Dopo il terremoto: ricostruire luoghi e relazioni

La rinascita dei paesi dell’Italia centrale colpiti dal sisma passa anche attraverso una ricostruzione partecipata di funzioni e relazioni, che valorizzi le persone, le istituzioni, le attività e i saperi locali. È la tesi che Gian-Luigi Bulsei - Docente di Sociologia applicata al Dipartimento di Studi umanistici dell’Università del Piemonte Orientale e Coordinatore del Centro di Ricerca Interdisciplinare sulle Società Locali - sviluppa nel suo articolo sul numero di marzo di Aggiornamenti Sociali. Pubblichiamo i due paragrafi conclusivi, clicca qui per l'articolo integrale.


L’identità locale come risorsa

Il terremoto distrugge case, scuole, monumenti e ciò che rappresentano, lasciando il vuoto al posto dei simboli della quotidianità: «sul bar di Fofò e sull’edicola, sull’unica boutique del paese, sul fotografo Caramella, quello con l’occhio storto. Manca la vetrinetta dove esponeva le foto del carnevale e io da bambina mi cercavo sperando di essere venuta bene […]. Dove compravo il panino al prosciutto prima di andare a scuola a piedi ancora si scava e l’edicola, che si illuminava nei giorni di neve alta e mi faceva sognare il mondo, ora è spenta» (PERILLI B., «Ritorno ad Amatrice, il mio paese che non c’è più», in la Repubblica, 26 agosto 2016).

Il paesaggio è una efficace proiezione spaziale e temporale di ciò che siamo, fatta di linee tracciate e percorse, esperienze e sentimenti del luogo al quale ci si sente di appartenere: un sistema vitale di risorse materiali e relazioni sociali, conosciuto, curato, vissuto, dotato di identità e storia, di strutture e dinamiche originate dall’incontro tra natura e cultura. La località diventa allora un ambito di pratiche condivise, una costruzione sociale e culturale frutto di processi di produzione materiale, simbolica e istituzionale; ma soprattutto una risorsa comunitaria sulla quale fare affidamento per fronteggiare condizioni avverse.

Spesso l’attaccamento al territorio si esprime attraverso forme di associazionismo impegnate a preservare e valorizzare quel patrimonio di luoghi, feste, tradizioni, bellezza e tipicità che, oltre a costituire un tratto identitario condiviso, rappresenta un vero fattore di sviluppo. In occasione del sisma, l’Italia intera ha riscoperto varie località e prodotti tipici, dalla famosa “amatriciana” ai formaggi e salumi di Norcia e di Visso, un paese in provincia di Macerata con un migliaio di abitanti e ben 15 associazioni attive. «Credere che i volontari delle Pro Loco siano solo “quelli delle Sagre” è come pensare che la Ferrari sia composta solo da un carburatore […] fra i volontari, abbiamo diverse categorie di soggetti che, in maniera assolutamente autonoma, scelgono un loro ruolo che molto spesso non è quello del protagonista» (Guarino F. - Nardocci C., Pro Loco. Identità e cultura del territorio, FrancoAngeli, Milano 2016, p. 8).

Identità e relazioni locali costituiscono risorse sulle quali fare affidamento anche e soprattutto quando i membri di una comunità si trovano a dover affrontare rischi materiali e sociali di varia natura. La comunità può essere intesa come qualità del legame sociale: le cerchie e i rapporti interpersonali, così come i luoghi e gli spazi nei quali si organizza la vita quotidiana, assumono un’importanza decisiva. 

«Sei contento di ritornare a scuola?». «Sì, finalmente una cosa normale!»: al pari di questo dialogo dell’ottobre 2009 tra un’assistente sociale e un ragazzino sfollato nel campo di Paganica (AQ), le immagini del primo giorno di scuola ad Amatrice nel modulo realizzato a tempo di record dalla Protezione civile di Trento o la riapertura in sedi di fortuna di bar e negozi nei centri umbri e marchigiani danneggiati dal sisma testimoniano questo desiderio di normalità.


Strade da percorrere per la ricostruzione

Proviamo, in conclusione, a delineare alcune possibili linee di azione. In primo luogo, per animare gli «smarriti cittadini», come nell’Italia del Settecento, si deve evitare che la condizione di terremotato si trasformi in una sorta di cittadinanza dimezzata o intermittente, per cui la risposta assistenziale all’intensità dei bisogni tende a prevalere sull’esigibilità dei diritti; questo significa oggi moltiplicare le occasioni di socialità organizzata e di confronto pubblico. Per ricostruire una comunità ci vogliono gli strumenti, ma soprattutto la volontà dei cittadini di partecipare.

È essenziale sostenere le capacità collettive, monitorando e promuovendo sistematicamente le potenzialità dei sistemi locali, in termini di risorse materiali e relazionali attivabili, vocazioni e specializzazioni settoriali, saperi diffusi e pratiche sociali. La traumatica destrutturazione del tessuto socioeconomico e dell’organizzazione territoriale deve trasformarsi in un’occasione per puntare sull’innovazione e sperimentare nuove strade in ambito produttivo, residenziale, culturale, turistico, cogliendo soprattutto nella gestione dei beni comuni e nella realizzazione delle infrastrutture (dall’acqua all’energia, dai trasporti al paesaggio) la sfida della green economy.

Infine mettere le persone in grado di riattivarsi attraverso misure di sostegno e compensazione centrate sulle relazioni sociali e culturali oltre che sugli interventi distributivi significa produrre qualità sociale: ciò vale soprattutto per i soggetti più fragili ed esposti al disagio post-sismico (bambini, anziani, persone sole o diversamente abili).

Di fronte ai rischi, l’attività istituzionale, intesa come insieme di saperi esperti e regolazione pubblica, può produrre risultati efficaci solo interagendo con la memoria sociale, che motiva i membri di una comunità a sviluppare forme di resilienza “dal basso” e capacità di auto-organizzazione e impegno civico. La rinascita di paesi e frazioni all’interno dei quali l’identità e le reti sociali sono forti e resilienti passa attraverso una ricostruzione partecipata di funzioni e relazioni, che valorizzi le persone, le istituzioni, le attività e i saperi locali.
6 marzo 2017
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