Dopo i blocchi stradali in Francia, i trattori si sono incolonnati nelle piazze di numerosi Stati membri dell'Unione Europea, Italia inclusa, dando un'importante visibilità al malcontento del settore primario, in cui rientrano la coltivazione dei terreni e l’allevamento del bestiame.
Le proteste sono dirette principalmente contro alcune strategie adottate dalla Commissione europea per raggiungere la neutralità climatica (il Green Deal europeo, al cui cuore stanno The Farm to Fork Strategy e la Strategia dell'UE sulla biodiversità per il 2030) e le normative attuative delle stesse. In seguito alle manifestazioni, Consiglio e Parlamento europeo hanno celermente (in parte) modificato le decisioni precedenti, interrompendo alcuni procedimenti legislativi e dichiarando la disponibilità a fare passi indietro su varie scelte già adottate. Tuttavia un generico riferimento all'Europa restituisce solo una rappresentazione parziale e poco efficace di quanto sta accadendo, non aiutando a comprendere a fondo alcune ragioni sostanziali delle manifestazioni spontanee che hanno bypassato anche le organizzazioni di rappresentanza. Per costruire visioni di medio-lungo periodo di ampio respiro è necessario innanzitutto mettere ordine nella frammentazione delle richieste, individuando gli snodi fondamentali.
Chi sono i protagonisti del settore primario in Europa?
Alcuni dati pubblici dell'Eurostat riferiti al 2020 possono aiutare a leggere le radici del malcontento. Le persone che lavorano nell'agricoltura sono circa 8,7 milioni: la percentuale è scesa dal 6,4% (2005) al 4,2% dell'occupazione totale dell'Unione. L'agricoltura rimane un'attività prevalentemente familiare: quasi nove persone su dieci (86,1%) dei lavoratori regolari nel settore sono l'agricoltore stesso o membri della sua famiglia.
La maggioranza degli imprenditori agricoli (57,6%) ha almeno 55 anni. Se nel 2005 solo il 7,3% aveva meno di 35 anni, nel 2020 sono scesi al 6,5%. La maggior parte (72,3%) degli imprenditori agricoli ha esclusivamente esperienza pratica; solo uno su dieci (10,2%) ha una formazione agricola completa, università inclusa. Nel 2020 erano presenti nell'UE 9,1 milioni di aziende agricole, circa due terzi (63,8 %) delle quali di dimensioni inferiori a 5 ettari.
Esiste, infine, una significativa differenziazione tra “agricolture”: sia dal punto di vista dell’impatto ambientale e sociale del modello produttivo praticato, sia dal punto di vista della capacità imprenditoriale degli agricoltori e della dimensione aziendale.
È a questi interlocutori che da anni le istituzioni chiedono di conciliare la transizione verso una sostenibilità ambientale sempre più urgente, con il mantenimento di una produzione adeguata di cibo sano e a prezzi accessibili per tutti. Allo stesso tempo, questi soggetti sono destinatari di politiche agricole europee e nazionali che mettono a disposizione del settore significative risorse pubbliche in forma di sussidi, agevolazioni, esenzioni e sgravi.
Il problema del prezzo all’origine
Il diffuso disagio degli operatori del settore ha alla base un problema annoso: l'assenza di strumenti che garantiscano un giusto prezzo di produzione all’origine in grado di consentire un reddito e una qualità di vita dignitosa a chi svolge attività agricola. Si tratta di una strutturale crisi di redditività che è trasversale alle diverse “agricolture”. La fragilità e volatilità dei redditi e, quindi dell’approvigionamento alimentare, emerge nella sua concretezza se mettiamo insieme l’aumento dei costi per sementi, fertilizzanti, fitofarmaci e carburanti, le perdite di resa legate ai continui eventi estremi (siccità, grandinate, alluvioni) dovuti ai cambiamenti climatici e, i prezzi all’origine sempre più bassi.
