70 anni fa, con il lancio della bomba atomica su Hiroshima (6 agosto 1945) e Nagasaki (9 agosto 1945), il mondo entrava nell’era nucleare: per la prima volta nella storia, l’umanità acquisiva la capacità di distruggere se stessa (nella foto, il cielo sopra Hiroshima, subito dopo l'esplosione della bomba).
Poche settimane dopo, l’editoriale di
America, la rivista dei gesuiti statunitensi, metteva a fuoco le domande etiche di fondo che la bomba atomica pone all’umanità: «nella sfera morale è chiaro che la bomba atomica ci mette inevitabilmente di fronte alla consapevolezza che quello che ci attende è o la fine di tutte le guerre o un futuro da incubo. I segreti della bomba, non importa quanto ben custoditi [...] verranno fuori. In un tempo non troppo lontano, la bomba sarà l'arma ordinaria di tutti i Paesi. Quando giungerà quel momento, se la guerra non sarà stata resa semplicemente impensabile, ogni Paese del mondo non potrà che rimanere schiacciato dalla minaccia che qualsiasi nemico spari il primo colpo avrà un vantaggio nella corsa all'annientamento. [...] Le questioni morali sollevate dalla scoperta e dall'uso della bomba atomica sono numerose ed estremamente gravi, tanto che i teologi morali esitano a pronunciarsi se esista una ragione che ne possa giustificare l’utilizzo come arma di guerra. Infatti, in questo caso le ragioni che ad alcuni paiono giustificare l'uso di bombe convenzionali non tengono. L’ampiezza delle distruzioni che può provocare non può essere limitata a quello che può essere legittimamente definito un obiettivo militare. Le sue conseguenze a lungo termine, inoltre, sono gravide di una minaccia così terribile per tutta l'esistenza umana su questo pianeta, che un peso di responsabilità letteralmente tremendo ricade su chi ha deciso di usarla» (
Spires or bombs, 18 agosto 1945;
qui il testo completo in inglese; sullo stesso tema America
ha pubblicato nei giorni scorsi anche questo articolo).
In questi 70 anni siamo riusciti a evitare la catastrofe della guerra nucleare, ma non a dare una risposta definitiva a quelle domande, come dimostra anche la complessa e controversa vicenda del nucleare iraniano. Nel frattempo altre questioni sono emerse, che sollevano gli stessi gravi interrogativi. Nella recente enciclica
Laudato si’, papa Francesco ce li ripropone con tutta la loro drammatica forza.
«Tuttavia non possiamo ignorare che l’energia nucleare, la biotecnologia, l’informatica, la conoscenza del nostro stesso DNA e altre potenzialità che abbiamo acquisito ci offrono un tremendo potere. Anzi, danno a coloro che detengono la conoscenza e soprattutto il potere economico per sfruttarla un dominio impressionante sull’insieme del genere umano e del mondo intero. Mai l’umanità ha avuto tanto potere su sé stessa e niente garantisce che lo utilizzerà bene, soprattutto se si considera il modo in cui se ne sta servendo. Basta ricordare le bombe atomiche lanciate in pieno XX secolo, come il grande spiegamento di tecnologia ostentato dal nazismo, dal comunismo e da altri regimi totalitari al servizio dello sterminio di milioni di persone, senza dimenticare che oggi la guerra dispone di strumenti sempre più micidiali. In quali mani sta e in quali può giungere tanto potere? È terribilmente rischioso che esso risieda in una piccola parte dell’umanità. [...] Il fatto è che l’uomo moderno non è stato educato al retto uso della potenza, perché l’immensa crescita tecnologica non è stata accompagnata da uno sviluppo dell’essere umano per quanto riguarda la responsabilità, i valori e la coscienza. […] Può disporre di meccanismi superficiali, ma possiamo affermare che gli mancano un’etica adeguatamente solida, una cultura e una spiritualità che realmente gli diano un limite e lo contengano entro un lucido dominio di sé» (n. 104-105).