La strage di Uvalde e l'abrogazione del Secondo Emendamento
Alla luce della recente strage avvenuta a Uvalde, Texas, ritornano alla mente le parole di un editoriale di America Magazine - The Jesuit Review, il settimanale dei gesuiti degli USA, che già nel 2013 argomentava con vigore per una modifica della Costituzione americana, offrendo un esempio di che cosa significhi dare attuazione alla dottrina sociale della Chiesa e alla tradizione cattolica in un contesto sociale segnato da questi drammatici eventi.
Si legge in quell'articolo: «Certo, norme più severe sulle armi da fuoco non avrebbero evitato tutte queste tragedie, ma alcune molto probabilmente sì, e avrebbero forse ridotto il numero di vittime. Bisogna ricordare due fatti: il primo è che quanto più è facile procurarsi un’arma, tanto più è facile usarla; il secondo è che un atto di violenza in cui viene usata un’arma da fuoco ha una probabilità di produrre morti e feriti ben più elevata che un atto di violenza in cui venga utilizzata un’arma di qualunque altro genere. Quindi l’idea che non esista alcuna correlazione significativa tra la relativa indulgenza della legislazione in materia di controllo delle armi da fuoco e la frequenza con cui queste sono usate in atti di violenza rappresenta una sfida al senso comune.
[...] Il popolo americano deve porsi questa domanda: è saggio mantenere un diritto a girare armati garantito dalla Costituzione quando questo obbliga i nostri giudici ad abrogare norme sul controllo delle armi da fuoco ragionevoli e apprezzate dalla popolazione?».
La traduzione integrale dell'articolo è accessibile qui
25 maggio 2022
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