A gennaio si è celebrata la 50ª Giornata mondiale per la pace. Presentiamo una panoramica dei Messaggi dal 1968 a oggi, attraverso le parole del Presidente del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale, per comprendere il significato che la Chiesa dà a questo valore e la sua evoluzione negli anni.
Il 1° gennaio 2017 è stata la cinquantesima Giornata mondiale della pace, essendosi la prima celebrata nel 1968 per volere di Paolo VI. I Messaggi pontifici scritti annualmente in vista della ricorrenza offrono importanti spunti di comprensione del pensiero della Chiesa sul tema. Quale apporto danno alla teologia e alla spiritualità della pace? Quali sono state le riflessioni degli ultimi pontefici in merito? Come si è modificata l’idea di pace in seno alla Chiesa cattolica?
L’8 dicembre del 1967 Paolo VI scriveva il primo Messaggio per la Giornata mondiale della pace (GMP), lanciando l’idea di dedicare a questo tema il primo giorno di ogni anno. Il messaggio era rivolto a tutti gli uomini di buona volontà: la proposta del Papa, quindi, «non intendeva qualificarsi come esclusivamente nostra, religiosa, cioè cattolica» (MGMP 1968).
Con questa iniziativa, Paolo VI diede l’avvio a una serie di Messaggi, diventati ormai 50, destinati a tutti gli uomini e a tutte le donne del mondo. Il primo fu semplicemente un invito a partecipare all’iniziativa, mentre quelli successivi hanno cominciato a prendere in esame una molteplicità di aspetti del tema. «È dunque alla pace vera, alla pace giusta ed equilibrata, nel riconoscimento sincero dei diritti della persona umana e dell’indipendenza delle singole Nazioni che noi invitiamo gli uomini saggi e forti a dedicare questa “Giornata”» (ivi).
A dire il vero non è sempre facile individuare una visione unitaria nei messaggi per le GMP, ma Giovanni Paolo II, nel descriverne la finalità, li definisce «una sintesi di dottrina sulla pace, che è quasi un sillabario su questo fondamentale argomento» (MGMP 2004, n. 3). In questo articolo non si procederà a una rassegna cronologica dei messaggi, ma se ne prenderanno in considerazione i temi ricorrenti o di particolare rilievo, come ad esempio la natura della pace e le vie per perseguirla.
Pace e diritti umani
Nel Messaggio del 1969, Paolo VI coniuga la pace con i diritti dell’uomo in continuità con l’enciclica Pacem in terris di Giovanni XXIII (1963). Papa Giovanni e il magistero sociale della Chiesa hanno fatto propria una visione inclusiva dei diritti, considerati espressione di quelle libertà, di quei beni e di quelle relazioni di cui gli esseri umani hanno bisogno per avere dignità. Papa Montini afferma: «La pace è oggi intrinsecamente collegata al riconoscimento ideale e all’instaurazione effettiva dei diritti dell’uomo. [...] Pace e diritto sono reciprocamente causa ed effetto uno dell’altro; la pace favorisce il diritto; e, a sua volta, il diritto la pace» (MGMP 1969). Il tema è ripreso nel Messaggio del 1974, richiamando il 25º anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani. Il legame fra pace e diritti umani è stato ulteriormente messo in luce in numerosi messaggi di Giovanni Paolo II. Nel 1998, in relazione al cinquantenario della Dichiarazione universale, il Papa sottolinea come la salvaguardia della pace dipenda da un’interpretazione corretta del fondamento antropologico dei diritti dell’uomo (MGMP 1998, n. 2). Da tale fondamento emergono due insegnamenti cardine: l’universalità e l’indivisibilità dei diritti umani. L’anno successivo, Giovanni Paolo II torna sull’argomento: la pace vera si realizza «quando la promozione della dignità della persona è il principio-guida a cui ci si ispira», mentre quando «i diritti umani sono ignorati o disprezzati, [...] vengono inevitabilmente seminati i germi dell’instabilità, della ribellione e della violenza» (MGMP 1999, n. 1). I diritti umani rappresentano una parte importante di ciò che si intende per pace (cfr ivi, n. 11) e sono lo strumento per instaurarla: «Come potrebbe esservi guerra, se ogni diritto umano fosse rispettato? L’osservanza integrale dei diritti umani è la strada più sicura per stringere relazioni solide tra gli Stati» (ivi, n. 12).
