Sbagliano le previsioni; hanno perso il contatto con la realtà; hanno creduto troppo nel dio Mercato; hanno troppo potere; sono incapaci di comunicare; hanno smesso di sognare. Sono questi i sei capi d’imputazione con cui, in un libro del 2009 (Processo agli economisti, Chiarelettere, Milano), il giornalista esperto in economia Roberto Petrini processava gli economisti. Categoria – scrive Petrini – molto ammirata e invidiata prima della crisi e che, narrando le virtù dello sviluppo, della competizione e del mercato, ha bacchettato per anni politici, notai, tassisti, medici, farmacisti e imprenditori. Oggi, però, sul banco degli imputati siedono loro, colpevoli di essere stati spiazzati dalla crisi del 2008, di aver completamente mancato di vederne i prodromi, di aver sbagliato stime e previsioni sulla crescita, oltre che di essere ora incapaci di indicare le vie di uscita. Ma non tutti gli economisti potrebbero finire sul banco degli imputati. È questa la forte impressione che traiamo dalla lettura del libro di Alberto Quadrio Curzio, professore di Economia politica presso l’Università Cattolica di Milano. Il libro, rivolto a tutti, anche a chi non ha conoscenze economiche, è costruito sotto forma di domande e risposte, attraverso le quali l’A. presenta in maniera divulgativa i suoi convincimenti intorno ai seguenti temi, a ciascuno dei quali è dedicato un capitolo: 1) L’economia e gli economisti; 2) Lo spettro della recessione; 3) L’Europa e l’euro; 4) L’Italia in Eurolandia; 5) L’Italia e le riforme; 6) La finanza pubblica; 7) Impresa e lavoro; 8) Mercato e concorrenza; 9) L’Europa e la globalizzazione; 10) La Cina e il MENA; 11) La geoeconomia: risorse e finanza; 12) L’economia e i valori. I capitoli 1 e 12 tratteggiano, ma al tempo stesso ribadiscono, due paradigmi essenziali per Quadrio Curzio (che egli chiama “delle 3S” e “delle 3C”), che animano tutto il libro e sono anche il filo conduttore di tutto il percorso di studio e di impegno, anche istituzionale, dell’A. In sintesi, il paradigma delle 3S raccoglie tre principi: sussidiarietà, sviluppo e solidarietà. La sussidiarietà è un grande principio di libertà e di sviluppo, che può essere declinato sia in verticale (tra livelli di governo nazionali o sovranazionali) sia in orizzontale (tra istituzioni, società ed economia); la solidarietà è il perseguimento del bene comune ricercato in forma dinamica e creativa, perché se è solamente redistributiva diventa assistenzialismo; lo sviluppo deve combinare sussidiarietà e solidarietà ai fini della promozione delle persone e delle comunità, «per portare a un vero incivilimento e oltre, a livelli più alti, a un umanesimo integrale» (p. 34). Questi tre principi hanno una notevole assonanza con la Centesimus annus (1991) di Giovanni Paolo II, come evidenzia lo stesso A.: «Da questa Enciclica, che ha rappresentato uno snodo del pensiero sociale cattolico, ho tratto importanti indicazioni valoriali e ideali per promuovere, nel rispetto della mia competenza di economista politico, il bene comune» (p. 35). Il paradigma delle 3C si riferisce invece alla sequenza: convinzioni, conoscenze, competenze, imprescindibile – secondo l’A. – in una scienza morale, politica e sociale come l’economia. Le conoscenze storiche infatti possono essere usate per confermare o smentire visioni alternative su fatti concreti (ad esempio il rapporto Stato-mercato o l’emergere delle diseguaglianze) e le competenze possono essere utili per argomentare meglio le visioni alternative o per controllare la coerenza interna, ma «sono le convinzioni che ci fanno propendere per l’una o l’altra. In definitiva, le convinzioni dovrebbero dare gli ideali o quanto meno le linee guida per la progettazione del bene comune o dell’incivilimento» (p. 196). Coerentemente con questa sequenza, Quadrio Curzio nel libro analizza i fatti, ma esprime le sue convinzioni, spiegando su quali basi esse siano maturate: la formazione di teoria economica degli economisti classici e della scuola post-keynesiana di Cambridge, che guardano al lungo periodo considerando produzione, distribuzione e crescita; lo studio dell’opera di illustri italiani come Cesare Beccaria, Pietro Verri, Carlo Cattaneo, Luigi Einaudi, Ezio Vanoni; infine, i suoi maestri Francesco Vito, Siro Lombardini, Carlo Felice Manara, Luigi Pasinetti e Giorgio Fuà. Un’altra base dei convincimenti è maturata con contatti costanti e continui con tutte le scienze sociali e storiche nell’ambito dell’Associazione Il Mulino di Bologna, presso l’Istituto Lombardo- Accademia di Scienze e Lettere, e in seno all’Accademia nazionale dei Lincei. Passati in rassegna i fondamenti del proprio pensiero e offerto uno sguardo d’insieme sulle cause della recessione a livello mondiale, nel capitolo dedicato a «L’Europa e l’euro» Quadrio Curzio afferma che, nonostante il momento attuale di lentezza delle decisioni politiche a livello europeo e di velocità dei mercati finanziari e del contagio della crisi, l’Unione Europea è una delle più grandi innovazioni istituzionali del XX secolo. Ha dato pace e stabilità, ha favorito lo sviluppo economico, ha integrato i Paesi dell’ex blocco sovietico. Ha un’impostazione “mista” per quanto riguarda principi e istituzioni (funzionale e federalista, intergovernativa e comunitaria), con tonalità di liberalismo sociale capace di stabilire i migliori rapporti tra istituzioni, società ed economia. In sintesi, «la UE e la UEM sono un modello di democrazia diverso da quella USA, essendo quella improntata alla logica del pionierismo, ovvero del primato dei migliori individui laddove quella europea è fondata sul primato del comunitarismo, ovvero dei migliori sistemi nei quali anche i meno forti danno un apporto utile» (p. 78). A proposito di questi due modelli, l’A. si spinge ad affermare che la Cina, superata la fase attuale di un sistema economico misto tra comunismo e capitalismo che punta a una diffusione omogenea dello sviluppo, sarà più incline al modello europeo, con inevitabili ripercussioni sulla scena mondiale.
