Gli sbarchi, il Covid-19 e il virus dell'incoerenza
A tratti il governo Conte 2 dà l’impressione di voler cambiare linea sulle politiche dell’immigrazione e dell’asilo rispetto al suo imbarazzante e indimenticabile predecessore Conte 1. Ma lo fa nelle retoriche, nelle interviste, a volte nei convegni, o in qualche cauta risposta alle interrogazioni parlamentari. Gli va riconosciuto di aver cessato le infamanti campagne contro le ONG e i salvataggi in mare. Ma quando si tratta di prendere delle decisioni politiche vere, come un riflesso condizionato cala la mannaia della continuità, nonché della paura di perdere voti nei confronti di una destra che sull’immigrazione e l’asilo ha costruito gran parte delle sue fortune elettorali degli ultimi anni.
Così, all’inizio della Settimana Santa è arrivata una decisione, firmata da quattro ministri di matrice politica diversa, ma degna di un Salvini qualsiasi: giacché è in corso l’epidemia del COVID-19, vietati gli sbarchi delle persone salvate in mare dalle navi delle ONG fino al 31 luglio. Non la quarantena, come fin qui avvenuto, e come tuttora avviene nei confronti dei richiedenti asilo che arrivano spontaneamente sulle nostre coste. Proprio il divieto di sbarco, e l’eventuale respingimento verso la Libia.
I giornali vicini al centro-destra e ostili ai rifugiati hanno esultato: ci voleva un’epidemia per chiudere finalmente i porti. Pazienza per Di Maio, era al governo anche prima; per la signora Lamorgese, dopotutto è un Prefetto; ma Speranza non era uscito dal PD per spostarsi a sinistra? E De Michelis non appartiene a un partito che ha passato un anno a contestare ogni giorno a gran voce le politiche salviniane?
Questa idea della chiusura dei porti a causa del virus fa poi sorgere altre domande: ma allora i turisti che il nostro sistema ricettivo attende ansiosamente? E i viaggiatori per affari? Il virus lo portano solo i poveri, arrivando dall’Africa? I benestanti sono esenti? O bloccheremo gli ingressi anche per loro? Imporremo almeno la quarantena a chi arriva in aereo?
A voler essere indulgenti, si può pensare a un tentativo maldestro di riprovare ad addossare gli oneri dell’accoglienza ai nostri partner europei. Tenendo conto che Francia e Spagna possono accampare le nostre stesse motivazioni, la nave Alan Kurdi sta facendo rotta verso la Germania, di cui inalbera la bandiera.
È esattamente quanto auspicava il governo Conte 1, con il suo ingombrante ministro degli Interni, e veniva contestato dall’opposizione di sinistra: quei giorni supplementari in mare, quella convivenza forzata in condizioni deplorevoli, quella permanenza su navi non dotate di servizi adeguati, erano le conseguenze di una politica condannata allora come disumana. Si invocava compassione almeno per i più fragili, minorenni, donne, malati. Oggi quello stesso allungamento del viaggio viene imposto ai migranti, preteso dai partner e forse anche celebrato come un successo politico: una trovata vincente del genio italico. Di persone fragili da sbarcare subito evidentemente sull’Alan Kurdi non ce ne sono.
Al COVID-19 prima o poi si troverà un rimedio. Dal virus dell’incoerenza, dell’accoglienza a singhiozzo e secondo convenienza, dell’appello ai diritti umani solo quando al governo siedono gli avversari, sarà molto più difficile guarire.
14 aprile 2020
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