Nuovi drammi del mare, nell’ultimo fine settimana di maggio, nuove vittime, si stima 700, e nuovi salvataggi, circa 7.200 in pochi giorni. Tornano le parole che ormai da troppo tempo punteggiano le cronache.
Una prima ricorrente è: siamo di fronte a una vera invasione. In realtà, i numeri degli sbarchi del 2016 sono in linea con quelli del 2015 a fine maggio, che a loro volta alla fine dell’anno sono stati inferiori a quelli del 2014 (circa 150.000 contro 170.000). Non sappiamo che cosa ci riserverà l’estate, non sappiamo se la chiusura della rotta balcanica proietterà sul Mediterraneo centrale una parte dei profughi siriani, ma in questo momento l’allarme preventivo non è confermato dai numeri.
Il sistema è al collasso. Va ribadito: il sistema collassa molto facilmente se non viene organizzato in modo adeguato. La retorica dell’emergenza, un’emergenza ricorrente ogni anno e ampiamente prevedibile in base alle condizioni meteo, appare sempre più la via italiana alla gestione del fenomeno strutturale dei richiedenti asilo.
Gli scafisti sono i responsabili delle morti in mare. Questo è vero, ma gli scafisti non sono la causa dell’arrivo dei profughi: sono l’effetto della (voluta) mancanza di canali legali per giungere in Europa a chiedere asilo. Malgrado le sollecitazioni di varie agenzie umanitarie, i governi non consentono di aprire corridoi d’ingresso sicuri per chi proviene da zone di guerra. In pratica, consegnano nelle mani degli scafisti chi cerca scampo da conflitti e persecuzioni. Si teme che i corridoi umanitari provochino milioni di nuovi arrivi (
lo ha scritto anche Beppe Severgnini sul
Corriere della Sera del 25 maggio), ma l’unico dato certo è che la loro mancanza sta provocando migliaia di vittime nelle rischiose traversate del Mediterraneo.
Gli africani, si dice infine, non sono veri rifugiati. Peccato che l’Africa sia dilaniata da guerre e oppressioni che spesso neppure conosciamo. Paesi come l’Eritrea e la Somalia sono tra i principali responsabili dei flussi di profughi. Il Nord della Nigeria è devastato da Boko Haram. In ogni caso, la valutazione della fondatezza di una domanda di asilo va effettuata individualmente, ascoltando la voce del richiedente. Non si può respingere all’ingrosso, sulla base delle nostre idee sulla pericolosità dei loro Paesi. Come ha detto papa Francesco, i profughi non sono un pericolo, sono in pericolo.