Un diritto cui i Pontefici e la Chiesa sono particolarmente sensibili è quello alla libertà religiosa, definita da Giovanni Paolo II la «cartina al tornasole» per verificare il rispetto di tutti gli altri diritti. Nel MGMP 2011 Benedetto XVI asserisce che «tra i diritti e le libertà fondamentali radicati nella dignità della persona, la libertà religiosa gode di uno statuto speciale» (n. 5), perché intimamente legata alla dignità umana, in quanto tocca la vita interiore di ogni persona e le conferisce la capacità di comprendere la sua stessa identità, il suo senso e il suo fine (cfr ivi, n. 1). Giovanni Paolo II sottolinea il legame intrinseco esistente fra libertà religiosa e libertà di coscienza, fondamentale per la dignità umana: «Appartiene alla dignità della persona poter corrispondere all’imperativo morale della propria coscienza nella ricerca della verità» (MGMP 1988, n. 1). Ogni sistema politico o culturale che neghi la libertà religiosa è, dunque, un sistema fondato su «una visione riduttiva della persona umana» (MGMP 2011, n. 1). Inoltre, la libertà religiosa è fondamentale per la libertà morale, poiché consente alla persona di aprirsi il più possibile alla verità e al bene (cfr ivi, n. 3).
I quattro pilastri della pace
La realizzazione di una cultura globale dei diritti umani è, dunque, l’essenza di un ordine mondiale di pace, ma essi non sono sufficienti a comprenderne le basi. Come sostenuto dal magistero pontificio a partire da Giovanni XXIII, la pace poggia sui quattro pilastri della verità, della giustizia, dell’amore e della libertà. Questi quattro pilastri sono essenziali alla costruzione di una società ben ordinata e costituiscono i valori che devono animare la società perché sia davvero pacifica.
Quanto alla verità, Paolo VI mette in guardia dal pericolo delle «pseudo-concezioni», che troppo spesso deformano e travisano la pace. Fra i leader politici, è costante la tentazione d’imporre, mediante l’uso della forza, «una normalità di rapporti» che assume la parvenza della pace (MGMP 1972). Un’altra visione errata della pace comporta l’affermazione dei diritti senza il corrispondente riconoscimento dei doveri (cfr MGMP 2003, n. 3). Parlare soltanto dei propri diritti, minimizzando i propri doveri, vuol dire ignorare la vera pace, che «chiama tutti a coltivare relazioni feconde e sincere, stimola a ricercare e a percorrere le strade del perdono e della riconciliazione, ad essere trasparenti nelle trattative e fedeli alla parola data» (MGMP 2006, n. 6). Come scrive papa Francesco nel suo primo MGMP, la «consapevolezza di questa relazionalità ci porta a vedere e trattare ogni persona come una vera sorella e un vero fratello; senza di essa diventa impossibile la costruzione di una società giusta, di una pace solida e duratura» (2014, n. 1). La prospettiva del magistero pontificio sulla verità come fondamento della pace scaturisce dalla convinzione che esiste un ordine morale nel creato, determinato da Dio. Il benessere umano, individuale e collettivo, è necessariamente legato al riconoscimento e al rispetto dell’ordine morale. Esso è la “grammatica” del dialogo fra la coscienza della persona e la chiamata divina a condurre un’autentica esistenza umana (cfr MGMP 2006, n. 4). L’opposizione alla pace fondata sulla verità accomuna due schieramenti spesso opposti: «I nichilisti negano l’esistenza di qualsiasi verità, i fondamentalisti accampano la pretesa di poterla imporre con la forza» (ivi, n. 10).
Anche il nesso fra pace e giustizia è ribadito frequentemente nei MGMP. La giustizia è, infatti, la virtù che «difende e promuove l’inestimabile dignità della persona e si fa carico del bene comune, essendo custode delle relazioni tra le persone ed i popoli» (MGMP 1998, n. 1). Essa deve essere il principio ispiratore e regolatore dell’ordine sociale, nazionale e internazionale: la pace ne scaturirà come risultato di una situazione in cui la dignità di ogni persona è tutelata e i diritti e i doveri fondamentali di ciascuno sono armoniosamente interconnessi. L’idea che la pace discenda dall’affermazione della giustizia è frequentemente ribadita nei MGMP.
