Internet fatta a pezzi. Sovranità digitale, nazionalismi e big tech
Vittorio Bertola e Stefano Quintarelli
Bollati Boringhieri, Torino 2023
I primi curiosi e appassionati che,
negli anni Novanta, scoprivano il
mondo di Internet, facevano un’esperienza
inedita e affascinante: disponendo
di competenze informatiche
anche non specialistiche, era
possibile comunicare e interagire
in tempi rapidissimi con persone
situate all’altro capo del mondo,
saltando le barriere geografiche e
politiche e i relativi sistemi di controllo,
allora concentrati sulla telefonia,
sulla stampa e sulla televisione.
Le risorse informative allora
disponibili sulla Rete, estremamente
scarse rispetto agli standard attuali,
erano tuttavia sproporzionate
all’esperienza di chi era cresciuto
spulciando i cataloghi cartacei delle
biblioteche: le opportunità di
scambiare conoscenze e competenze
apparivano illimitate. I primi
internauti si riconoscevano in una
comunità sovranazionale, basata
sul principio di libertà di comunicazione,
e immaginavano un’umanità
a propria immagine, unificata intorno
alle nuove possibilità tecnologiche.
Trent’anni più tardi, è facile riconoscere
come questo progetto
utopistico sia naufragato: la Rete
che conosciamo oggi è parcellizzata
in una serie di blocchi nazionali
e aziendali, più o meno visibili, che
hanno «trasformato un meccanismo
di pace e di cooperazione orizzontale
in uno strumento di costruzione
di monopoli e di accumulo
di ricchezza nelle mani di pochi, e
di guerra economica, informativa e
militare tra le nazioni» (15). Oggi, la
sola scelta del proprio smartphone
porta con sé un intero ecosistema
di servizi, impermeabile ad altri
analoghi ecosistemi proprietari, nel
quale l’utente si trova “arruolato”.
Lo stesso meccanismo viene riprodotto
dalle piattaforme di social
media che, sulla base delle proprie
strategie commerciali, suddividono
l’utenza all’interno di bolle comunicative. Se l’anonimato rappresentava
un punto di forza della libera
comunicazione nella Rete delle origini,
apprezzato soprattutto da chi
viveva in sistemi politici autoritari,
gli attuali sistemi di profilazione
riescono a individuare l’utente con
una ricchezza di dati personali in
una misura che nessuno Stato è
mai riuscito a raccogliere sui propri
cittadini.
Com’è avvenuta questa trasformazione?
Rispondere alla domanda
è l’obiettivo di questo libro, che ripercorre
la storia della Rete descrivendone
il processo di frammentazione,
attraverso il modo in cui
le grandi imprese e gli Stati hanno
risposto alle sfide poste dall’evoluzione
tecnologica, mettendo in
gioco le proprie visioni aziendali o
ideologiche. Si tratta, in ogni caso,
di una vicenda che pone domande
non banali: quali sono i termini e i
limiti della libertà di comunicazione?
Che rapporto deve sussistere
tra la libertà d’impresa e la sovranità
di uno Stato sul proprio spazio
digitale? Quali sono i diritti del cittadino
nell’ambiente digitale? Sono
domande che impegneranno la
riflessione ancora per molti anni e
che questo libro, più che dare improbabili
risposte definitive, aiuta a
impostare correttamente.
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