Istruzione e discernimento

Fascicolo: dicembre 2011

Si è andata molto sviluppando in Occidente, nella prassi dell'istruzione scolastica, una logica quasi quantitativa dell'apprendimento. Si è cioè sempre più affermata la teoria che, al termine del percorso scolastico, il giovane deve sapere molte cose, suddivise in materie differenti ordinate secondo i criteri sviluppatisi e fissatisi sostanzialmente al termine del XVIII secolo, durante la stagione europea della cosiddetta «età dei Lumi». Il criterio di raggiungimento degli scopi prefissati da ogni ciclo scolastico e di verifica della competenza raggiunta si è per lungo tempo definito grazie a «esami», normalmente comprovanti se l'adolescente o giovane ha appreso i contenuti specifici di ogni materia. E non a caso si utilizza il verbo «apprendere», che indica il processo mirante a «possedere» (dal latino apprehendere: afferrare, impossessarsi, conquistare) una conoscenza. Non c'è dubbio che l'acquisizione sociale dell'obbligo dell'istruzione scolastica per ogni cittadino, indipendentemente dal censo, dalla razza o dalla provenienza familiare, sia una delle più alte conquiste della civiltà umana. Definire i contenuti della conoscenza di base necessaria a ciascuno è comunque terreno che ancora oggi suscita enormi dibattiti: si pensi, ad esempio, a quello riguardante l'insegnamento dell'approccio evoluzionistico in molti Stati americani, o al posto riservato all'insegnamento religioso nelle scuole o alla teologia nelle università europee.
Nella Bibbia non c'è evidentemente traccia di tutto ciò. Certamente l'approccio dell'antichità al problema dell'educazione «scolastica» era radicalmente differente, e comunque limitato ad alcuni ambienti più benestanti. Infatti, si forniva ad adolescenti e giovani una formazione che oggi denomineremmo culturale soprattutto per le esigenze amministrative (i diversi ambienti legati alla corte regale o imperiale) e cultuali (le diverse necessità legate ai templi e ai culti). Per il resto, c'era una trasmissione di saperi legati all'agricoltura, all'artigianato, al commercio o alla gestione della casa, che veniva veicolata all'interno della cerchia familiare. Ma probabilmente questo riguardava al massimo un quarto della popolazione, essendo il resto di essa formato da lavoratori a giornata e, soprattutto, da schiavi.

Il paradigma di Salomone

1Re 3, 5-13
5 A Gàbaon il Signore apparve a Salomone in sogno durante la notte. Dio disse: «Chiedimi ciò che vuoi che io ti conceda». 6 Salomone disse: «Tu hai trattato il tuo servo Davide, mio padre, con grande amore, perché egli aveva camminato davanti a te con fedeltà, con giustizia e con cuore retto verso di te. Tu gli hai conservato questo grande amore e gli hai dato un figlio che siede sul suo trono, come avviene oggi. 7 Ora, Signore, mio Dio, tu hai fatto regnare il tuo servo al posto di Davide, mio padre.
Ebbene io sono solo un ragazzo; non so come regolarmi. 8 Il tuo servo è in mezzo al tuo popolo che hai scelto, popolo numeroso che per quantità non si può calcolare né contare. 9 Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male; infatti chi può governare questo tuo popolo così numeroso?». 10 Piacque agli occhi del Signore che Salomone avesse domandato questa cosa. 11 Dio gli disse: «Poiché hai domandato questa cosa e non hai domandato per te molti giorni, né hai domandato per te ricchezza, né hai domandato la vita dei tuoi nemici, ma hai domandato per te il discernimento nel giudicare, 12 ecco, faccio secondo le tue parole. Ti concedo un cuore saggio e intelligente: uno come te non ci fu prima di te né sorgerà dopo di te. 13 Ti concedo anche quanto non hai domandato, cioè ricchezza e gloria, come a nessun altro fra i re, per tutta la tua vita.