La penalizzazione economica dei produttori nella distribuzione del valore generato dalla filiera agroalimentare (che include intermediari, industria di trasformazione, distribuzione) è rappresentata in un modello realizzato dall'Ismea (Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare). Su 100 euro destinati dal consumatore all'acquisto di prodotti agricoli freschi, ne vanno 22 ai produttori primari i quali, con quella somma, devono coprire gli ammortamenti e pagare i salari, ottenendo come utile 6 euro, mentre alle imprese del commercio e del trasporto vanno 17 euro. Nel caso dei prodotti alimentari trasformati, dove la filiera si allunga ulteriormente, l'utile dell'imprenditore agricolo, su 100 euro spesi dal consumatore, è inferiore ai 2 euro.
Allo stesso tempo, i prodotti agricoli che importiamo e che vorremmo importare tramite accordi di libero scambio da Paesi esterni all’UE (ad esempio dall’America latina) arrivano da produzioni che non rispettano le regole valide in Europa e possono quindi proporre prezzi nettamente più bassi.
In una situazione del genere, il dibattito europeo relativo all'introduzione di norme finalizzate a una maggiore tutela delle risorse naturali (riduzione delle emissioni climalteranti, tutela della qualità dell’acqua, dell’aria, del suolo e della biodiversità, contributo alla produzione di energia da fonti rinnovabili, ecc.), ha avuto un effetto dirompente, perché rispettare queste normative, sebbene importante, farebbe diminuire i raccolti o lievitare ulteriormente i costi di produzione, al punto da far dimenticare gli intrinseci legami tra criticità ambientali e produzione agricola.
Un’occasione da cogliere
Le proteste in corso danno ai decisori politici nazionali ed europei la possibilità di dimostrare capacità di ascolto e di adozione di una visione pragmatica per il presente, ma che non rinunci a guardare al futuro. Si tratta di garantire sicurezza negli approvvigionamenti e nella qualità dei prodotti agroalimentari. Per gli agricoltori rappresentano un'occasione per dare un nome agli strumenti necessari per crescere imprenditorialmente, liberi dalle sovvenzioni pubbliche e da chi le decide e gestisce. Per noi cittadini, che ci nutriamo dei prodotti della terra, rappresentano l'opportunità di non dare per scontati i traguardi raggiunti e di toccare con mano la corresponsabilità nel decidere quale modello produttivo sostenere.
Le scelte relative alla transizione ecologica del settore, sul banco mediatico degli imputati, non potranno essere attuate in un clima di ostilità da parte dei soggetti coinvolti. Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, nel suo discorso sullo stato dell'Unione Europea del 2023, ha preso atto dell’assenza di una visione comune dichiarando che «molti si stanno già impegnando a favore di un'agricoltura più sostenibile. Dobbiamo affrontare queste nuove sfide insieme agli uomini e alle donne impegnati nel settore agricolo. È l'unico modo per garantire la nostra sicurezza alimentare anche in futuro. Abbiamo bisogno di un maggiore dialogo e di una minore polarizzazione. Per questo motivo vogliamo avviare un dialogo strategico sul futuro dell'agricoltura nell'UE».
Il Dialogo strategico è stato avviato il 25 gennaio 2024 e vuole essere uno strumento per ascoltare prospettive, preoccupazioni e soluzioni degli agricoltori e di altri protagonisti dell'intera filiera agroalimentare, con l'obiettivo di trovare un terreno comune per le normative che tracceranno il futuro del settore agroalimentare dell'Unione.
Tutti i soggetti coinvolti sono chiamati a dare un nome ai modelli di produzione alimentare sostenibile che possano essere sostenuti dalle istituzioni, anche attraverso le significative risorse pubbliche in favore del settore primario.
Se la produzione di cibo è un bene pubblico, spetta ai rappresentanti di tutta la comunità determinare in quale modo sostenerlo.
Risorse per approfondire
- Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA), PAC post 2020, come migliorare la posizione degli agricoltori nella catena del valore, 2020, https://www.pianetapsr.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/2342
- ISMEA Mercati, Banca dati prezzi prodotti agricoli all'origine, https://www.ismeamercati.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/12378
- Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'economia agraria (CREA), L'agricoltura italiana attraverso la Rete di Informazione Contabile Agricola (RICA) dati 2021 (rilevazioni 2022), https://rica.crea.gov.it/
- Eurostat, https://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/index.php?title=Farmers_and_the_agricultural_labour_force_-_statistics&action=statexp-seat&lang=it#