«L’amore sarà fermento di pace, se la gente sentirà i bisogni degli altri come propri e condividerà con gli altri ciò che possiede» (MGMP 2003, n. 3). Per Giovanni Paolo II il ruolo dell’amore nell’ordine sociale è molto affine a quello della solidarietà, e la solidarietà è la volontà di andare oltre un «sentimento di vaga compassione o di superficiale intenerimento» verso l’altro, spinti ad avere una «determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene di tutti e di ciascuno». Inoltre, amore come solidarietà significa che coloro che dispongono «di una porzione più grande di beni e di servizi comuni, si sentano responsabili dei più deboli e siano disposti a condividere quanto possiedono».
Il quarto e ultimo pilastro di un ordine sociale pacifico è la libertà. «La libertà infine alimenterà la pace e la farà fruttificare se, nella scelta dei mezzi per raggiungerla, gli individui seguiranno la ragione e si assumeranno con coraggio la responsabilità delle proprie azioni» (MGMP 2003, n. 3). La libertà è essenziale per lo sviluppo umano, in quanto consente l’esercizio della coscienza nelle scelte della vita. Nel suo ultimo MGMP, in coincidenza con il cinquantesimo anniversario della Pacem in terris, Benedetto XVI rievoca i quattro pilastri: la famiglia umana è strutturata in relazioni interpersonali e istituzioni, sostenute e animate dal “noi” comunitario, il quale implica un ordine morale esterno e interno in cui, in conformità alla verità e alla giustizia, diritti e doveri reciproci sono sinceramente riconosciuti. La pace è un ordine rinvigorito e integrato dall’amore, cosicché noi sentiamo i bisogni degli altri come nostri, condividiamo i nostri beni con gli altri e operiamo in tutto il mondo per una maggiore comunione dei valori spirituali. Tale ordine si realizza nella libertà, cioè in maniera coerente con la dignità delle persone che, per la loro natura di esseri razionali, si assumono la responsabilità delle loro azioni (cfr MGMP 2013, n. 3).
La pace è possibile ed è per tutti
Un altro aspetto concernente la natura della pace è la convinzione, espressa anche da Giovanni XXIII, che essa non sia fuori dalla portata dell’umanità. Infatti, una frase ripetuta da tutti gli autori dei MGMP è: «La pace è possibile!». Questa affermazione è il titolo scelto da Paolo VI per il MGMP 1973, pur nel riconoscimento della «minaccia d’un dubbio, che può essere fatale: è mai possibile la pace?». E, molto spesso, il dubbio si trasforma «in disastrosa certezza: la pace è impossibile!». In risposta, le persone di buona volontà devono insistere che la pace è possibile. Sicuramente, essa deve essere costruita attraverso nuove istituzioni e un rinnovato impegno basato sulla ragione e non sull’emotività e richiederà una nuova forma di giustizia e un coraggio basato sull’amore. Ma se la pace è possibile, allora «essa è doverosa» (MGMP 1973). Il Papa sa che nel cuore di molta gente si è spenta la speranza e ritiene di avere il compito di rinnovare l’aspirazione umana al raggiungimento di una vera pace. Papa Francesco coglie questa preoccupazione, sentendosi investito, fra l’altro, della responsabilità di «rinnovare l’esortazione a non perdere la speranza nella capacità dell’uomo, con la grazia di Dio, di superare il male e a non abbandonarsi alla rassegnazione e all’indifferenza» (MGMP 2016, n. 2).
Nel 1974, Paolo VI ricorda che «La pace è possibile, solo se è considerata doverosa», perché essa «deve entrare nella coscienza degli uomini come una suprema finalità etica, come una necessità morale». Alla base della convinzione che la pace è possibile sta la fiducia nel potere delle idee: se la causa della pace conquistasse veramente il cuore della gente, i leader politici non potrebbero non tener conto dell’opinione pubblica: «La pace vive delle adesioni, sia pure singole ed anonime, che le persone le danno» (MGMP 1974). Ma è proprio la convinzione che la pace sia la grande aspirazione di tutta l’umanità a sostenere l’ottimismo di Paolo VI: «Non è un sogno la pace, non è un’utopia, non è un’illusione», benché la sua costruzione implichi un compito «molto difficile e molto lungo» (MGMP 1977), la cui strategia deve essere lasciata agli esperti nei vari campi, mentre al magistero del Papa spetta spronare la gente a impegnarsi per la sua causa.
