Introdotto in Italia il “reato di solidarietà”?

Maurizio Ambrosini
Il contrasto politico e giudiziario contro il soccorso in mare ai migranti da parte delle ONG ha aperto un nuovo e clamoroso capitolo. Come è noto, l’ONG spagnola Proactiva Open Arms è stata accusata dalla Procura della Repubblica di Catania di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina per aver rifiutato di consegnare 218 persone, tra cui donne e bambini, alla guardia costiera libica, che aveva minacciato con le armi i soccorritori. Il loro avvocato ha parlato di introduzione in Italia del “reato di solidarietà”. I giuristi dell’ASGI (Associazione di studi giuridici sull’immigrazione) hanno richiamato «il rispetto degli obblighi derivanti dal diritto internazionale in materia di rifugiati, tra i quali il “principio di non respingimento”», ribadendo che la Libia e i suoi porti non possono essere considerati luoghi sicuri per l’accoglienza delle persone salvate in mare.

Già nell’estate scorsa alle dichiarazioni roboanti e a iniziative clamorose come il sequestro della nave “ribelle” dell’ONG tedesca Juggend Rettet, che non si era piegata al regolamento imposto dal ministro Minniti, non hanno fatto seguito rinvii a giudizio e rapidi processi, come era stato annunciato. Il vero obiettivo appare quello di dare in pasto alla pubblica opinione dei “colpevoli” di flussi migratori descritti come apocalittici, e sull’altro versante di intimidire e scoraggiare i soccorritori. La campagna di criminalizzazione ha già avuto effetti sulla raccolta fondi, perché il maggior capitale di cui dispongono le ONG è la fiducia dei donatori. La sete di nuova sovranità nazionale che domina la scena politica, anche a costo della vita per chi bussa alle porte, tollera sempre meno chi difende i diritti umani rifiutando di sacralizzare i confini. Tra i principi morali e le leggi statali si sta riaprendo una pericolosa divaricazione.

20 marzo 2018
Ultimo numero

Rivista

Visualizza

Annate

Sito

Visualizza