La meravigliosa trama del tutto. Saggezza indigena, conoscenza scientifica e gli insegnamenti delle piante

Robin Wall Kimmerer
Mondadori, Milano 2022
Scheda di: 
Fascicolo: aprile 2023

La letteratura e, più in generale, la comunicazione sull’ambiente e sulla crisi climatica hanno bisogno di linguaggi nuovi. La divulgazione scientifica degli ultimi decenni non è riuscita a produrre un cambiamento culturale perché, in larga parte, riposava sul presupposto che fosse sufficiente fornire un’informazione scientifica rigorosa per sollecitare il senso etico di chi legge. Questo approccio non basta perché non coinvolge le dimensioni simboliche e affettive dell’essere umano: solo quando queste risorse vengono mobilitate insieme all’intelligenza, si produce una comprensione nuova della realtà e del significato del vivere. È questo l’obiettivo che La meravigliosa trama del tutto centra in pieno.

Robin Wall Kimmerer è biologa e membro della nazione potawatomi, una delle minoranze native degli Stati Uniti. In questo libro, che si colloca nella consolidata tradizione americana del nature writing (John Muir, Aldo Leopold, John Cecil Moore, Rachel Carson, per citare i nomi più noti), traccia un percorso che, sullo sfondo di una vicenda biografica e familiare, tesse un dialogo tra la scienza botanica e le tradizioni culturali e spirituali dei nativi nordamericani. Sullo sfondo, viene rievocata la storia della depauperazione culturale delle popolazioni native, attuata mediante la politica dell’inserimento forzato dei giovani nelle “scuole residenziali” (Indian boarding schools), che puntavano a sradicare gli studenti dalle loro culture d’origine per farne dei buoni cittadini. Questa vicenda è stata oggetto di attenzione negli ultimi anni in Canada; meno noto è il fatto che anche il Governo statunitense vi abbia fatto largo impiego.

Se le culture indigene hanno ricevuto un certo interesse da parte del grande pubblico a partire dagli anni ‘90, il punto di forza dell’A. è di proporre una rilettura attualizzata del patrimonio dei miti, dei riti e dei simboli indigeni, facendone uno strumento di interpretazione critica del rapporto della società contemporanea con l’ambiente. Così, le offerte votive e i rituali di ringraziamento rivolti alle entità non umane mediano la presa di coscienza dell’interconnessione tra i viventi. Certo, per il lettore italiano è difficile comprendere lo statuto di “persona” attribuito a una pianta o a un animale e in quale modo si possa stabilire con essi un rapporto di reciprocità. Ma, anche mantenendo la giusta distanza tra le antropologie, resta la forza della proposta: che cosa cambierebbe, nel nostro comportamento, nell’ipotesi di vivere come se gli altri elementi della natura ricambiassero la nostra attenzione per essi? Ecco un pensiero trasformativo, una visione del mondo che può ispirare modi nuovi di vivere.

Potente è anche il mito del Windigo, essere umano trasformato in creatura mostruosa per avere praticato l’antropofagia e perciò condannato a vagare, spinto da una fame insaziabile. Come Genesi 3, questa leggenda parla di una caduta causata da un desiderio che non accetta limiti e che si trasforma in pulsione irrefrenabile al consumo, spinto a conseguenze distruttive e autodistruttive: «Sono dappertutto. [...] Si possono vedere dove le miniere di carbone hanno scotennato le cime dei monti in West Virginia e nelle tracce viscide di petrolio sulle spiagge del Golfo del Messico. Chilometri quadrati di soia a uso industriale. Una miniera di diamanti in Ruanda. Un armadio che trabocca di vestiti. Tutte orme del Windigo, le tracce di un consumismo insaziabile» (p. 317). Il libro permette anche di collocare correttamente le culture native nel loro contesto proprio, caratterizzato da un legame molto stretto tra la comunità che si riconosce in un’ascendenza comune e la terra che abita.

Il lettore non indigeno, pertanto, può lasciarsi ispirare da queste esperienze – è questo lo scopo del libro – ma non può viverle in prima persona. È questo un punto fondamentale, smarrito negli improbabili recuperi occidentali, new age o neopagani, dei patrimoni spirituali indigeni. Più precisamente, l’A. è testimone di una minoranza discriminata, oggi impegnata nella ricostruzione e nella tutela della propria identità. Questa postura, per quanto comprensibile, non lascia molto spazio allo scambio con altre esperienze religiose; rattrista ritrovare nel libro una rappresentazione caricaturale del cristianesimo, poco conosciuto dall’A.

Nondimeno, Wall Kimmerer raggiunge l’obiettivo di costruire una narrazione potente, ricca di poesia e capace di ispirare uno sguardo nuovo sulla società e sul mondo non umano.

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