L’assioma «la pace è doverosa, la pace è possibile» viene ribadito senza incertezze dai successori di papa Montini, segnatamente nel 2004 da Giovanni Paolo II, nel 2013 da Benedetto XVI e, più di recente, da papa Francesco, che mette in evidenza come la nonviolenza proposta da Cristo sia «realistica, perché tiene conto che nel mondo c’è troppa violenza, troppa ingiustizia, e dunque non si può superare questa situazione se non contrapponendo un di più di amore, un po’ più di bontà. Questo “di più” viene da Dio» (MGMP 2017, n. 4).
In definitiva, dai MGMP appare evidente come i pontefici del nostro tempo, animati da prudente ottimismo, siano convinti che stabilire la pace sia alla portata degli esseri umani, sempre però che gli individui e le comunità prendano davvero sul serio il dovere di costruirla insieme.
Le vie per la pace
Nel MGMP 2005, Giovanni Paolo II scrive: «La pace è un bene da promuovere con il bene» (n. 1), una massima che stravolge il classico adagio romano «Si vis pacem, para bellum» («Se vuoi la pace, prepara la guerra»). Ma quali sono i mezzi per portare a termine questo compito? Come abbiamo visto, la pace si costruisce attraverso la solidarietà, creando un processo di sviluppo giusto, che promuova tutti i diritti umani necessari per tutelare la dignità della persona. Tuttavia, i messaggi per le GMP offrono tre ulteriori indicazioni per il cammino di costruzione della pace.
Se «la pace e lo sviluppo sono tra loro connessi e devono essere affrontati insieme» (MGMP 1985, n. 8), è chiaro che la guerra va evitata anche perché richiede risorse che potrebbero essere destinate allo sviluppo. Si tratta di una costante nel magistero sociale:
le risorse spese in armamenti e guerre sono sottratte alla giusta causa dello sviluppo. Negli insegnamenti di tutti i Papi emerge la condanna della corsa agli armamenti. Paolo VI non limita le critiche alle due superpotenze dell’epoca, Stati Uniti e Unione Sovietica, ma richiama alle loro responsabilità anche quei popoli in via di sviluppo che per prestigio «s’impongono sacrifici enormi sul bilancio indispensabile alla vita elementare» (MGMP 1973).
Giovanni Paolo II mette in evidenza «lo scandalo della corsa agli armamenti di fronte alle necessità del Terzo Mondo» (MGMP 1982, n. 12). Le distorsioni nelle priorità di spesa, causate dalle tensioni nelle relazioni Est-Ovest, sono oggetto di frequenti critiche da parte del Papa polacco. Anni dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, Benedetto XVI riconosce che «i dividendi della pace», ovvero i benefici economici della fine della corsa agli armamenti, non hanno ancora prodotto l’auspicata svolta nella disponibilità di risorse per i Paesi poveri, «che reclamano giustamente, dopo tante promesse, l’attuazione concreta del diritto allo sviluppo» (MGMP 2006, n. 15), e torna sull’argomento tre anni dopo, trattando in modo specifico il tema del rapporto fra disarmo e sviluppo (cfr MGMP 2009, n. 6). Papa Francesco si unisce alla voce dei predecessori quando afferma che «grandi quantità di risorse sono destinate a scopi militari e sottratte alle esigenze quotidiane dei giovani, delle famiglie in difficoltà, degli anziani, dei malati, della grande maggioranza degli abitanti del mondo» (MGMP 2017, n. 3). Insomma, la spesa per armamenti, causata da tensioni fra le superpotenze, da fervori nazionalistici, da sete di controllo da parte di élite militari o di dittatori, incontra la ferma e decisa opposizione dei pontefici dei tempi recenti.
Un altro importante aspetto è il legame fra pace e bene comune. Come afferma Benedetto XVI, «le vie di attuazione del bene comune siano anche le vie da percorrere per ottenere la pace» (MGMP 2013, n. 3). Per la dottrina sociale della Chiesa, il bene comune presuppone l’esistenza di un’autorità politica che possa promuovere e guidare le attività che assicurano il benessere di ogni persona. Questo vale anche per il bene comune internazionale e globale. Anche se a questo livello non disponiamo di tutte le istituzioni necessarie, quelle che esistono e sono al servizio del bene comune sono sostenute dai Pontefici. Papa Francesco fa menzione di un altro impedimento, non solo istituzionale: nei suoi MGMP lamenta la «globalizzazione dell’indifferenza» (MGMP 2014, n. 1; MGMP 2015, n. 6; MGMP 2016, n. 3). Per Francesco, «l’indifferenza, e il disimpegno che ne consegue, costituiscono una grave mancanza al dovere che ogni persona ha di contribuire, nella misura delle sue capacità e del ruolo che riveste nella società, al bene comune, in particolare alla pace, che è uno dei beni più preziosi dell’umanità» (MGMP 2016, n. 4).
