eterno dell’antipolitica», in La Repubblica, 12 giugno 2016), i babelici danno l’assalto al cielo sulla base di un patto tra simili che parlano la stessa lingua, ovvero che escludono la lingua dell’altro, la possibilità di altri modi di essere. Essi fanno del culto del loro amor proprio – il male radicale dell’uomo secondo Kant – il terreno comune su cui sviluppano la propria idolatria. Nella loro spinta a sopprimere l’esperienza della differenza, su cui si fonda la creazione, cercano di creare un’altra realtà. La “punizione” mitica di Dio si sviluppa nell’introdurre una confusione di lingue tra gli abitanti della Torre. L’abbandono del progetto di costruire la Torre, come osserva giustamente Recalcati, non è un semplice castigo, ma un ri-orientamento verso una vita generativa, capace di democrazia. Un percorso più difficile rispetto all’omologazione della dittatura, ma radicalmente più creativo e capace di offrire a ciascuno l’opportunità di contribuire alla creazione.

20. OECD (OCSE), Focus on Inequality and Growth, 2014, <www.oecd.org/social/Focus-Inequality-and-Growth-2014.pdf>.

21. Cfr ad esempio Ostry D. – Berg A. – Tsangarides C.G., Redistribution, Inequality and Growth, IMF 2014, <www.imf.org/external/pubs/ft/sdn/2014/sdn1402.pdf>.

22. Cfr ad esempio Fleurbaey M., Capitalisme ou démocratie? L’alternative du XXIe siècle, Grasset, Paris 2006.

23. Papa Francesco, Discorso per il conferimento del Premio Carlo Magno, 6 maggio 2016, in <www.vatican.va>.


CITAZIONI


Laudato si’, n. 139
Le ragioni per le quali un luogo viene inquinato richiedono un’analisi del funzionamento della società, della sua economia, del suo comportamento, dei suoi modi di comprendere la realtà. Data l’ampiezza dei cambiamenti, non è più possibile trovare una risposta specifica e indipendente per ogni singola parte del problema. È fondamentale cercare soluzioni integrali, che considerino le interazioni dei sistemi naturali tra loro e con i sistemi sociali. Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale. Le direttrici per la soluzione richiedono un approccio integrale per combattere la povertà, per restituire la dignità agli esclusi e nello stesso tempo per prendersi cura della natura.

Laudato si’, n. 63
Se teniamo conto della complessità della crisi ecologica e delle sue molteplici cause, dovremmo riconoscere che le soluzioni non possono venire da un unico modo di interpretare e trasformare la realtà. È necessario ricorrere anche alle diverse ricchezze culturali dei popoli, all’arte e alla poesia, alla vita interiore e alla spiritualità. Se si vuole veramente costruire un’ecologia che ci permetta di riparare tutto ciò che abbiamo distrutto, allora nessun ramo delle scienze e nessuna forma di saggezza può essere trascurata, nemmeno quella religiosa con il suo linguaggio proprio.

Laudato si’, n. 114
Ciò che sta accadendo ci pone di fronte all’urgenza di procedere in una coraggiosa rivoluzione culturale. La scienza e la tecnologia non sono neutrali, ma possono implicare dall’inizio alla fine di un processo diverse intenzioni e possibilità, e possono configurarsi in vari modi. Nessuno vuole tornare all’epoca delle caverne, però è indispensabile rallentare la marcia per guardare la realtà in un altro modo, raccogliere gli sviluppi positivi e sostenibili, e al tempo stesso recuperare i valori e i grandi fini distrutti da una sfrenatezza megalomane.


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