In Italia come in altri Paesi d’Europa l’immigrazione ha un risvolto socio-culturale importante: la crescita di un inedito pluralismo religioso. Un recente volume, Il Dio dei migranti (ed. Il Mulino), ha approfondito il fenomeno, andando oltre il prevalente discorso sull’Islam per considerare anche ortodossi, protestanti, cattolici raccolti intorno alle cappellanie “etniche”.
Separati da molti ancoraggi sociali e morali della loro vita precedente molti immigrati si aggrappano alla religione come elemento di continuità che sopravvive al trasferimento in un contesto alieno. L’immigrazione separa gli individui, ed eventualmente la loro famiglia, da parenti e amici. Gli incontri religiosi allora diventano importanti, perché rappresentano una bella occasione per incontrare dei compatrioti.
Un’altra funzione importante delle comunità di fede è l’aiuto verso chi è nel bisogno. Qui gli immigrati aiutano come possono altri immigrati alla ricerca di cibo, lavoro, riparo, ascolto, sostegno morale. Assumono un ruolo attivo nei confronti delle componenti più deboli dei correligionari: sia nella fornitura di aiuti immediati, sia nel sostegno nella ricerca del lavoro. Un attivismo che ancora si vede poco in ambito politico e sociale, comincia a emergere nell’ambito caritativo, nella forma di una sorta di “welfare dal basso”, informale e volontaristico.
Lottando contro pesanti svantaggi, gli immigrati cercano nelle comunità religiose una risposta al desiderio di restare collegati con il passato ma anche di proiettarsi nel futuro: integrandosi ma non perdendosi, acquisendo nuove competenze e abiti mentali ma non rinunciando alla propria identità culturale, imparando a confrontarsi con una società secolarizzata ma continuando a trovare un rifugio spirituale nella propria comunità: piccole Sion nel caos di Babilonia.
La società ricevente con le sue istituzioni, spesso diffidente o anche spaventata dalla religiosità degli immigrati, è posta di fronte alla necessità di scegliere come misurarsi con questa realtà. La speranza è che ne colga le potenzialità, favorendone gli sviluppi nel senso del dialogo e della coesione sociale, anziché frapporre ostacoli e divieti che separano e seminano contrapposizioni.