La Bibbia tuttavia ci fornisce una prospettiva paradigmatica interessante per affrontare il tema dell'educazione e dei suoi contenuti. Infatti la riflessione biblica ha sempre proposto come modello per la formazione alla sapienza e alla conoscenza il re Salomone, ricordato come uno dei più grandi sapienti dell'antichità (anche se, a onor del vero, non si hanno al suo riguardo fonti extrabibliche). In questa prospettiva, come già avveniva da secoli in Egitto (ove collezioni di insegnamenti sapienziali sono state intitolate a famosi sovrani), sono stati attribuiti a Salomone molti testi biblici direttamente collegati all'educazione sapienziale o alla formazione dei più giovani, sebbene composti centinaia di anni dopo la morte del grande re: il libro di Qoelet, il Cantico dei cantici, il libro dei Proverbi (stando a 1, 1) o almeno la maggior parte di esso, i Salmi 72 (71) e 127 (126) e il libro della Sapienza. Salomone viene proposto come il grande modello, potremmo dire, archetipo, della saggezza realizzata. E questo anche dopo novecento-mille anni (è il caso del libro della Sapienza, ad esempio). Ecco perché possiamo allora considerare le modalità del suo percorso di formazione, così come sono presentate dal racconto biblico, come esemplari per le generazioni di ogni tempo.
L'inizio del regno di Salomone, figlio e successore del re Davide, è raccontato nella Bibbia proprio in relazione a un evento «formativo», di acquisizione di sapienza e saggezza, attraverso un topos narrativo presente nella letteratura di tutti i tempi: all'inizio del proprio «mandato» è data al giovane sovrano la possibilità di ottenere ciò che desidera dalla propria divinità. È evidente il tenore moralistico di questo genere di racconti: laddove il giovane re «buono» potrebbe chiedere la ricchezza materiale, il successo, la bellezza, il potere terreno incondizionato o l'immortalità, normalmente egli chiede l'amore o la guarigione di un povero, piuttosto che la ricchezza per altri che hanno avuto disavventure, ecc. Salomone chiede tuttavia qualcosa di differente: Signore, mio Dio, tu hai fatto regnare il tuo servo al posto di Davide, mio padre. Ebbene io sono solo un ragazzo; non so come regolarmi [...] Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male (3, 7.9).
Salomone chiede il dono del discernimento; la capacità di giudicare ciò che è bene e ciò che è male nell'esercizio della propria responsabilità. Questa capacità, che lo aiuterà a saper regolare la propria e l'altrui vita, viene proposta dal racconto come la qualità fondamentale, superiore a ogni altra. La priorità che Salomone propone con la sua richiesta è confermata dalla risposta di Dio. È proprio la capacità di discernimento la radice di ogni conoscenza, al punto che, più avanti, il testo dice: Dio concesse a Salomone sapienza e intelligenza molto grandi e una mente vasta come la sabbia che è sulla spiaggia del mare. La sapienza di Salomone superava la sapienza di tutti gli orientali e tutta la sapienza dell'Egitto (1Re 5, 9-10). Così, si può dire che la vicenda paradigmatica di Salomone antepone il discernimento, cioè la capacità di compiere le scelte giuste nel proprio itinerario esistenziale, ai contenuti che definiscono la conoscenza della realtà. Non che questi ne siano esclusi. Anzi, Salomone li possedeva in modo eminente, capace non solo di sapere più di tutti gli uomini della terra, ma anche di spiegare e insegnare, come mostra l'episodio della visita della regina di Saba. Questa, sentita la fama di Salomone venne per metterlo alla prova con enigmi [...] Salomone le chiarì tutto quanto ella diceva; non ci fu parola tanto nascosta al re che egli non potesse spiegarle (cfr 1Re 10, 1-13, qui citati i vv. 1 e 3). Dio, quindi, non solo aveva dotato Salomone di ogni conoscenza scientifica, ma anche della capacità di insegnarla! Ma alla radice di questo processo viene presentata l'acquisizione della capacità di discernimento. Ma è solo una vicenda particolare riguardante un grande re dell'antichità? No. Come dicevamo, essa ha una portata paradigmatica che viene ribadita diverse volte nella Bibbia. Forse il testo in cui si trovano il maggior numero di proposte pedagogico-educative è il libro dei Proverbi.

Le priorità educative

Proverbi 2, 1-12
1 Figlio mio, se tu accoglierai le mie parole e custodirai in te i miei precetti, 2 tendendo il tuo orecchio alla sapienza, inclinando il tuo cuore alla prudenza, 3 se appunto invocherai l'intelligenza e rivolgerai la tua voce alla prudenza, 4 se la ricercherai come l'argento e per averla scaverai come per i tesori, 5 allora comprenderai il timore del Signore e troverai la conoscenza di Dio, 6 perché il Signore dà la sapienza, dalla sua bocca escono scienza e prudenza. 7 Egli riserva ai giusti il successo, è scudo a coloro che agiscono con rettitudine, 8 vegliando sui sentieri della giustizia e proteggendo le vie dei suoi fedeli. 9 Allora comprenderai l'equità e la giustizia, la rettitudine e tutte le vie del bene, 10 perché la sapienza entrerà nel tuo cuore e la scienza delizierà il tuo animo. 11 La riflessione ti custodirà e la prudenza veglierà su di te, 12 per salvarti dalla via del male.