Un ultimo elemento, indicato in più Messaggi quale via alla pace, è il perdono. All’inizio del cinquantennio che stiamo considerando, Paolo VI confessa che «predicare il Vangelo del perdono sembra assurdo alla politica umana» (MGMP 1970). Si chiede però quale sia la pace che i conflitti permettono di raggiungere, rispondendo: «La pace che conclude un conflitto è di solito un’imposizione, una sopraffazione, un giogo» e, conseguentemente, «manca a questa pace, troppo spesso finta ed instabile, la completa soluzione del conflitto, cioè il perdono» (ivi). Il tema del perdono è parte integrante di molti Messaggi di Giovanni Paolo II, per il quale «è la premessa indispensabile per camminare verso una pace autentica e stabile». Per questo motivo, il Papa rivolge «un appello a tutti, affinché si persegua la pace sui sentieri del perdono» (MGMP 1997, n. 1). Nel MGMP 2002, scritto «sullo sfondo dei drammatici eventi dell’11 settembre scorso» (n. 1), Giovanni Paolo II sottolinea la necessità di ripristinare «l’ordine morale e sociale così barbaramente violato» nella convinzione che «non si ristabilisce appieno l’ordine infranto, se non coniugando fra loro giustizia e perdono». Tornando sul tema dei fondamenti di un ordine sociale pacifico, il Papa afferma che: «I pilastri della vera pace sono la giustizia e quella particolare forma dell’amore che è il perdono» (ivi, n. 2). Esso è necessario se vogliamo che il futuro sia diverso dall’attuale ciclo della storia, in cui la vendetta produce solo violenza. Il fatto che il perdono sia necessario non vuol dire che sia ovvio o facile, tuttavia rappresenta la strategia giusta per raggiungere la pace: «Il perdono infatti comporta sempre un’apparente perdita a breve termine, mentre assicura un guadagno reale a lungo termine» (ivi, n. 10). Nel suo primo MGMP, papa Francesco riprende l’esortazione al perdono: «Rinunciate alla via delle armi e andate incontro all’altro con il dialogo, il perdono e la riconciliazione per ricostruire la giustizia, la fiducia e la speranza intorno a voi!» (2014, n. 7) e successivamente invita tutti a perdonare e donare (cfr MGMP 2016, n. 3).
Costruire insieme la pace
Nonostante significative eccezioni, per lungo tempo i cattolici sono stati ritenuti sostenitori della dottrina della guerra giusta. Più di recente, invece, è tornata a risuonare l’idea della nonviolenza attiva. In un certo senso la prima posizione, l’etica della guerra giusta, si focalizza su come evitare la guerra e su come condurla in modo moralmente corretto, mentre la seconda, il pacifismo, si concentra sull’opposizione alla guerra. La celebrazione annuale della Giornata mondiale della pace mostra che essa è al cuore del messaggio cristiano e che significa qualcosa di più che l’assenza di guerra. «La costruzione della pace mediante la nonviolenza attiva è elemento necessario e coerente con i continui sforzi della Chiesa per limitare l’uso della forza attraverso le norme morali, mediante la sua partecipazione ai lavori delle istituzioni internazionali e grazie al contributo competente di tanti cristiani all’elaborazione della legislazione a tutti i livelli» (MGMP 2017, n. 6).
All’interno della Chiesa cattolica cresce l’interesse per quelle pratiche volte a instaurare una pace stabile e giusta, note in ambito internazionale come peacebuilding (costruzione della pace): spaziano dalla soluzione dei conflitti allo sviluppo economico, dalla riforma delle istituzioni politiche all’intensificazione degli scambi culturali, dalla trasformazione degli stereotipi etnici alla creazione di uno spazio aperto e libero per le associazioni della società civile. Negli ultimi decenni, in molti Paesi è aumentato l’impegno dei cattolici per costruire la pace, che risulta spesso cruciale per le prospettive di stabilità sociale, risoluzione dei conflitti e sviluppo economico. L’impegno per la pace deve ispirarsi a un’idea di pace. Come affermava il teologo anglicano John Macquarrie, abbiamo bisogno di un concetto di pace sufficientemente profondo e persuasivo per far leva sulle aspirazioni umane e indirizzare e motivare le nostre tecniche. È corretto affermare che il magistero sociale recente ci offre un concetto di pace coerente e in grado di motivare e guidare gli operatori di pace. Gli elementi chiave di tale concetto sono le interrelazioni fra pace in chiave positiva, giustizia come sviluppo e amore come solidarietà.
