Elsa Fornero: «Servire il proprio Paese, lontano dai semplicismi»

Prosegue nel numero di febbraio il Dossier di Aggiornamenti Sociali dedicato all'empowerment femminile. Sotto la lente di ingrandimento, in questa "puntata", la leadership femminile in politica: quale contributo possono portare le donne per cambiare un clima sociale e politico sempre più populista e improntato alla logica amico-nemico? Ci sono ancora ostacoli a un'effettiva partecipazione politica delle donne in Italia? Queste alcune delle domande poste dalla curatrice del Dossier, Chiara Tintori, a Elsa Fornero, professoressa di Economia politica, già Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali nel Governo Monti, e a Nadia Urbinati, politologa della Columbia University di New York. 

Nel numero di gennaio erano state intervistate Alessandra Viscovi, responsabile dell'area Education di Altis (Università Cattolica) e per oltre 10 anni direttore generale di Etica SGR, e Alessandra Smerilli, religiosa salesiana, docente universitaria di Economia politica, socia fondatrice della Scuola di Economia civile. Nel prossimo numero sarà la volta di Barbara Jatta, direttrice dei Musei Vaticani, e Chiara Daniele, già direttrice della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli e ora consulente presso diverse istituzioni culturali. Il dossier, frutto di un lungo percorso di ascolto, confronto e ricerca, si concluderà con un articolo della redazione di Aggiornamenti Sociali, in cui verrà tracciato l’orizzonte nel quale si sono inserite le interviste. 

Di seguito proponiamo ampi stralci dell'intervista a Elsa Fornero, che nella sue risposte rievoca anche alcuni momenti particolarmente significativi e delicati della sua esperienza come ministro. 

D. Quali attese ha vissuto rispetto al suo incarico pubblico come Ministro del Lavoro, delle Politiche sociali e delle Pari opportunità? 

R. Ho sempre interpretato l’esperienza del Governo tecnico come un’occasione per re-indirizzare il Paese verso una crescita non soltanto economica, ma anche civile e morale (almeno nel senso di moralità pubblica, con minore corruzione e maggiore senso delle istituzioni), dopo il lungo, lacerante e anche improduttivo periodo dello scontro tra berlusconiani e antiberlusconiani. Molti hanno dimenticato che il relativo declino dell’Italia non è cominciato con la crisi finanziaria del 2008, ma molto prima. 
Nei confronti del Governo tecnico ci fu quindi inizialmente un senso positivo di attesa, forse anche di “catarsi”, che però non riuscimmo a capitalizzare e a trasformare in energia per la crescita. Credo che in una certa misura sia stato inevitabile. Il Governo Monti era nato per rispondere, con misure immediate e certo non gratificanti, almeno nel breve periodo, al rischio di crisi della finanza pubblica: da tempo ormai la spesa non era compensata dalle imposte e il mercato finanziario, italiano e mondiale, era sempre più riluttante ad acquistare titoli del nostro debito pubblico. Bisognava restituire credibilità al nostro debito sui mercati internazionali e ciò richiedeva riforme incisive, chiare e applicabili immediatamente o quasi, non rinviate a un futuro lontano, com’era tradizione. E a questo compito fui chiamata in qualità di Ministro del Lavoro, con la richiesta di realizzare in tempi brevissimi la riforma pensionistica e quella del lavoro.

D. Le sue precedenti esperienze professionali e personali “al femminile” che cosa hanno portato in dote al suo servizio, in un momento così critico?

R. Essenzialmente il senso del dovere. Sapevo di essere parte di una squadra e al servizio del Paese e che non stavo correndo per un mio futuro ruolo politico. Qualcuno può pensare che si tratti di un’affermazione arrogante. Tuttavia, posso dire in coscienza che in tutte le riunioni di preparazione delle due riforme non ci fu mai un’occasione in cui il nostro specifico interesse non fosse il Paese. Non mi domandavo se una certa misura potesse essere gradita o meno a un partito, un sindacato, un gruppo di pressione. La domanda era sempre se poteva essere utile a risolvere un problema del Paese. Certo, nessuno poi ha la certezza che le cose funzionino nel senso desiderato nel mondo reale, molto più complesso di quanto tutte le nostre analisi possano prevedere. Però la spinta ideale c’era, eccome. E quanto all’interpretazione generale dei bisogni del Paese, io ritenevo che dovessimo cercare di rafforzare le politiche a favore dei giovani, fortemente penalizzati nel passato. In tutta onestà, penso di poter dire che questo è l’elemento comune alle due riforme che portano il mio nome. 

D. Che cosa consiglierebbe a giovani donne che si affacciano alla politica, desiderose di mettersi al servizio del proprio territorio? 

R. Intanto credo sia fondamentale la parte che qualifica la domanda, ossia quel «desiderose di mettersi al servizio del proprio territorio». Oggi (ma non solo oggi) spesso si entra in politica soltanto per appagare ambizioni personali, se non addirittura per arricchirsi. Eppure la buona politica richiede “spirito di servizio” e senso delle istituzioni. Non si è soli, ma si rappresenta qualcuno e si è dentro un quadro di istituzioni che danno forma, magari imperfettamente, alla nostra democrazia. Purtroppo opportunismo e cinismo sono presenti ovunque, ma credo che la politica (o forse la politica dei nostri tempi) ne abbia una dose superiore alla media delle altre attività, come l’esperienza da ministro mi ha confermato in modo forte e inequivocabile. 
Occorre poi rifuggire dai “semplicismi”, che oggi sfociano troppo facilmente nel populismo: far credere che le soluzioni ai problemi sociali siano sempre facili e che manchi soltanto la “voglia” o l’interesse dei politici per realizzarle è pericoloso. I problemi dell’economia e della società sono sempre complessi e nessuno ha le chiavi in tasca per risolverli. L’importante è essere pragmatici, imboccare la strada giusta, monitorare gli effetti delle misure adottate, avere la disponibilità e l’apertura mentale per rivedere ciò che avrebbe potuto essere fatto meglio. E anche avere coraggio, talvolta quello dell’impopolarità, altre volte quello del non conformismo. Molte giovani donne italiane sono sicuramente pronte ad assumersi importanti responsabilità politiche o di governo, in ambito territoriale, nazionale o anche internazionale. Come ha scritto la poetessa polacca Wislawa Szymborska, «It’s easy, impossible, toughgoing, worth a shot» (È facile, impossibile, difficile, ne vale la pena). Un verso che adottai come mio motto per l’esperienza di governo.


Scarica la doppia intervista a Elsa Fornero e Nadia Urbinati


16 febbraio 2018
Ultimo numero

Rivista

Visualizza

Annate

Sito

Visualizza