Il liberalismo sociale, che ha le sue basi nel paradigma delle 3S, è il modello a cui guarda l’A., perché capace di coniugare libertà e responsabilità all’interno di un assetto democratico: «Il liberalismo sociale ci rammenta sempre che riversare solo sulle istituzioni i destini di una democrazia è sbagliato o quanto meno improprio perché la vita di questa e del suo popolo sta non solo nel monopolio della legge o nel rispetto dello Stato. Lo stesso dicasi per sopravvalutazioni dell’economia e del mercato. Conta molto prima, durante e dopo anche il rispetto e la promozione della persona, dei valori spirituali, culturali e civili della comunità di riferimento, la valorizzazione dell’autonomia e della capacità creativa di tale comunità nelle sue varie articolazioni, tra cui quella sociale che non può funzionare senza le sue forme associative e quella economica che non può funzionare senza l’impresa e il mercato» (p. 206). Il libro offre anche prospettive sul futuro, formulando proposte concrete e lungimiranti. Ne riprendiamo due. La prima nasce dal convincimento della necessità sempre più impellente di dar vita a forme di cooperazione fattiva tra Unione Europea e altre aree geopolitiche del mondo, in particolare Africa settentrionale e Medio Oriente (MENA, secondo l’acronimo inglese). Questa collaborazione si potrebbe concretizzare con la creazione di una Banca di sviluppo in partnership tra Unione Europea, Lega Araba e Consiglio di cooperazione del Golfo, che «possa attirare parte dei capitali dei fondi sovrani di Paesi della regione per finanziare processi di sviluppo nell’area del MENA. Solo i fondi sovrani di questa area hanno le risorse necessarie e solo il loro investimento reale (ma non in inutili opere faraoniche) in quei Paesi può tradursi in sviluppo al quale potrebbero dare un grande contributo le imprese europee così rilanciando anche la crescita nella UE» (pp. 179-180). L’altra proposta, avanzata già nell’estate 2011 con Romano Prodi in un articolo su Il Sole 24 Ore riguarda gli EuroUnionBond (EUB), proseguendo un filone di studio, quello sugli eurobond, di cui l’A. si occupa fin dal 2004. Nell’attuale situazione, Prodi e Quadrio Curzio propongono l’istituzione di un Fondo finanziario europeo (FFE), a cui spetterebbe l’emissione degli EUB. Il FFE sarebbe dotato di un capitale reale conferito – non soltanto garantito – dagli Stati UEM attraverso riserve auree, beni patrimoniali o quote di partecipazione o titoli emessi dalle società che gestiscono le reti infrastrutturali nazionali. A partire da una dotazione iniziale di mille miliardi di euro, il FFE potrebbe emettere EUB per tremila miliardi, con un duplice vantaggio di stabilizzazione e di crescita: i capitali potrebbero essere utilizzati per acquistare titoli del debito pubblico dei Paesi partecipanti, calmierando il mercato e ostacolando la speculazione, mentre una parte cospicua sarebbe riservata a finanziare la ricerca e alcuni grandi progetti infrastrutturali a scala europea (ferrovie, telecomunicazioni, energia, ecc.), favorendo le economie di scala e la crescita di imprese continentali più competitive nel panorama mondiale. Inoltre, come conseguenza, si creerebbe un mercato di titoli obbligazionari (gli EUB appunto) di grandi dimensioni, con una diminuzione dei tassi di interesse e una maggiore attrattiva per i capitali di Paesi terzi (in particolare le economie emergenti con forti surplus commerciali, come la Cina o i produttori di petrolio) alla ricerca di opportunità per diversificare il portafoglio dei loro investimenti. Concludiamo con le prime pagine del libro, cioè con la Prefazione di Romano Prodi, legato a Quadrio Curzio fin dagli studi all’Università Cattolica, che ben sintetizza che cosa questo libro offre ai lettori: «Ci troviamo di fronte a un dialogo che, senza spingersi dentro i tecnicismi dell’economia, ne esamina le conseguenze sulla nostra vita individuale e collettiva. Abbiamo cioè in mano uno strumento per superare le frammentazioni che hanno diviso il sapere economico in mille capitoli tra di loro così separati da impedirci una visione complessiva di che cosa è questa crisi e di che cosa si debba fare per uscirne. Ci viene presentata un’economia che non nasconde le proprie debolezze con un linguaggio forzatamente complesso ma che, all’opposto, cerca di spiegarsi con riferimenti alla storia e alle esperienze della vita concreta [per] andare oltre quel tecnicismo che ha finito col confinare la conoscenza economica a una ristrettissima minoranza di specialisti. Non ci dobbiamo perciò stupire dello spazio che viene dedicato agli aspetti etico-civili sia nella nostra vita individuale che nella vita delle nazioni e dei poli della geo-economia» (pp. 5-6). Nella Prefazione c’è anche molta consonanza di impostazione e obiettivi tra Prodi e Quadrio Curzio; quindi emerge con forza il rilancio di un europeismo sostanziato di competenze tecniche, ma che non dimentica le idealità originarie.
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