I Messaggi annuali per le GMP hanno offerto ai Papi l’opportunità di una riflessione costante sull’argomento, con alcuni temi ricorrenti: il richiamo costante ai pilastri fondativi di un ordine sociale pacifico, proposti già da Giovanni XIII; la proposta di uno sviluppo giusto come «nuovo nome della pace» formulata da Paolo VI; l’accento posto da Giovanni Paolo II sulla solidarietà come via per lo sviluppo e la pace. Per essere viva, la tradizione deve continuare a progredire: radicata nel passato, deve confrontarsi con le circostanze del presente, consentendo alla saggezza del passato di informare le risposte nel presente e al presente di suscitare lo sviluppo della tradizione stessa. Il magistero sulla pace è chiaramente un caso di tradizione viva. Oggi, la Chiesa cattolica ha elaborato una teologia della pace positiva, riconoscendone le molteplici dimensioni. La pace è possibile ed è doveroso realizzarla. I Messaggi per le GMP lo ricordano anche a chi ne ha perso la speranza, suggerendo inoltre i mezzi per raggiungerla. Sebbene l’impatto pastorale non sia stato fruttuoso come Paolo VI auspicava 50 anni fa, è fuor di dubbio che i MGMP abbiano dato un contributo fondamentale all’elaborazione di una teologia e di una spiritualità che spronano i cattolici a diventare operatori di pace in un mondo ancora segnato dalla violenza.
MESSAGGI PER LA GIORNATA MONDIALE DELLA PACE
Francesco
2017, La nonviolenza: stile di una politica per la pace
2016, Vinci l’indifferenza e conquista la pace
2015, Non più schiavi, ma fratelli
2014, Fraternità, fondamento e via per la pace
Benedetto XVI
2013, Beati gli Operatori di Pace
2012, Educare i giovani alla giustizia e alla pace
2011, Libertà religiosa, via per la pace
2010, Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato
2009, Combattere la povertà, costruire la pace
2008, Famiglia umana, comunità di pace
2007, La persona umana, cuore della pace
2006, Nella verità, la pace
Giovanni Paolo II
2005, «Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male»
2004, Un impegno sempre attuale: educare alla pace
2003, «Pacem in Terris»: un impegno permanente
2002, Non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senza perdono
2001, Dialogo tra le culture per una civiltà dell’amore e della pace
2000, «Pace in terra agli uomini che Dio ama!»
1999 Nel rispetto dei diritti umani il segreto della vera pace
1998, Dalla giustizia di ciascuno nasce la pace per tutti
1997, Offri il perdono, ricevi la pace
1996, Diamo ai bambini un futuro di pace
1995, Donna: educatrice alla pace
1994, Dalla famiglia nasce la pace della famiglia umana
1993, Se cerchi la pace, va’ incontro ai poveri
1992, I credenti uniti nella costruzione della pace
1991, Se vuoi la pace, rispetta la coscienza di ogni uomo
1990, Pace con Dio creatore, pace con tutto il creato
1989, Per costruire la pace, rispettare le minoranze
1988, La libertà religiosa, condizione per la pacifica convivenza
1987, Sviluppo e solidarietà, chiavi della pace
1986, La pace è valore senza frontiere. Nord-Sud, Est-Ovest: una sola pace
1985, La pace e i giovani camminano insieme
1984, La pace nasce da un cuore nuovo
1983, Il dialogo per la pace, una sfida per il nostro tempo
1982, La pace, dono di Dio affidato agli uomini
1981, Per servire la pace rispetta la libertà
1980, La verità, forza della pace
1979, Per giungere alla pace, educare alla pace
Paolo VI
1978, No alla violenza, Sì alla pace
1977, Se vuoi la pace, difendi la vita
1976, Le vere armi della pace
1975, La riconciliazione, via della pace
1974, La pace dipende anche da te
1973 La pace è possibile
1972, Se vuoi la pace, lavora per la giustizia
1971, Ogni uomo è mio fratello
1970, Educarsi alla pace attraverso la riconciliazione
1969, La promozione dei diritti dell’uomo, cammino verso la pace
1968, 1° gennaio: Giornata Mondiale della Pace