Tutto il libro dei Proverbi è proposto con questo titolo: Proverbi di Salomone, figlio di Davide, re d'Israele, per conoscere la sapienza e l'istruzione, per capire i detti intelligenti, per acquistare una saggia educazione, equità, giustizia e rettitudine, per rendere accorti gli inesperti e dare ai giovani conoscenza e riflessione (1, 1-4). Come si vede facilmente la finalità dell'intero libro è di tipo educativo e vengono elencate, attraverso una certa varietà terminologica, diverse caratteristiche e modalità di conoscenza, pratica e speculativa.
I primi due capitoli del libro sono come una lunga serie di indicazioni di fondo che devono orientare tutto il contenuto degli insegnamenti e il brano che si propone nel riquadro ne costituisce come la silloge. Il dialogo viene proposto nel contesto familiare, la forma più ordinaria e diffusa di educazione: si tratta di un padre che educa il proprio figlio desideroso e attivo nell'aprirsi alla sapienza che le sue parole veicolano. Un primo risultato è di comprendere il timore del Signore e trovare la conoscenza di Dio per poter da lui ricevere sapienza, scienza e prudenza (vv. 5-6). Il timore del Signore è spesso presentato nei nostri testi come la vera fonte della conoscenza (in 1, 7 si dice esplicitamente: il timore del Signore è principio della scienza). Evidentemente una simile espressione fa riferimento alla necessità, prioritaria per l'uomo biblico, della relazione con Dio in ogni situazione della vita: Ma da dove viene la sapienza? E il luogo dell'intelligenza dov'è? [...] Ecco, il timore del Signore, questo è sapienza, evitare il male, questo è intelligenza (Giobbe 28, 20.28). Occorre sottolineare che l'educazione al timore del Signore si trova su un gradino più alto rispetto a qualunque altra conoscenza da acquisire. Addirittura sembra essere più importante dell'applicazione della legge scritta: Principio della sapienza è il timore del Signore, rende saggio chi ne esegue i precetti (Salmi 111, 10).
Il che equivale a dire che il vero fine della pedagogia biblica non è l'apprendimento di norme o contenuti specifici, ma la formazione di un atteggiamento «psicologico» e spirituale che renda la persona capace di interiorizzare i punti di riferimento fondamentali (nel caso biblico, la relazione con Dio sintetizzata nell'espressione timore del Signore) per il proprio ulteriore conoscere e agire. Ecco perché, nel testo di Proverbi che stiamo leggendo, il processo di insegnamento e ascolto, a cui consegue la capacità di comprendere il timore del Signore, sfocia in un risultato preciso: allora comprenderai l'equità e la giustizia, la rettitudine e tutte le vie del bene, perché la sapienza entrerà nel tuo cuore e la scienza delizierà il tuo animo, la riflessione ti custodirà e la prudenza veglierà su di te, per salvarti dalla via del male (vv. 9-12). La nota che più di ogni altra deve caratterizzare un autentico processo formativo è offrire un'educazione capace di entrare nel cuore, di deliziare l'animo in ordine ad acquisire la capacità di discernere tra gli eventi della vita per poter prendere le giuste decisioni.
Come abbiamo visto nel caso di Salomone, così anche la prospettiva aperta dal libro dei Proverbi non minimizza affatto le più profonde esigenze di una formazione culturale seria, competente e puntuale. Conosciamo l'insistenza biblica sull'insegnare ai più giovani le conoscenze storiche, legali e «scientifiche» (per l'epoca) che li aiutino nella loro vita di persone appartenenti al popolo di Dio. Eppure viene proposta una precisa scala di valori. Infatti, siamo invitati a considerare una tale conoscenza culturale come finalizzata all'educazione di persone capaci di leggere criticamente la realtà, di affrontare i problemi con la pienezza della propria umanità (razionalmente, emotivamente, affettivamente e spiritualmente) per prendere decisioni responsabili. Una buona capacità di educazione al discernimento critico da parte dell'istruzione scolastica può aiutare le giovani generazioni alla necessità di riconoscere e correggere gli errori di cui è ricca la storia di ogni convivenza civile e ad avere il coraggio di proporre nuovi comportamenti di fronte alle nuove situazioni che si troveranno ad affrontare.

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